Vacanze al mare? Meglio se sostenibili
posted by Claudio Di Manao | Luglio 31, 2014 | In Dimmi del Mare, Home | Articolo letto 3.277 volteStrade intasate dal traffico, spiagge affollate, approdi gremiti di barche. Questo è un po’ lo scenario che le località di mare offrono puntualmente nel pieno delle vacanze estive. Ci si potrebbe anche domandare quanto: andiamo a pesare noi sull’ecosistema marino? L’impatto del turismo sembrerebbe pesante, a prima vista, ma lo è solo se mancano certe condizioni. In realtà il turismo è spesso in grado di generare introiti extra che gli enti locali non potrebbero ricavare altrimenti, permettendo la creazione ed il mantenimento di aree protette e di strutture in grado di salvaguardare l’ambiente. E, nella logica odierna dell’interesse economico prima di tutto, il denaro viene reinvestito solo in attività che favoriscono un ritorno. Ecco che in questo caso il turismo genera uno spostamento delle attenzioni e degli interessi, e quindi degli investimenti, verso la natura, che in sé diventa bene spendibile e da tutelare.
Il turismo, e dovrebbero saperlo anche la maggior parte dei governanti del mondo, è una grande industria, così grande che prima del 2001, anno dell’attentato al World Trade Center, costituiva il primo fatturato mondiale. Oggi purtroppo le cose non stanno più così: il petrolio fattura duemila miliardi di dollari, mentre il turismo supera appena i mille, e mille miliardi di dollari sono pur sempre una immensa ricchezza che in parte, anche se minima, va in favore dell’ambiente. Quindi c’è poco da sentirsi in colpa, poco da criminalizzare il turismo, anche se di massa: piuttosto cerchiamo di evitare scelte e comportamenti che potrebbero influire negativamente sull’ambiente, optando per ciò che invece ha un influsso positivo.
Un primo passo, nella scelta delle nostre destinazioni, è quello di premiare i virtuosi. Se un utente sceglie un comune, o una regione, che ha investito nella salvaguardia del litorale e delle acque, il tornaconto sarà reciproco. Un ottimo strumento di orientamento è il sito del programma bandiera blu, una iniziativa europea il cui obiettivo è quello di indirizzare la politica di gestione delle località marittime verso un processo di sostenibilità ambientale, e scoprire quali località balneari in Europa – e non solo – hanno ottenuto il riconoscimento.
Un altro piccolo passo è quello di limitare al massimo l’uso di saponi e detersivi, soprattutto in barca. Ma anche creme solari e tensioattivi creano una pellicola che rallenta lo scambio di gas tra il mare e l’atmosfera, aggravando il fenomeno dell’acidificazione e, in zone coralline, possono seriamente danneggiare i coralli. Non tutte le creme solari ovviamente: secondo uno studio pubblicato nel 2008 dal National Geographic sono ok le creme con filtri a base di titanio e caolina, mente sono ‘out’ le creme solari a base di parabene, cinnamato, benzofenone e derivati della canfora. Il loro meccanismo d’azione sui coralli è molto perverso: questi elementi scatenerebbero un virus dormiente nelle zooxantelle, le micro-alghe simbionti, portando facilmente ad una epidemia con successivo sbiancamento di intere barriere.
Anche i nostri gusti gastronomici possono influenzare l’ambiente marino: una forte domanda di pesce può indurre pescatori di frodo a catture vietate e pescatori professionisti ad ignorare ‘ma solo per quel mese’, divieti e fermi biologici. Una delle situazioni tipiche è quella in cui si ascoltano snorkelisti, subacquei o semplici bagnanti lamentarsi dell’assenza dei pesci in mare, o della loro diminuzione rispetto agli anni precedenti, mentre hanno nel piatto davanti proprio un pesce o un cefalopode di provenienza locale! Se proprio non se ne può fare a meno, meglio scegliere il pesce di allevamento, da evitare accuratamente il pesce di barriera. Un’ottima guida è quella fornita da Greenpeace, guida ai consumi ittici, scaricabile in .pdf. Altra risorsa per orientarsi nel ‘seafood’ sostenibile viene da Slow-Fish, sito in Italiano, con la sua guida al pesce sostenibile.
Uno dei più grandi nemici del mare è la plastica: nel centro del Pacifico c’è un’isola di plastica grande più della Francia, cerchiamo di non contribuire ad allargarla o di crearne altre nei mari che frequentiamo. La plastica ha un effetto devastante: soffoca pesci, coralli, delfini, tartarughe e altri cetacei che possono scambiarla per cibo; se esposta ai raggi UV si frantuma rilasciando diossina ed altre molecole tossiche e, anche miniaturizzata, continua la sua azione letale all’interno degli organismi marini con una patologia chiamata appunto avvelenamento da microplastica. E’ forse questo il più grande dei disastri ambientali del mare. Dovremmo, nel possibile, rinunciare al suo utilizzo in mare o in zone di mare, anche tenendo conto che al mare, a riva quanto a bordo, c’è spesso molto vento. Un’ottima idea per evitare che le bottigliette d’acqua volino via una volta esaurite è quella di accartocciarle e chiudere di nuovo il tappo per evitare che si gonfino di nuovo riprendendo la forma originale, e poi riporle in un recipiente lontano da folate improvvise. Attenzione anche ai mozziconi di sigaretta, in acqua si gonfiano e durano una eternità. Nel frattempo possono soffocare pesci e tartarughe.
Ma anche l’interazione con le forme di vita che tanto amiamo va affrontata con coscienza e cognizione di causa. Manipolare i pesci, per esempio, può alterare il loro strato protettivo di muco, favorendo l’infiltrazione di virus o funghi. Toccare le tartarughe, o peggio ancora o circondarle, può indurre loro un fortissimo stress. Alcune tartarughe, se ostacolate mentre salgono a prendere aria possono fuggire tornando verso il basso, fino a morire d’infarto e senza ossigeno in acque profonde. Anche dar da mangiare ai pesci è sempre una pratica dall’etica molto dubbia: l’interazione va ridotta al minimo, in alcuni luoghi è consentito, come in Florida e alle Isole Cayman, in altri, come nel Mar Rosso egiziano è severamente vietato nutrire qualsiasi specie. Pinne, pagaie e chiglie provocano ogni anno la rottura di innumerevoli rametti di corallo, indebolendo intere barriere. Attenzione anche alle delicatissime praterie di posidonie. E’ sempre bene compiere in acqua dei movimenti molto lenti, con le pinne evitando di usare le braccia. Questo ci rende meno affaticati, più in controllo e sicuramente ci eviterà un bel po’ di ustioni e bruciature. Molti coralli, infatti, sono urticanti.
Insomma, il mare è una grande esperienza che merita rispetto e attenzione. E anche noi dobbiamo far di tutto per meritarcelo, per meritarci un mare all’altezza delle aspettative nostre e delle generazioni future.
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About The Author

Claudio Di Manao
In una tipica mattinata caraibica dei primi anni '90 l’ex consulente finanziario ed immobiliare Claudio Di Manao, tra ventagli di mare blu, barracuda ed altri pescetti colorati rinasce alla subacquea. Non solo decide subito di ricominciare ad immergersi: vuole diventare istruttore, il che gli sembra un'ottima scusa per esercitare professionalmente la sua attività preferita: il vagabondaggio in paesi caldi. Dopo anni di ‘divemasterato’ in Scozia, Inghilterra, Messico e Caraibi diventa istruttore nel 1996 a Grand Cayman. Per una serie di motivi che non è mai stato in grado di spiegare, Claudio Di Manao si reca a Sharm el Sheikh, in Egitto e ci resta per ben undici anni. L'ambiente surreale di Sharm el Sheikh gli suggerisce di scrivere 'Figli di Una Shamandura', il suo primo libro che diventa un Cult. Ovviamente non l’avrebbe mai immaginato. Gli viene offerto di collaborare con importanti portali come GoRedSea. Inizia a lavorare come free-lance e non solo nella subacquea. Nel 2008 realizza Tra Cielo e Mare, rubrica per la Radio Svizzera e viene invitato a scrivere testi e sceneggiature di documentari. In questo campione della sua carriera, cioè adesso, collabora regolarmente con: AlertDiver , il magazine del DAN, Diver Alert Network, con il Corriere del Ticino, quotidiano svizzero di Lingua Italiana e con ScubaZone, il magazine subacqueo in Italiano più letto e più scaricato nella storia della subacquea e, come potete constatare, con imperialbulldog.com.
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