Intervista a Claudio Di Manao
Per qualche anno, dopo il 2003, sono andata a Sharm a fare immersioni e non si faceva altro che parlare di un libro: Figli di una Shamandura. Con un poco di fatica riuscii ad acquistare il libro, e ancora con più fatica a conoscere l’autore (Claudio Di Manao), attraverso amici comuni. Lo stesso gruppo di amici si ritrovò, spaventati a morte, nella terrazza della casa di Sharm di Claudio, la notte dopo lo scoppio delle bombe del 2005 a discutere del futuro di Sharm, proprio quando tutti gli stranieri avevano avuto l’ordine di prendere un aereo e tornare indietro. Dopo quella sera passata insieme, ho perso di vista Claudio e non ci siamo più parlati. Siamo rimasti appesi all’esile filo di qualche email scambiata durante gli anni che ci confermava informazioni base del tipo: vivi, non azzannati dagli squali, ancora al lavoro, emigrati dall’Italia e in quale località.. Questa intervista è un piccolo approfondimento nella vita di Claudio che interessa gli amici che lo hanno perso di vista e chi avendo letto i suoi libri vuole continuare ad informarsi su una persona così eccezionalmente piena di senso dell’umorismo, e soprattutto amante del mare.
La mia prima domanda è questa: chi eri e cosa facevi prima di trasferirti a Sharm, prima di diventare una guida subacquea e scrivere?
CLAUDIO – Nella mia vita precedente ero uno stressato consulente finanziario (ma oggi si usa promotore) con contaminazioni assicurative e immobiliari, con velleità da importatore di gadget oltreoceano. Ero uno dei tanti nel traffico (quello auto) e al telefono, in giacca e cravatta ma con degli hobby strani: scrivere, viaggiare in posti remoti, coltivare sport nautici, a vela, aeronautici. Mi guardavano male. Ho sempre scritto e mi hanno anche pubblicato, ma non col mio nome: facevo il negro. Scrivevo di viaggi, firmavano altri, mi pagavano. Amen. Anzi: addio.
Quando leggo le tue biografie, o quando parli di te stesso, ti sento esperto nell’arte della mistificazione. Parli di Claudio per non rivelarlo, per una volta puoi affrontarti senza nasconderti dietro il tuo solito sarcasmo?
Non so quanto il pudore sia una forma di mistificazione o viceversa. C’è un sacco di gente che si prende sul serio e preferisco, quando ci riesco, non aggravare il pianeta. Nella vita precedente mi affidavano capitali e dati societari riservatissimi, nella successiva la vita dei subacquei e anche il loro divertimento. In questa vita ho imparato che prima di tutto ci sono la sicurezza e l’ambiente. Almeno per me le cose stanno così. E’ una questione di rispetto, non di essere fighi o tutti di un pezzo.
La tua esperienza in mare, negli anni ti ha definito. Esiste una sindrome cittadino del mare?
Ce ne sono a dozzine, di sindromi. C’è il marinaio che non riesce a dormire in una casa di cemento perché le pareti non si muovono, c’è il subacqueo che mette la faccia nel lavabo con l’erogatore in bocca… La mancanza di acqua salata e di azoto può avere conseguenze. In Svizzera, il paese che ha la percentuale di subacquei (e bravi velisti) più alta del pianeta, ci sono piscine con acqua salata fin sotto le penici della Jungfrau. Ci sarà un perché.
Questo gruppo, se esiste, dove ha fatto la sua capitale?
Ci sono due gruppi: quello americano, che vaga per i caraibi di lingua Inglese e per il Pacifico, e quello europeo, che va dappertutto. Sono nomadi, ci sono degli HUB, tipo Samarcanda. I più grandi sono: Playa del Carmen, Sharm El Sheikh, Galapagos, Bali, Roatan, Grand Cayman… e molto di più.
I subacquei hanno scoperto ed aperto al turismo tutte le coste estere più belle degli ultimi 50 anni. Quali sono le ultime frontiere?
Sono contento che tu lo dica. Ebbene sì: siamo stati noi subacquei a scoprire le destinazioni turistiche di più grande successo. Permettimi quindi un rammarico: queste destinazioni sono state spesso snaturate dalla cecità degli amministratori locali, che non hanno capito la natura ‘naturalista’ della destinazione. Hanno solo capito che il posto ‘andava’, senza chiedersi con chi e perché.
Oggi io vedo i mari freddi. Islanda, Norvegia, Patagonia, Scozia offrono immersioni nuove, ovviamente poco frequentate, estreme ma vivide. Senza mega-resort e animazione in giro.
Qual’è la situazione oggi a Sharm dopo la rivoluzione?
Un limbo. In attesa che la situazione si sblocchi al Cairo.
Come è cambiata la tua vita dopo il successo di Figli una Shamandura?
All’inizio per niente, continuavo a fare la guida subacquea e ogni tanto qualcuno mi chiedeva una dedica. Poi arrivava gente che voleva fare film sul libro. In sostanza mi sono arrivate tante richieste di collaborazione, questo è stato il cambiamento. Il cambiamento nella mia vita l’ha imposto il mercato, dove pagano i professionisti sempre meno e dove le piccole aziende ben curate falliscono. Non mi restava altro che fare altro. Tra cui scrivere.
Nomina tre persone che difendono il mare, che ammiri e perché.
Peter Hammarstedt, Sea Shepherd – Un capitano di vent’anni, capace di guidare la sua nave contro la flotta baleniera giapponese in Antartide e di parlare in pubblico con una grande incisività ma senza odio.
Paul Watson – il fondatore di Sea Shepherd, un genio mediatico, un duro irriducibile.
Sylvia Earle – ex Direttore Scientifico della NOAA. Ha detto:
“With every drop of water you drink, every breath you take, you’re connected to the sea. No matter where on Earth you live.”
Ogni goccia d’acqua che bevi, ogni respiro che inali ti collega al mare, a prescindere da dove tu sia nel pianeta.
E tre tipologie di persone che dovrebbero essere bandite dalle coste.
Il mare è un diritto, ma c’è chi davvero non lo merita.
La categoria più deleteria di tutte?
Certi programmi TV, parlano d’ambiente marino, ma poi vedi gente toccare i coralli. Poi il sipario si apre su come cucinare quel pesce o quell’altro, e quanto costa. Questo è falso ambientalismo, perché alimenta il cliché mare uguale pesca. Qualcuno in Italia ha presente la BBC?
Ma in cima ci sono i dietologi, quelli che consigliano di mangiare pesce e neanche sanno che gli Omega 3 possono essere estratti dalle alghe. Intanto riempiono blog e magazine di consigli tutti uguali (non sanno che le alghe costano meno) e poco sostenibili.
Per tutti gli altri vale la regola della HEPCA: ‘se non lo rispetti non lo meriti!’ Dovrebbe valere con tutto. Dal compagno/a ai coralli, dall’auto che hai in garage al gatto in casa. Ma il mondo insegna esattamente il contrario: chi abusa vince.
Sogno nel cassetto?
Non dipende da me. Di Figli di una Shamandura sono state scritte ben tre sceneggiature. Una volta dicono che la subacquea ‘non è così interessante’ per farne un film. Scoppia una rivoluzione in Egitto, la location ideale. So solo che le immagini più trend e più belle (e oggi finalmente succede, da Swatch in poi)… sono quelle girate sott’acqua. E’ un trend che molti ignorano. E’ come se il mare, quello vero, fosse un paria. Dicono che la gente preferisce schifezze semi-horror del calibro di ‘Lo Squalo’ e ‘Open Water’. Sono film odiosi, completamente falsi. E’ un sogno in un cassetto che si apre e si chiude. Forse perché non si parla di squali cattivi. Ma resta il fatto che il mare è un paria. Del mare se ne infischiano quasi tutti. E quelli cui importa qualcosa non hanno voce. Mai in prima serata.
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