Barriere coralline, gli ultimi giardini

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Un giardino di coralli vibra di vita. Porites, turbinarie e tantissimi tipi di acropora offrono nutrimento e riparo ad una miriade di pescetti colorati, impegnati nelle loro attività vitali, come il procurarsi il cibo, riprodursi, cacciare, ma anche nascondersi dai predatori.
SLAM!
Un colpo di maglio fa sussultare il reef, i piccoli pesci si rifugiano tra le acropore. Tutto vacilla, come in una improvvisa vertigine. Le orecchie iniziano a dolere. Non troppo lontano stanno pescando con la dinamite. Ma neanche troppo vicino, altrimenti non starei qui a raccontarlo. Uno squalo martello passa in rassegna tutto il giardino di coralli muovendo velocemente la strana testa a destra e a manca, che in quel frangente sembra proprio un gesto di costernazione. Se ne va, ed i piccoli pesci timidi escono dai loro rifugi. Ma poco lontano l’onda d’urto ha ucciso migliaia di pesci. Pochi vengono a galla, dopo l’esplosione. La maggior parte cade sul fondo. Ecco perché i pescatori di frodo scelgono aree con fondali bassi e non le pareti profonde, dove perderebbero gran parte delle loro prede, ma dove le esplosioni farebbero molto meno danno. L’onda d’urto sui coralli ha un effetto ancora peggiore che sui pesci: li sbriciola. Se un giorno vi capiterà di vedere un reef ridotto ad un ossario dove biancheggiano milioni di minuscoli cilindri bianchi grandi come una falange, saprete cosa è stato: la dinamite. Dove colpisce lei non c’è più molto da fare, neanche se la vita cerca sempre disperatamente di riprendersi tutto, anche ciò che muore. Sott’acqua, dai relitti alle cime d’ormeggio, dalle anfore alle catene delle boe, i coralli sembrano volersi appropriare di ogni corpo solido, sembrano voler inglobare tutto nelle loro fantasiose strutture caotiche. Ci riprovano sempre, i coralli, ad attecchire. Tanto meglio se il corpo solido è calcareo. Ma quei miseri cilindretti di calcare sbriciolato continuano a rotolare nella risacca, come ossa di innumerevoli scheletri, falangi di mani che non trattengono più nulla. Rotolando su loro stessi condannano a morte i nuovi coralli che iniziano ad attecchire. Non c’è speranza per un reef colpito dalla dinamite. Per prendere una manciata di pesci i pescatori di frodo disintegrano vaste porzioni di habitat e lo fanno per sempre.

Ma il mare e i coralli non hanno solo la dinamite come nemico mortale.  Il riscaldamento globale e fenomeni climatici come El Niño uccidono le zooxantelle, le alghe simbiotiche dei coralli, inducendo i coralli allo sbiancamento e a morte quasi certa.

Coral bleaching from climateshifts.org

Solo il 10% dei coralli sopravvive allo sbiancamento. Anche l’aumento della CO2 nell’atmosfera è una crescente minaccia, per i coralli. La CO2, o anidride carbonica, è un prodotto della combustione dei vulcani come degli idrocarburi e del carbon fossile, ed è la prima responsabile dell’acidificazione dei mari. Mescolandosi all’acqua l’anidride forma acido carbonico, una sostanza in grado di sciogliere le strutture calcarea dei coralli, ma anche gli esoscheletri dei molluschi, di delicatissimi organismi planctonici alla base della catena alimentare oceanica.

Poi ci sono i danni causati dalle reti a strascico, che arano vaste zone di corallo con effetti molto simili a quelli della dinamite. Altri danni li fanno la microplastica e gli olii, sia minerali che vegetali. In moltissime zone turistiche, per esempio, è vietato entrare in acqua cosparsi di creme solari.
I danni peggiori, anche per l’estensione, sono stati certamente quelli prodotti dai fertilizzanti per l’agricoltura: fosfati e nitrati inducono la proliferazione incontrollata di altre alghe, quelle antagoniste dei coralli portando all’eutrofizzazione, cioè ad una condizione che comporta numerosi eventi a cascata tra i quali acque asfittiche, prive di ossigeno e ricche di sostanze nocive. Ed è stato così che il pianeta ha già perso la gran parte delle sue barriere coralline. L’uomo non è l’unico responsabile del depauperamento dei coralli, cause naturali come tsunami e uragani impongono un durissimo dazio a questi fragili ecosistemi. Stime attendibili ci indicano che di questo passo già nel 2030 il 90% delle barriere sarà in pericolo di sopravvivenza. Il governo australiano prevede di perdere il Great Barrier Reef, la più grande opera naturale del pianeta, già nel 2050.


Ma questo triste scenario non è completamente senza rimedio. Per quanto far attecchire i coralli sia molto più difficile che far crescere funghi artificialmente, uomini e donne coraggiosi, biologi e biologhe d’ingegno si son dati da fare e con passione e caparbietà hanno approntato dei sistemi di impianto/trapianto dei coralli, raggiungendo obiettivi che anni fa sembravano impossibili. Nasce così il Coral Gardening, una nuova avventura sotto i mari in grado di coinvolgere volontari ed appassionati, studiosi e turisti e in alcuni casi divenire anche una attività remunerativa.

 

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