L’emergenza oceani è ormai un problema di sicurezza globale
“Salvare gli Oceani del pianeta è un problema di sicurezza vitale”. Lo ha dichiarato uno che conta: il segretario di Stato Usa John Kerry, al vertice internazionale sugli oceani ‘Our Ocean’ davanti ai delegati di 80 nazioni. “Il danno causato dagli esseri umani agli Oceani è un danno tale da mettere a repentaglio la sicurezza alimentare di tre miliardi di persone.” Ha detto Kerry esortando tutti i governi a prendere provvedimenti immediati. “La maggior parte delle persone sottostima il danno enorme che gli umani stanno facendo agli Oceani”. Verissmo.
Quindi a Washington, dal 16 al 17 giugno, lo sforzo più visibile dell’amministrazione Obama per guidare un impegno globale per la conservazione dei mari e frenare il saccheggio delle sue risorse vitali. “Il Selvaggio West in alto mare.” Lo ha definito così, Di Caprio, intervenuto al summit con tre milioni di dollari di donazione ed un plafone di sette milioni pronti ad essere impiegati, tramite la sua fondazione, alla causa.
“Sono testimone diretto della devastazione ambientale ” ha detto l’attore, che è un subacqueo appassionato e allo scopo ha descritto alcune delle sue immersioni in zone incontaminate, come la Grande Barriera Corallina in Australia e in Costa Rica, in uno dei più grandi santuari degli squali del mondo. Ha puntato il dito contro la pesca industrializzata che ha “sistematicamente devastato i nostri Oceani” Riportano i media. Gli Oceani, ha detto, “sono la fonte della maggior parte del nostro ossigeno e nutrienti vitali. Essi dettano il nostro clima, le condizioni meteorologiche e, in definitiva, la nostra stessa sopravvivenza. Ciò di cui abbiamo bisogno è l’attivismo costante e una leadership politica coraggiosa. Non possiamo permetterci di fare da spettatori in questo scenario pre-apocalittico.” Ovviamente quando parlava di ossigeno parlava di fitoplancton, sicuramente non esattamente una vittima della pesca eccessiva.
Il presidente di Kiribati, Anote Tong, ha dichiarato che lo Stato delle Isole del Pacifico avrebbe intenzione di chiudere un’area di 157.630 kmq alla pesca commerciale entro la fine del 2014. Il divieto di pesca permetterebbe di far riprendere gli stock ittici. E ancora: “Ci sono gli strumenti per poter fermare la pesca illegale” Dichiarazione di Catherine Novelli, sottosegretario per la crescita economica, l’energia e l’ambiente. Come dire: ‘possiamo combattere ed abbiamo da tempo le armi necessarie per farlo’. Certo è che fino al summit Our Oceans l’ingrediente finora mancante è stata sempre la volontà politica. E questo è stato rilevato da tutti i presenti. Oggi, forse qualcosa sta cambiando davvero, visto che Kerry, che ha lavorato sul cambiamento climatico e l’ambiente per molti anni al Senato, ha dichiarato di aver adottato la protezione dell’oceano come una causa personale. Parliamo, probabilmente, della seconda persona più potente del mondo.
Insomma, sono notizie sorprendenti e che francamente in pochi si sarebbero aspettati. Per giungere ad uno sforzo globale mancava – e si sapeva – solo la volontà politica che ora c’è. Dovremmo tutti gioire d’ottimismo. Ma c’è un’altra faccia della medaglia. E’ un faccia che non fa onore ai media: la scarsa rilevanza concessa dai media a questo fatto a dir poco epocale. Peggio: nella scarsa rilevanza, i media hanno prevalentemente indicato ‘over-fishing’, e pesca illegale come problema. Eppure, visibile a chiunque si colleghi al sito governativo che pubblica l’agenda del summit c’è un numero consistente di interventi sull’inquinamento marino: plastica, microplastica, fertilizzanti. Questi ultimi sono i responsabili dell’eutrofizzazione dei mari e della morte di immense aree. L’inquinamento massiccio del mare è stato sicuramente un importante oggetto di discussione tra i delegati, come l’aumento di CO2 e l’acidificazione degli Oceani. Leggo anche che il summit è stato, per molti delegati un corso intensivo su questioni di conservazione marina, con gli scienziati invitati a fornire briefing e spiegazioni a funzionari governativi e dirigenti del settore. E subito dopo leggo che Boris Worm, ecologo marino della Dalhousie University dichiara:
“C’è poco da dubitare: la pesca eccessiva è probabilmente il problema più grave che abbiamo negli Oceani di oggi, peggio dei cambiamenti climatici, peggio dell’inquinamento”. Infatti, mentre gli stock ittici nel mondo sviluppato, grazie ad una migliore gestione, sono in ripresa, i pescatori in alcuni dei paesi più poveri del mondo – Mozambico, Senegal e Mauritania – impiegano più tempo e più carburante per tornare con un numero sempre minore di pesci.
Certo, la sopravvivenza di tre miliardi di persone e quindi i problemi legati ad uno sfruttamento irrazionale e insostenibile del mare, in una visione geopolitica tendono ad occupare tutto lo spazio disponibile. Così la pesca e la sua sostenibilità rubano la scena ad altri problemi altrettanto gravi . Purtroppo ne sa qualcosa chiunque si occupi di conservazione marina: i soldi per la ricerca scientifica in ambito marino vengono soprattutto dalla pesca. La pesca produce soldi, il mare, bello e sano, secondo una visione economica babbiona ma ancora dominante, molti meno. E l’inquinamento che continuerà a decimare lo stock ittico e a renderlo pericoloso come cibo? Se n’è parlato? Era in agenda eccome. Ma quella faccenda lì ha mille altre implicazioni. A cominciare dal più grande inquinante: il petrolio ed i suoi succedanei. Se n’è parlato? E se sì, cosa riportano i media? Di plastica e microplastica, una lieve traccia.
All’uomo comune non è dato a sapere? Oppure non lo vuole sapere perché preferisce sognare Kevin Costner in camicia bianca che apre una scatoletta di tonno? Questo buco nelle informazioni e nelle prospettive (forse più che nelle intenzioni della conferenza) può rendere vane, se non addirittura sinistre, le parole di Kerry: “La maggior parte delle persone sottostima il danno enorme che gli umani stanno facendo agli Oceani…”. E così ho i brividi a pensare che forse l’umanità e i media – che ormai rincorrono solo l’audience e la benevolenza degli sponsor – vedono il mare solo come un luogo da saccheggiare, la gigantesca pattumiera di una immensa, incurabile follia.