Cernie, murene e labri a caccia insieme

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Chi di voi avrà la fortuna di uscire in immersione nel Mar Rosso, nei pressi della barriera corallina, potrebbe imbattersi in un trio un po’ inusuale, composto da una cernia una murena e un labro.

I tre saranno probabilmente intenti a perlustrare i coralli in cerca di tane, oppure, staranno già compiendo un attacco sincronizzato alla malcapitata preda.

Ma perché caccino insieme e come siano riusciti a sviluppare un’interazione così complessa è stato da poco svelato in uno studio pubblicato su Nature Communications.

E’ tutta una questione di armamenti, spiegano i ricercatori. La cernia dei coralli è, ad esempio, un bravo cacciatore in mare aperto; la murena gigante, grazie alla forma affusolata del corpo, riesce ad infilarsi in profondità nelle tane; il labro Napoleone, con le potentissime mascelle, riesce ad espugnare quasi tutte le tane, triturando anche i coralli.

La mente dell’operazione, però, è la cernia. Quando la preda, inseguita in mare aperto, riesce a sfuggirle nascondendosi nella sua tana, il pesce ricorre al linguaggio dei segni per attirare i due soci.

Può attendere anche 25 minuti che murena e labro si presentino e, quando finalmente sono nelle vicinanze, indica con il muso esattamente il punto in cui la povera preda si è nascosta, agitando tutto il corpo.

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Questo segnale, affermano i biologi, non è altro che un richiamo (compreso perfettamente dagli altri due pesci) per avvisarli che è arrivato il momento del pasto.

A questo punto i tre mettono in atto la loro strategia; il primo ad entrare in azione è il labro che, distrugge la tana costringendo la preda a scappare dritta tra le fauci della cernia o del labro stesso. Se l’azione distruttrice del primo attacco non fosse sufficiente la murena procede all’offensiva finale, infilandosi nella tana fino a raggiungere il pesce che, a questo punto, non avrà alcuno scampo.

Di certo uniti nella caccia ma, chi ha la fortuna di acciuffare la preda non ha il dovere di dividerla con gli altri.

“Infatti, anche se hanno imparato a lavorare in squadra, i pesci non condividono il cibo”, sottolinea Bshary, etologo e coautore dello studio. “Chiunque conquisti la preda, la divora tutta intera.”

Anche se risulta difficile pensarlo, attirare l’attenzione di altri due predatori verso la propria preda ha comunque un vantaggio per la cernia rispetto alla caccia in solitaria.

Una cernia solitaria riesce a catturare una sola preda ogni venti tentativi mentre, chiamando i rinforzi, un attacco su sette va a buon fine; miglioramento tanto significativo da indurre la cernia a cercare l’appoggio degli altri due già durante la fase di perlustrazione dei coralli.

Gli scienziati non sono riusciti ancora a capire come un pesce, con un cervello così piccolo, sia in grado di impostare delle relazioni così complesse con individui di altre specie.

Fin ora questo comportamento sociale era noto solo per le scimmie antropomorfe e alcuni uccelli ma, con questo articolo, i ricercatori sono riusciti finalmente a dimostrare che le attività cognitive degli animali sono indipendenti dalle dimensioni del loro cervello.

 

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