Sui vulcani

e2Sin dalla comparsa dell’uomo, i vulcani hanno sempre attirato, nel bene o nel male, una particolare attenzione. Durante le loro attività, la violenta potenza che sprigionavano evocava terrore ma anche attrazione: sono stati sempre un perfetto esempio di come la forza della natura possa sopraffare le potenzialità dell’uomo. Una delle poche manifestazioni naturali dove l’uomo si sente come una formica sotto una carica di bufali; ma anche grazie a ciò sono stati adulati come un Dio o come un luogo dove gli dei abitavano, giustificando anche in tempi antichi la scelta dei luoghi che alcune popolazioni andavano a colonizzare.

Un perfetto esempio è rievocato dalla colonizzazione greca, avvenuta circa 2500 anni fa, nella Sicilia orientale, grazie anche alle manifestazioni dell’Etna o di Stromboli e Vulcano, tre importanti vulcani attivi del Mediterraneo. Oltre alla fertilità del loro suolo o alle rocce che gli uomini utilizzavano come l’ossidiana e il basalto, i vulcani attivi rappresentavano per loro la fucina dove il Dio Vulcano forgiava le armi per gli dei: ricordiamo anche nell’Odissea di Omero l’allegoria del Ciclope Polifemo che lancia i massi contro Ulisse che scappa. Il gigante con un occhio solo che lancia massi verso la flotta di Ulisse, non era altro che il Vulcano Etna durante una sua eruzione esplosiva.

Ma perché esistono i vulcani? Il millenario interrogativo negli ultimi secoli è stato studiato anche dal punto di vista scientifico, superata la fase legata alle credenze sovrannaturali. Il fatto che la loro distribuzione non è casuale, ma ben localizzata in certe particolari aree della crosta terrestre, è divenuto uno dei fattori determinanti per comprendere meglio la dinamica interna della Terra, che ha determinato, ed ancora condiziona, le variazioni fisiche della crosta esterna.

Inoltre è stato dimostrato come, grazie alle attività eruttive avvenute nelle ere primordiali, le continue emissioni gassose hanno fatto si che si formassero attorno al pianeta Terra un involucro di una miscela gassosa, che oggi chiamiamo atmosfera e una grande distesa di soluzione salina, che oggi chiamiamo mare, che hanno permesso la nascita e l’evoluzione della vita organica.

Un vulcano si potrebbe definire come un camino posto sulla crosta terrestre, attraverso il quale sono stati o ancora vengono emessi elementi gassosi, fluidi e solidi dall’interno della Terra: un punto di trasferimento dell’energia interna della Terra verso quella esterna o meglio ancora, il luogo puntuale in cui avviene il trasferimento di calore e di materia dall’interno della Terra fino alla superficie.

Ma per meglio capire la dinamica di questi eventi, bisogna fare un passo indietro per comprendere meglio come è formata la Terra.

Considerando il nostro pianeta come un frammento di una stella primordiale, il suo lento raffreddamento nel tempo ha prodotto una parte solida esterna e delle fasce incadescenti nel suo interno. Paragonandola ad una mela tagliata in due, possiamo distinguere la scorza, fine e rigida come la crosta terrestre, la polpa più morbida e spessa come il mantello ed infine il torsolo al centro più piccolo e rigido come il nucleo terrestre.

In effetti le ultime sperimentazioni dell’uomo hanno verificato queste tre fasce concentriche a differente densità: l’interazione tra la parte più fluida del mantello a contatto con la quella solida della crosta terrestre, genera le dinamiche che caratterizzano le trasformazioni sulla superficie, che vanno dallo spostamento dei continenti, fino alla conseguente formazione delle montagne. E un vulcano attivo è il segnale superficiale di una zona dinamicamente attiva in profondità.

La loro distribuzione rappresenta le zone crostali che si spostano, divergendo o convergendo, creando gli oceani e le montagne. Tutto in sintonia con la teoria delle Tettonica a zolle di Wagener che nel ventesimo secolo ha sconvolto le scienze geologiche come quella dell’Evoluzione della specie di Darwin lo ha fatto per la biologia.

Nelle fratture che si creano lungo i margini attivi delle zolle terrestri, il magma dopo che risale nel loro interno, liberando i propri gas e quindi azionando quelle esplosioni che contraddistinguono i vulcani, si riversa in superficie inondandola con quel fluido incandescente che chiamiamo lava. Quindi stiamo attenti a saper distinguere il significato di magma con quello di lava. La lava è una parte del magma quando si ritrova sotto la crosta terrestre, insieme ad altri fluidi e gas.

Quando il magma quasi in corrispondenza della superficie terrestre libera i gas e altri fluidi, si trasforma nella lava che possiamo riconoscere con le varie colate che molte volte minacciano i nostri centri abitati. Il tutto ricorda vagamente la stessa reazione che avviene quando scuotiamo una lattina di bibita frizzante chiusa, aprendola velocemente abbiamo una eruzione in miniatura, con il gas e parte di liquido che scoppia sotto forma di schiuma e la parte più liquida che invece fuoriesce scindendosi dalle altre.

Lungo le fratture dove iniziano le esplosioni vulcaniche, il gas liberato contiene parti fluide di lava, che raffrendandosi rapidamente durante la loro caduta sul suolo, ricadono sotto forma solida e vengono chiamati prodotti piroclastici o piroclastiti, che in funzione delle loro dimensioni li distinguiamo in cenere, sabbia, lapilli, brecce vulcaniche, fino alle bombe vulcaniche. Quelli che ricadono a ridosso della frattura di emissione, si ammassano tra loro accrescendo e sviluppando quella forma conica che, a fine eruzione, chiamiamo cono vulcanico, con in cima una depressione che rappresenta la bocca di emissione che chiamiamo cratere, oppure, quando la depressione è molto profonda e prodotta da uno sprofondamento o collasso, chiamiamo caldera.

Contemporaneamente alle esplosioni che fanno accrescere il cono vulcanico, sotto di esso dalla fessura crostale la lava ad una temperatura di circa 1000 C° inizia a fuoriuscire, comportandosi come un fluido che sceglie la massima pendenza del suolo per scorrerre su di esso. All’inizio, la sua fluidità la farà scorrere velocemente, ma allontanandosi dalla sorgente ed iniziando a raffreddarsi rallenta, facendosi sovrapporre da altri afflussi più fluidi.

La lunghezza della colata lavica dipende dalla quantità di materiale eruttato ed ovviamente dalla durata dell’eruzione. A volte in eruzioni durature e abbastanza energiche si possono raggiungere chilometri di lunghezza e spessori di decine di metri.

Il materiale fluido a contatto con l’atmosfera inizia a raffreddare istantaneamente. La superficie della colata lavica raffreddandosi velocemente forma una crosta solida che fa da isolante alla parte fluida che continua a scorrere sotto. Muovendosi il fondo fluido, la crosta in superficie si frantuma in tante scaglie rocciose che caratterizzano l’aspetto finale delle superfici delle colate che andiamo ad osservare.

Questo in generale è quello che succede durante un’eruzione vulcanica, ma è necessario considerare tutta una serie di variazioni del caso, che dipendono soprattutto dal chimismo del magma originario. Considerando la parte fluida del magma composta in gran parte da SiO2 (Silice), questa componente chimica diventa la protagonista principale che determina la tipologia di eruzione, il carattere buono o cattivo di un vulcano, la forma del vulcano, il tipo di roccia e la morfologia della colata lavica.

In generale si differenziano due differenti tipi di magma: un magma acido con una presenza di silice maggiore del 60% e un magma basico con il contenuto di silice minore del 60%.

L’eruzione di un magma acido produce una lava molto viscosa che crea anche ostruzioni all’interno del camino vulcanico. Queste ostruzioni creano un tappo pericoloso che occlude anche la fuoriscita dei gas. Ma quando la pressione dei gas riesce a prevalere sull’ostruzione, allora si manifestano grandi esplosioni con l’espulsione di grandi quantità di piroclastiti.

In questa eruzione a carattere esplosivo, il vulcano diventa molto pericoloso se ci sono centri abitati vicini, la sua forma cresce in altezza con forma molto conica, la lava è molto viscosa e non forma colate lunghe, ed infine, la roccia lavica ha una consistenza vetrosa. Un esempio abbastanza evidente sono alcune eruzioni eoliane, con la presenza di ossidiana che ricorda un vetro nero.

Un magma basico, invece, genera una lava molto fluida che fuoriesce liberamente dal camino vulcanico, raggiungendo rapidamente grandi distanze e quindi creando colate molto lunghe. In questo tipo di eruzioni a carattere effusivo, la forma del vulcano è molto svasata, senza ripidi pendii e il tipo di roccia delle colate laviche non è vetroso. Il basalto e le lave a corde delle eruzioni hawaiane sono un ottimo esempio di questa tipologia eruttiva.

In mezzo a questi due casi estremi abbiamo molte tipologie intermedie che caratterizzano forme di vulcani, tipi di roccie vulcaniche e forme di colate laviche molto varie.

La vulcanologia è ancora una scienza molto nuova, che ogni anno, grazie anche all’evoluzione della tecnologia, risolve molti misteri legati al mondo delle profondità terrestri, cercando di garantire anche una sicura convivenza dell’uomo con i vulcani.

Noi siamo molto piccoli in confronto a queste manifestazioni naturali ma siamo anche molto grandi a studiare e capire il loro comportamento.

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