Un unicorno e il suo segreto
posted by Barbara Dalla Bona | Gennaio 18, 2015 | In Home, Vita sul Pianeta | Articolo letto 6.038 volteTra tutte le figure mitologiche, l’unicorno, è sicuramente quella che possiede maggiore fascino. Con ogni probabilità, la prima rappresentazione di un unicorno risale al Paleolitico e si troverebbe tra le famose incisioni delle Grotte di Lascaux. Tra i tanti animali disegnati dai nostri antenati, c’è infatti, un curioso essere con un lunghissimo corno sulla testa e un ciuffo di peli sotto il muso.
La sua prima vera descrizione fisica, però, risale all’antica Cina, per la cui cultura è uno dei quattro esseri magici benevoli agli uomini, insieme alla fenice, al drago e alla tartaruga.
Prima che con il cristianesimo ne venisse promossa l’immagine, più eterea, del candido cavallo bianco avvicinabile solo da vergini, curiosa è la descrizione presente nel Physiologus, un bestiario greco del II secolo d.C., in cui l’unicorno ha le più modeste sembianze di una capra.
Le leggende e le fiabe che seguirono, raccontano di un unicorno con fattezze diverse tra loro ma sempre con un unico magico corno sul capo, origine e scrigno del suo potere magico.
Fu in epoca medievale che il mito si diffuse enormemente; in molti, tra principi e cavalieri, organizzarono delle vere e proprie spedizioni alla ricerca del misterioso animale e alcuni, dichiarando di averne catturato un esemplare, esponevano, fieri, misteriosi corni di dubbia provenienza.
I paleontologi ci raccontano che un animale vagamente simile all’unicorno, l’Elasmoterio, visse realmente tra le pianure euroasiatiche ma che, la specie, si estinse durante l’ultima glaciazione. Alcuni affermano che l’estinzione possa essere avvenuta più tardi, il tempo necessario perché popolazioni nomadi russe possano esserne venute a contatto e possano averne generato il mito.
Forse nessuno scoprirà mai l’origine della leggenda ma oggi, grazie ad un rarissimo avvenimento, potremmo aver capito perché il mito si sia continuamente alimentato nel tempo e perché la sua figura sia conosciuta in ogni parte d’Europa e d’Asia.
Nel mese di Agosto, tra le foreste slovene, un cacciatore ha ucciso una creatura speciale. La sua vittima era un capriolo con una rarissima deformazione al palco che ne aveva condizionato la crescita. Il capriolo appena ucciso possedeva un unico corno.
Il cacciatore, che non si era mai trovato di fronte una creatura simile, ha chiesto chiarimenti allo zoologo Boštjan Pokorny che ha analizzato il corpo dell’animale e ne ha verificato l’autenticità.
Nella specie Capreolus capreolus solo i maschi possiedono il “palco”, che è normalmente una struttura bilaterale e simmetrica; l’osso prende origine da due peduncoli che si accrescono dalle ossa craniche. Nel capriolo catturato, invece, i peduncoli erano uniti in un’unica escrescenza e tale anomalia ha dato origine alla formazione di un’unica ramificazione.
Possiamo affermare con certezza che il cacciatore non ha ucciso una creatura magica ma non è difficile trovare un po’ di magia nei palchi dei cervidi. “Le cellule che permettono alle ramificazioni di accrescersi sono tra le più incredibili che l’uomo abbia mai avuto la fortuna di conoscere e studiare” ha affermato Kip Adams, biologa e direttrice della Quality Deer Association.
Il palco, infatti, è costituito da osso e si rigenera annualmente mentre, le corna, sono permanenti e composte principalmente da cheratina, come i nostri capelli.
In genere, l’inizio della primavera innesca nel maschio il rilascio di testosterone che, a sua volta, stimola la crescita di un nuovo palco. Dalla primavera all’autunno i palchi sono formati da tessuti molli, riccamente innervati e irrorati e sono coperti da uno strato di pelle soffice come il velluto. Per questo motivo, in questa fase, i palchi sono molto sensibili e, se l’animale subisce un incidente, come si suppone sia avvenuto al capriolo impallinato, il trauma potrebbe causare delle malformazioni nella crescita.
Ad autunno inoltrato, infine, le ramificazioni si mineralizzano e il corpo del cervo inizia a riassorbire i nutrienti contenuti all’attaccatura del palco; questo indebolisce la giuntura e permette all’animale di liberarsene senza causare ferite.
Il biologo Pokorny ha tenuto a precisare che la malformazione non dovrebbe aver influito sulla capacità del capriolo di riprodursi. I caprioli sono animali territoriali e il loro successo riproduttivo è legato principalmente all’età dell’individuo e alle sue dimensioni. Considerata l’età avanzata dell’esemplare e il suo peso, ben oltre la media, ci sono buone possibilità che abbia contribuito anche lui alla continuazione della specie.
Siamo quindi di fronte a una malformazione che, seppur molto rara, non pregiudica la fitness (in senso ecologico) degli individui che la manifestano. Palchi con un’unica ramificazione possono essersi presentati in altri esemplari di altre specie di cervidi in tutta l’area naturale di loro pertinenza.
Esemplari rarissimi e sfuggevoli che potrebbero essere incappati nello sguardo incredulo di cacciatori o semplici viaggiatori, per alimentare il misterioso mito dell’unicorno.
Link:
- http://news.nationalgeographic.com/news/2014/11/141112-unicorn-deer-slovenia-antlers-science-animals/
- http://www.qdma.com/
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About The Author

Barbara Dalla Bona
Sono nata nel Gennaio del 1981, nel cuore della fredda pianura pontina, con sangue veneto e occhi siciliani. Da bambina Latina e' tutto il mio mondo, da esplorare e conquistare con una bici e un po' di fantasia ma, nell'adolescenza, la provincia si fa stretta. Inizio a viaggiare e mi conquista una Londra dinamica e multiculturale. All'universita' mi trasferisco a Roma; frequento la facolta' di Scienze Naturali e rimango affascinata, piu' di quanto non lo fossi gia', dalla magia nascosta in ogni fenomeno naturale. La mia voglia di conoscere il mondo, pero', e' irrefrenabile. Viaggio per Africa, India e America centrale finche' non decido di frequentare un anno accademico a Valencia, in Spagna. Dopo la mia laurea collaboro con il Centro di Ricerca Interuniversitario sulla Biodiversita'; nel frattempo vinco una borsa di studio post lauream per svolgere un progetto di ricerca sull'ecologia delle specie vegetali esotiche in una prestigiosa universita' californiana. E' li' che, per la prima volta, sento la nostalgia della mia pianura con i suoi laghi e le sue spiagge. Al ritorno da quella esperienza fantastica mi butto a capofitto in un progetto di educazione e interpretazione ambientale nel territorio del Parco Nazionale del Circeo; progetto in corso ed evoluzione gia' da un paio d'anni ma che da quel momento diventa la mia attivita' principale. La voglia di conoscere il mondo e il piacere di comunicarlo sono le due forze che alternativamente o spesso in congiunzione determinano ancora la rotta della mia vita.
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