Yanez
“E tu chi sei, Yanez?”
Era una delle solite giornate di sole a Sharm el Sheikh e avevamo appena ormeggiato a Jackson Reef. Max, con cappello e sigaro da cacciatore di elefanti si sentì apostrofare così da Rubè, l’incarnazione sharmese del ‘modello di ruolo’ che gli tendeva la mano dalla barca accanto, per aiutarlo a salire a bordo. Max si trovò così faccia a faccia in mezzo al mare con la figura centrale dei manuali del corso divemaster, che più o meno vuol dire guida subacquea, il corso che stava attendendo con me. “E’ uno dei migliori qui a Sharm, sa tenere in pugno equipaggi e subacquei come pochi – avevo detto a Max – vieni a vedere come ci riesce. Ti assicuro che vederlo al lavoro a bordo è un vero show didattico.” E senza aprire bocca Max si trovò subito un nick-name cucito addosso.
Max a Yanez gli assomigliava davvero. La barbetta rada, gli occhi che brillano nella fascia d’ombra sotto il cappello e il sigaro toscano tra i denti gli conferivano un piglio d’avventuriero salgariano. Era, infatti un fotoreporter. Uno di quelli con un talento per i viaggi ed i guai così spiccato da farne una professione. Era uno destinato a mollare tutto: reporter quotato, titolare di un’agenzia, riforniva quotidiani e magazine importanti come Il Giornale, La Nazione, Panorama ma anche l’Espresso e altri al di fuori del gruppo Mondadori. Uno che un giorno o l’altro sente l’Italia come un paese strettissimo e piccino picciò e vuole esattamente il contrario: tanto, tanto mare intorno, il mare sopra e sotto, con le sue leggi. Il mare, così lontano dai capricci umani nel manifestare i suoi umori. L’età e il ruolo erano ideali per mollare gli ormeggi definitivamente. Capii al volo che era un perfetto fratello della costa e che sarebbe stato uno di noi: Max aveva più di trentanni.
Dopo solo pochi mesi di quella vita in mare quando torni a casa non riesci più a riadattarti allo stile che hai abbandonato. Succede che quando torni gli altri ti invidiano, ti esaltano, ma allo stesso tempo pensano che tu sia anche un po’ pazzo, mentre per te quelli che sono rimasti a casa nel traffico sono i veri pazzi furiosi. E così Max tornò. Tornò a Sharm el Sheikh. Erano bei tempi, quelli per Sharm el Sheikh. Ce n’erano tanti in quel periodo che arrivavano in cerca di una vita al sole e tra i pesci. Sognatori puri, annoiati e delusi dalle routine. C’era anche modo di sistemarli tutti. Oddio, quasi tutti; il limite erano le loro capacità, il lavoro nella subacquea non mancava mai. Gli offrirono un lavoro da guida. Poi divenne istruttore. Ma non dimenticò mai la sua vocazione originale.
Eravamo seduti in un ristorante di Sharm el Sheikh quando ci raggiunse la notizia che a Dahab, a cento chilometri da noi, erano esplose delle bombe. Un attentato. Eravamo sconvolti, un’amica scoppiò in lacrime. Max si alzò e chiamò la Console Onoraria per farsi accreditare. Poi prenotò un taxi. Non avevo voglia di dirgli che lì avrebbe visto morti e membra sparpagliate in un luogo dove la gente va per divertirsi, lui lo sapeva benissimo. Disse soltanto: “sono un reporter.” Capii che è come con le emergenze: se sei addestrato al primo soccorso e ti capita un’emergenza, non puoi non prestare il tuo aiuto. Informare o salvare qualcuno, la tua formazione è più forte di te.
Accadde nel 2010. Cinque anni dopo essere diventato divemaster e tre anni dopo l’aver conseguito il brevetto di istruttore subacqueo, l’ex reporter fiorentino Massimo Bidetti aka Toscanello rinasce improvvisamente alla fotografia. Il diving centre gli assegna un compito particolare: un fotografo Nikon deve provare un nuovo prodotto per recensirlo. E’ uno dei casi in cui il curriculum della vita precedente s’infiltra nella dimensione di subacqueo a tempo pieno e ti raggiunge. Succede spesso, nei posti di vacanza. Così il nostro Max accompagnò il recensore in acqua. Lo portò presso un corallo famoso.
A Marsa Bareika, una lingua d’acqua che entra nel cuore del deserto in pieno Parco Nazionale di Ras Mohammed, c’è un’acropora quasi in bilico su una discesa di sabbia. E’ un corallo a ombrello, delicato, enorme e per fortuna poco frequentato, affiancato da una formazione madreporica, sede di alcionarie e d’innumerevoli tane per pesci e crostacei. In pochi metri d’acqua c’è lo spettacolo degli avannotti che sciamano balenando a intermittenza.
“Lì, in quel giorno e in quel luogo io ho capito cosa dovevo fare da grande” me lo dice col suo sguardo penetrante davanti a una Pina Colada (la mia) e un caffè (il suo). E’ mezzogiorno e pranziamo insieme al ristorante della marina in un resort a Gran Canaria. “L’immersione ti offre possibilità che a terra sono impensabili per la fotografia: in acqua sei svincolato dalla gravità, quindi hai una possibilità infinita di angolature. Hai la possibilità di usare una luce mista: ambiente e artificiale, puoi usare il multi-flash. “
Max vende foto ai turisti subacquei. Se qualcuno vuole delle foto ben fatte lui s’immerge e scatta. “Nella fotografia subacquea la differenza tra uno scatto professionale e uno amatoriale è ancora evidente a chiunque, mentre in superficie il trend è le foto postate su Instagram dal primo smartphone che si trova sul posto, senza alcun senso per l’inquadratura.” Siamo un po’ tutti amareggiati, noi piccoli professionisti dell’informazione e dell’intrattenimento, minuscoli proprietari di diritti d’autore senza gloria, ma continuiamo a coltivare sogni anacronistici. Siamo scappati di casa inseguendo il sogno antico d’una vita come quella d’Ulisse, ma alla fine ci siamo quasi riusciti. Chiedo a Max se ha altri sogni.
“Tornare al reportage come fotografo subacqueo, è la mia formazione. In giro ci sono eccellenti fotografi subacquei, ma il reportage – quello vero – è raccontare, informare con le immagini. Si parte da concetti ben precisi e per riuscire ci vogliono sensibilità e mestiere consolidati.”
Max mi considera ancora un suo maestro. Capita, con i corsi divemaster. Gli studenti entry level li sbologni agli altri istruttori, è una questione di svezzamento, ma i divemaster ti restano attaccati. E tu a loro. Mettici anche che ogni studente ti insegna qualcosa: non puoi andare avanti se non impari dove non penseresti mai di imparare. E Max un’altra cosa me l’insegna a Gran Canaria, davanti a un sole che è uno sberleffo al dicembre in Europa continentale e una Pina Colada. E un espresso per lui.
Gli chiedo: “Max, qual è il tuo scatto migliore?”
“Ti sembrerò banale in quanto l’hanno già detto in tanti, l’hanno detto i grandi… ma la pura verità è che il mio scatto migliore è il prossimo. Davvero.”
Touché.
Sito di Massimo Bidetti. Anzi Toscanello… Pardon: Yanez
Il suo blog di fotografia subacquea
http://wetpix.massimobidetti.com/
Ringrazio Max, che per me sarà sempre Yannez, per aver fornito ( finalmente! ) alcune belle foto (non come quelle scattate da me) e per aver precisato alcuni dettagli nell’articolo.
Proprio quello che ci voleva da leggere in una fredda giornata invernale a cavallo tra la fine e l’inizio quando tutti si stanno facendo gli auguri per un anno che sarà con molta probabilità esattamente uguale a quello precedente! Grazie Claudio e Max!