La coscienza dei pesci

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In realtà, spiega lo zoologo Colum Brown autore dell’articolo da poco pubblicato su Animal Cognition, i pesci modulano i loro comportamenti secondo le varie situazioni, con risposte intelligenti che si possono paragonare per complessità a quelle degli altri vertebrati, inclusi gli esseri umani.

Sono molte le potenzialità, finora ritenute esclusivamente umane, che il lungo lavoro dello scienziato attribuisce, senza ombra di dubbio, anche ai pesci; dalla memoria a lungo termine, che permette di ricordare la posizione di oggetti nello spazio, alla capacità di svolgere contemporaneamente compiti complessi, cooperare o addirittura utilizzare degli strumenti.

A conclusione del suo lavoro lo scienziato dichiara apertamente che anche i pesci sono in grado di percepire dolore perché, ricorda, sarebbe impossibile per loro sopravvivere ed evolvere dei comportamenti così complessi senza possedere la capacità di soffrire. La percezione del dolore è essenziale per la sopravvivenza ed è presente in tutti i gruppi di vertebrati.

Il lavoro pubblicato è il risultato di ben 20 anni di esperimenti condotti da Brown e dai suoi più stretti collaboratori; ben 185 articoli che non fanno altro che rafforzare la tesi fortemente difesa dallo scienziato sulle capacità percettive e cognitive dei pesci.

Brown ci tiene a chiarire che, al contrario di quello che alcuni potrebbero pensare, non si tratta di filosofia ma di pura biologia, basata su tesi scientificamente comprovate. L’unico capitolo del suo lavoro che potrebbe essere considerato filosofico è quello legato al tema della coscienza. I pesci, però, sono paradossalmente abbastanza simili agli esseri umani e quindi, il rischio che le ipotesi formulate sulla nostra esperienza personale siano del tutto improbabili, non è di molto differente da quello che corriamo credendo che il nostro vicino di casa abbia evoluto una coscienza simile alla nostra.

La mia missione, spiega Brown, è di portare le persone a credere che i pesci non siano solo cibo e di renderle più sensibili alle problematiche del mondo sommerso. La maggior parte della gente non ha la minima idea di ciò che accade nei loro fiumi o oceani.

Durante gli ultimi anni Brown si è occupato soprattutto delle capacità di apprendimento spaziale dei pesci che si sono dimostrate all’altezza di tutti gli altri invertebrati, compresi gli esseri umani ma, di certo, l’ultima sezione legata alla percezione del dolore, è quella che ha attirato maggiormente l’attenzione.

E‘ ormai certo che la capacità di percepire dolore, così come la intendiamo noi esseri umani è derivata direttamente da un antenato (pesce) comune. La percezione del dolore è la risposta psicologica evolutasi in tutti gli animali per proteggerli dal male e può essere considerata una forma primordiale di coscienza.

Se un pesce è in grado di percepire il dolore come una mucca o un maiale è importante che anche nell’allevamento e nella pesca si diffondano pratiche che infliggano la quantità minima di stress e di dolore possibile.

Tutta questa riflessione ci fa tornare alla mente il progetto Someone, Not Something che, fondamentalmente, cerca di convincere la gente a trattare gli animali come farebbero con le altre persone. Coloro che gestiscono il progetto vorrebbero, ovviamente, vedere le persone smettere di mangiare animali ma, nonostante tutti i suoi studi, Brown e molti altri scienziati come lui, riconoscono che gli esseri umani hanno sempre mangiato animali e continueranno a farlo.

Anche i più realisti come lui, però, non possono non essere d’accordo sulla necessità di trattare tutti gli animali, non solo i nostri cani e gatti, con rispetto e, di pretendere che, anche nel momento in cui saranno sacrificati per il nostro nutrimento, sarà a loro risparmiata tutta la sofferenza possibile.

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Link:

http://link.springer.com/article/10.1007/s10071-014-0761-0

http://www.huffingtonpost.com/bruce-friedrich/fish-are-smart-and-of-cou_b_5545914.html

http://www.farmsanctuary.org/learn/someone-not-something/

 

 

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