L’iperventilazione da brivido delle rane
Lithobates sylvaticus è una specie di rana molto diffusa in tutta l’America Settentrionale. In studi recenti hanno dimostrato di essere in grado di sopravvivere a bassissime temperature semplicemente congelando più della metà del loro corpo. Per molti altri anfibi questo livello di congelamento significherebbe la morte ma, i test in laboratorio hanno rivelato che si tratta proprio di una loro strategia per sopravvivere a inverni lunghi e freddi.
Don Larson, dottorando presso la University of Alaska Fairbanks, è andato oltre. Volendo capire come questa specie sia in grado di sopravvivere in quelle zone del suo stato dove le temperature raggiungono minime mai sperimentate in laboratorio e, per di più, per lunghi periodi, ha seguito le dinamiche di una popolazione di rane in natura e, solo dopo, ha riprodotto le condizioni del loro habitat in laboratorio.
Monitorando le rane durante il periodo autunnale e invernale, ha potuto osservare che, gli anfibi, andavano incontro a 10-15 cicli di congelamento/scongelamento prima di entrare nel pieno della stagione invernale e superarla senza grosse perdite. Ipotizzando che proprio questi cicli fossero la chiave per sopravvivere al pieno inverno, ha voluto riprodurli in laboratorio e, anche lì i risultati sono stati sorprendenti. Tutti gli esemplari sono sopravvissuti, resistendo a temperature fino a -18°C.
Come fanno a non trasformarsi in ghiaccioli? Probabilmente il segreto sta nello zucchero!
Il glucosio protegge le rane durante il congelamento; durante questa fase, la concentrazione di glucosio nel corpo delle ranocchie aumenta. Don ha capito che, aumentando il numero di cicli, aumentava anche la concentrazione dello zucchero.
Così come un apneista che, prima di immergersi, tramite una respirazione forzata, induce un aumento di ossigeno nel sangue, la rana del bosco, con i suoi cicli di gelo/disgelo incrementa il glucosio sino al livello sufficiente da permettergli di sopravvivere alle temperature più rigide dell’inverno alaskiano.
“Ora che sappiamo come cambia la fisiologia delle rane per adattarsi ai climi freddi”, ha spiegato un paio di giorni fa Larson alla conferenza annuale della Society for Integrative and Comparative Biology, “ sarebbe interessante capire come i microrganismi all’interno dei loro corpi (siano essi simbionti o parassiti) si adattino, di conseguenza, ai nuovi meccanismi chimici dell’intero organismo”.
Quando la natura non dà in dotazione tanto grasso corporeo e folte pellicce, congelare potrebbe essere l’unico modo per sopravvivere al rigido inverno, basta farlo nel modo giusto!
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