Carie da leoni

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Molto tempo fa, il leone asiatico (Panthera leo persica), vagava liberamente tra l’Europa centrale e l’Asia occidentale; nel tempo, il suo areale di distribuzione si rimpicciolì progressivamente fino a ridursi a una regione semiarida dell’India occidentale, la foresta di Gir.

A un censimento degli anni ’80, risultò che il numero totale di leoni asiatici sopravvissuti al mondo non superava la dozzina. A questo allarmante riscontro seguì un lungo percorso di azioni e misure volte alla conservazione della specie tra cui anche la creazione di un’area protetta, che permise di riportare la popolazione di leoni a 305 esemplari per la fine del 1995.

L’azione di recupero diede i suoi frutti perché si comprese quale fosse la principale minaccia per la sopravvivenza di questa specie, ossia la perdita di habitat. Focalizzando gli sforzi nell’obiettivo di restaurare habitat degradati, la popolazione di leoni ripopolò rapidamente aree abbandonate da tempo.

Oggi però, c’è una nuova minaccia per la sopravvivenza di questi animali e i leoni non sono le uniche vittime.

Nel distretto di Amreli sia i leoni quanto gli esseri umani soffrono di fluorosi, una malattia che, nel migliore dei casi, si manifesta con carie ai denti, ma può portare alla loro caduta e al deterioramento delle ossa e delle articolazioni.

A tale conclusione non sono giunti due veterinari ma due medici che hanno appena pubblicato un primo rapporto dal nome “Ecology of Lions in Greater Gir Landscape”. E’ stato solo l’amore per la natura che ha spinto un radiologo, Jalpan Rupara, e un anestesista, Purvesh Kacha, a setacciare 250 kmq di un’area dove risiedono a malapena quaranta leoni.

Degli otto leoni studiati sin ora, tre avevano perso molti dei loro denti e, all’esame radiologico, mostravano delle deformazioni minori alle ossa. Confrontandosi con i loro colleghi biologi, i due medici hanno avuto presto la conferma che i leoni sani, in natura, non perdono i denti. Escludendo la possibilità di incidenti che abbiano potuto coinvolgere solo questi esemplari, i medici hanno dedotto che i sintomi fossero dovuti all’alto contenuto di fluoro presente nei corsi d’acqua e nelle pozze della regione.

I funzionari forestali della regione hanno avviato un’indagine, supervisionata dall’Istituto di Veterinaria di Anand, per assicurarsi che la perdita dei denti e le deformità ossee siano effettivamente da attribuire alla fluorosi.

Nella regione, per sopravvivere, i leoni hanno bisogno di abbeverarsi a cisterne di acqua dolce fornita loro dall’uomo. Se anche i veterinari dovessero confermare la diagnosi dei due medici naturalisti, significherebbe che tutto il piano di gestione di questa specie è a rischio.

Il destino degli ultimi leoni asiatici sembra stare a cuore a molti degli amministratori locali ma, cosa sarebbe successo se due studenti di medicina, appassionati di natura, dieci anni fa, non avessero ipotizzato la presenza di questa malattia tra i leoni e non avessero iniziato a studiarli?

Nel distretto molte persone sviluppano la malattia ma, fin ora, pochi sono stati gli interventi per tentare di migliorare le condizioni di vita delle comunità autoctone.

Se, come speriamo, verrà impostato un piano di bonifica, avremo ancora una prova che, migliorare le condizioni di vita degli animali selvatici, renderà migliore anche la qualità della vita delle persone che condividono la stessa area geografica.

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