Meteo meduse

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In tarda primavera, un fenomeno eccezionale per la sua portata si è guadagnato un piccolo spazio nei siti d’informazione e sulle testate locali: un milione di individui di Velella velella, la caratteristica medusa a forma di barchetta, si sono spiaggiati lungo la costa di Sabaudia (LT). A causa della colorazione di queste particolari meduse, l’intera battigia si era dipinta di blu, assumendo un aspetto extraterrestre.

Si è trattato, chiaramente, di un evento straordinario ma, ogni giorno, su tutte le spiagge italiane avvengono spiaggiamenti anche di pochi individui che, se non passassero inosservati, potrebbero fornirci molte informazioni sugli cnidari che abitano i nostri mari.

Sono ancora pochi gli studiosi che si occupano del cosiddetto microzooplancton gelatinoso ma, dal 2009, il progetto Occhio alla medusa si è posto l’obiettivo di fornire loro il maggior numero possibile di dati.

Si tratta di un progetto di citizen science, alla cui raccolta di informazioni può contribuire ogni singolo cittadino (in questo caso, bagnante) ed è forse quello di maggior successo globale in ambiente marino. Grazie ai tanti occhi che scrutano il mare, lo scorso anno, ad esempio, si è riusciti a identificare un nuovo alieno, la medusa Pelagia benovici.

In passato, picchi di presenza di meduse erano registrati ogni 10-15 anni; oggigiorno non c’è estate che non veda almeno una fioritura straordinaria di cnidari.

Purtroppo le cause di queste invasioni sono molteplici e strettamente legate tra loro. La pesca nel Mediterraneo sta portando al collasso anche le ultime popolazioni di predatori. Le meduse, invece, ritrovano nelle infrastrutture antropiche a protezione delle coste un substrato idoneo a portare a compimento il loro ciclo vitale e, crescendo, si nutrono proprio degli avannotti di quei pesci che da adulti sarebbero diventati loro predatori (spiega il Prof. Boero coordinatore del progetto).

A causa del riscaldamento globale, poi, raggiungono le nostre coste anche specie aliene che sono ora in grado di riprodursi anche al di fuori del loro usuale areale di distribuzione perché le condizioni fisiche delle nostre acque sono mutate.

Con queste premesse, e il numero sempre maggiore di partecipanti, non è difficile immaginare che ci aspetti un’estate ricca di avvistamenti.

Per prender parte allo studio occorre solo uno sguardo attento, un’applicazione da scaricare su uno smartphone e… il mare!

Ogni tratto di costa è quello buono da monitorare; esistono specie che preferiscono fondali sabbiosi e altre che si ritrovano solo in prossimità degli scogli; specie comuni in acque fredde e altre in acque più temperate.

All’interno dell’applicazione troverete tutte le schede delle specie urticanti per l’uomo con una descrizione dettagliata e una serie di fotografie per identificarle. Nel caso in cui non riusciate a capire di quale specie si tratti, non preoccupatevi, inviate comunque la segnalazione della posizione, il numero di individui e alcune foto, qualcuno cercherà di attribuirgli un nome.

Man mano che le segnalazioni saranno registrate si creerà una mappa che servirà ai biologi come banca dati per le loro future ricerche e al singolo bagnante per sapere, in tempo reale, se nelle vicinanze ci sia stata di recente una fioritura di specie urticanti e comportarsi di conseguenza.

Dobbiamo ricordarci che le meduse, per quanto pericolose possano essere, non sono in gradi di contrastare le correnti e quindi non possono attaccarci. Siamo noi che, incautamente, vi andiamo incontro. L’unico modo per evitare di essere punti è rinunciare a bagnarsi se una delle specie urticanti si trova nelle vicinanze; un dato che spesso sottovalutiamo, infatti, è la lunghezza dei tentacoli che, in alcune specie possono superare anche i dieci metri, e che potremmo toccare anche quando crediamo di trovarci a distanza di sicurezza.

Per approfondire:

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