Sea Shepherd in tribunale

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Sono passati 480 lunghissimi giorni dall’ultima volta che Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd Conservation Society, toccò terra per l’ultima volta. Quasi un anno e mezzo nell’oceano, a causa di due mandati di arresto internazionali richiesti da Costa Rica e Giappone.

Il 28 Ottobre, Paul Watson è sbarcato negli Stati Uniti, dopo molti mesi di negoziazioni da parte dei suoi avvocati, per esercitare il proprio diritto a testimoniare in difesa di se stesso e dell’Organizzazione da lui fondata.

Tutto ebbe inizio nel 2010 quando l’ICR (Istituto per la Ricerca sui Cetacei) o, per meglio dire, la copertura sotto la quale opera la flotta baleniera giapponese, iniziò una causa negli Stati Uniti contro la Sea Shepherd Conservation Society, denunciando le azioni di sabotaggio che le navi del Capitano Watson muovevano nei confronti della flotta giapponese. Il tribunale di primo grado respinse la causa ma l’ICR ricorse in appello.

Inaspettatamente, a dicembre del 2012, la Corte d’Appello del Nono Distretto degli Stati Uniti rovesciò il verdetto di primo grado e concesse all’ICR un’ingiunzione che ordinava a Paul Watson e a qualunque collaboratore di mantenersi alla distanza di 500 m dalle baleniere.

Oggi l’ICR sostiene che Sea Shepherd abbia violato l’ingiunzione almeno 10 volte solo quest’anno e ha chiesto al giudice di affibbiare all’Organizzazione una multa di $100.000 per ciascuna violazione, salvo che non dimostri una reale volontà di non interferire mai più con le loro attività.

Il Capitano Watson ha, quindi deciso, rischiando la propria libertà personale di presentarsi personalmente e di testimoniare nella causa che si è aperta a Seattle lo scorso 28 ottobre.

Davanti alla corte Watson ha dichiarato (non certo senza il consiglio dei validissimi legali) che le azioni alle quali fa riferimento l’ICR sarebbero parte della Campagna Antartica che è stata condotta esclusivamente da Sea Shepherd Australia, senza alcun aiuto da parte di Sea Shepherd Stati Uniti.

A validare ciò che il Capitano ha sostenuto in tribunale sono arrivati in molti; primo tra tutti il direttore di Sea Shepherd Australia, l’ex leader dei Verdi australiani Bob Brown.

Il coordinatore di Sea Shepherd Australia, Jeff Hansen, ha dichiarato che la sua organizzazione non si è mai coordinata con il gruppo americano dall’istante in cui è stata emessa l’ingiunzione. Ha concluso la sua testimonianza dicendo che, qualunque sia la decisione del tribunale americano, la sua organizzazione continuerà a opporsi alle flotte giapponesi poiché “noi rispondiamo ai nostri clienti, che sono le balene”.

Da parte sua, Paul Watson, ha affermato che, come cittadino degli Stati Uniti, si sente legalmente vincolato dall’ingiunzione per cui non parteciperà alla prossima operazione (Relentless) in nessun modo e a nessun titolo. Come stabilito, l’operazione Rentless partirà a Dicembre e sarà condotta solo da Sea Shepherd Australia, con il sostegno degli altri gruppi del mondo ma senza la minima partecipazione di Sea Shepherd Stati Uniti.

Poi, come sempre accade, la parola è passata agli avvocati; il Commissario esaminerà le loro conclusioni e trasmetterà le proprie raccomandazioni al Consiglio dei Giudici incaricati dalla Corte del Nono Distretto.

La decisione del Consiglio potrebbe arrivare nei prossimi giorni e, contateci, seguiremo la vicenda da molto vicino. E’ triste costatare che, chi dovrebbe essere l’imputato è, oggi, in tribunale con la presunzione di far valere dei diritti per una causa inesistente (quella scientifica) che non è neanche più in grado di nascondere gli interessi economici legati alla barbarica uccisione e al commercio delle balene.

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