Un segnale come musica


Sin dai tempi di Darwin si è discusso sulla possibilità di considerare musica il canto degli uccelli. Se così fosse, si potrebbe pensare che le varie melodie delle diverse specie di uccelli si siano evolute seguendo un percorso del tutto analogo a quello affrontato dalla musica nel tempo.

La comunità scientifica è sempre stata restia a considerare musica i segnali emessi dagli uccelli ma, sin ora, l’analisi si era limitata allo studio del ritmo e della melodia, elementi di base della nostra musica.

Sara Earp è una studentessa alla Emory University e la sua curiosità è stata stuzzicata da un corso di biologia musicale del Prof. Paul Lennard intitolato “Il cervello musicale”. Uno degli ospiti del corso fu un compositore che affermò, senza dubbio alcuno, che il canto degli uccelli era da considerarsi musica. Ne scaturì una lunga discussione perché il neurobiologo Lennard non era d’accordo ma Sara capì che forse entrambe le tesi potevano essere giuste; tutto dipende dal punto di vista da cui si analizza la questione!

Come studentessa dell’ultimo anno, Sara, aveva la possibilità di collaborare con il laboratorio del Prof. Maney nel quale erano già in corso studi sulla reazione neuronale degli uccelli al canto dei loro simili. Quando Sara gli propose di utilizzare i dati del laboratorio per capire se si potesse veramente affermare che il canto degli uccelli fosse musica, Maney la considerò una grande idea. “Il canto degli uccelli è un segnale” afferma Maney “e la definizione di segnale presuppone una risposta in chi il segnale lo riceve. Sin ora nessuno studio ha mai affrontato il problema da questa prospettiva!”.

Per iniziare, Sara, ha analizzato un buon numero di risposte del cervello umano alla musica, attraverso l’osservazione di “brain imaging”. Ha poi esaminato i dati raccolti nel laboratorio di Maney sui passeri gola bianca.

Durante le fasi non riproduttive il canto dei passeri è uno strumento per stabilire o mantenere il dominio nelle relazioni mentre, nella stagione degli amori, il canto di un maschio verso una femmina è considerato corteggiamento e quello di un maschio rivolto a un altro maschio non può che essere un segnale di allerta o minaccia.

Sara ha potuto riscontrare che, al canto di un maschio, femmine di passero in fase riproduttiva attivano aree del cervello corrispondenti a quelle attivate dagli umani che ascoltano musica piacevole. In fase non riproduttiva la risposta è meno chiara. I maschi in amore, all’ascolto del canto di un altro maschio invece, hanno mostrato una risposta neuronale simile a quella degli esseri umani obbligati ad ascoltare brani fastidiosi (come quelli utilizzati nelle scene più spaventose dei film horror!).

Per la prima volta si può affermare scientificamente che anche il canto degli uccelli è musica; la tesi, difesa fortemente da una giovane studentessa di biologia, ha aperto agli scienziati nuove strade per capire meglio l’evoluzione del canto degli animali.

Questo studio ha, però, un grosso limite; molte delle regioni cerebrali umane stimolate dalla musica si trovano nella corteccia cerebrale e non hanno una zona corrispondente negli uccelli.

Che cosa scopriremo, quindi, quando saremo in grado di confrontare i dati provenienti, ad esempio, dai cetacei (animali in cui il canto è contemporaneamente musica e comunicazione) che possiedono una struttura celebrale simile alla nostra? Tendiamo le orecchie e aspettiamo ansiosi…
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