La grande bellezza in una Spiaggia

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A cosa ci fa pensare una spiaggia. Per prima cosa ci fa venir voglia di toglierci le scarpe. Luoghi sacri e alcune abitazioni private ce l’impongono per rispetto o per l’igiene, ma la spiaggia non c’impone nulla, semmai ci suggerisce di metterci in libertà, perché è proprio con la libertà che noi l’associamo, con il vento e il respiro del mare. Una spiaggia può essere un confine tra il lato cosciente, che è la terra dove camminiamo, viviamo, e l’inconscio che è il mare profondo, mutevole, con le sue leggi. Un inconscio che elabora, metabolizza, produce. E se la sabbia fosse un elemento simbolico sarebbe il frutto dell’inconscio. Ogni granello di sabbia è un pezzo unico e dietro ogni granello di sabbia c’è una storia infinita di trasformazioni.

La sabbia è fatta essenzialmente di tempo. Nulla come la sabbia testimonia il tempo che scorre, e non solo dall’interno di in una clessidra. La sabbia è il prodotto più tangibile dell’azione incessante delle forze, degli elementi, di un lavoro che termina con l’erosione ma può partire dall’accrescimento degli organismi, che è una prerogativa della vita. Un ciclo cui prendono parte innumerevoli attori.

Le spiagge son tutte d’autori vari. I coralli fissano il calcare e altri elementi per accrescere le loro strutture. In migliaia di anni di lavoro arrivano a costruire torri, pareti, grotte, archi, atolli. Ma poi saranno sabbia, del tipo più rinomato: la sabbia bianca. Uno degli autori principali delle spiagge più bianche del pianeta è senza dubbio il pesce pappagallo. Deve il suo nome all’inconfondibile becco che usa per frantumare i coralli e nutrirsi delle alghe e dei polipini che vivono al loro interno. Per poter assimilare i nutrienti contenuti nei coralli il pesce pappagallo, questo distruttore autorizzato di barriere coralline, deve distruggerne una buona razione al giorno. rilasciando con le feci una certa quantità di sabbia calcarea. Un pesce pappagallo da solo può produrre fino a novanta chili di sabbia in un anno. Curioso pensare che una spiaggia esclusiva, di quelle che più bianco non si può, deve la sua esistenza alle deiezioni di un pesce neanche particolarmente bello. Altri autori importanti sono il vento e le onde, che consumano le rocce o continuano ad usurare i frammenti di corallo più grandi. Ogni granello è frutto di innumerevoli ondate, dello smeriglio di altra sabbia portata dal vento o dall’onda. Ogni granello ha dunque una sua storia, una sua origine, una sua forma. Ma se si ha voglia di perdersi dentro un altro universo, i gusci dei molluschi e le parti dure degli echinodermi sono le strutture che più fanno vorticare la mente. Vederli ingranditi è come scoprire una galassia all’interno di un atomo.

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E proprio questa sorta di vertigine deve aver provato Gary Greenberg, scienziato, quando ha iniziato ad esplorare i granelli di sabbia con potenti microscopi. Da questo viaggio è nato un libro: ‘A Grain of Sand – Nature’s Secret Wonder’ (Un Granello di Sabbia – Meraviglia Segreta  della Natura), un libro che esplora il mondo microscopico dei granelli di sabbia con fotografie a dir poco spettacolari, frutto di una tecnica fotografica messa apunto da Greenberg stesso: “Prendo decine di immagini da diversi punti focali per poi combinarle utilizzando un software. Anche se le immagini sembrano semplici, la foto di ogni granello di sabbia può richiedere ore prima che io sia soddisfatto.” Per maneggiare i suoi granelli di sabbia sul set fotografico Greenberg usa aghi per agopuntura. “Ogni granello di sabbia è un gioiello che aspetta solo di essere scoperto. E’ incredibile pensare che quando camminiamo su una spiaggia poggiamo i nostri piedi su una miriade di piccoli tesori.” La spiaggia più vicina al suo laboratorio è Haiku, nelle Hawaii, ma le sue foto ritraggono sabbie provenienti da tutto il mondo, dal Giappone all’Irlanda.

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Siamo cresciuti con l’affascinante nozione che ogni fiocco di neve è un’opera unica della natura, oggi sappiamo che ciò vale anche per i granelli di sabbia. La sabbia, come la neve può anche evocare l’effimero. Si dice: ‘come castelli di sabbia’, o ‘come neve al sole’ quando ci riferiamo a qualcosa che durerà poco. Ma la sabbia di un castello rimarrà sabbia, ovvero quell’insieme incalcolabile di piccole gemme, la neve sciogliendosi perderà ogni caratteristica di unicità. La speranza è che l’acqua, elemento fondamentale per la vita sul pianeta, continui a trasformarsi, che continui a nevicare malgrado il riscaldamento globale. E non solo per produrre altri microscopici tesori. Come speriamo di non vedere mai, al posto di una distesa di piccole gemme, una distesa di microplastica.

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