Il cibo esotico giova alla salute delle tartarughe
posted by Barbara Dalla Bona | Aprile 21, 2015 | In Home, Vita sul Pianeta | Articolo letto 3.356 volteLa maggior parte delle ricerche nel campo delle invasioni biologiche finisce implacabilmente per sottolineare la sfilza di impatti ecologici negativi che comunemente esse generano.
Esiste almeno un caso, oggi documentato, in cui alcune specie vegetali invasive hanno contribuito al miglioramento della dieta di uno tra gli animali più affascinanti e pericolosamente minacciati al mondo: le tartarughe giganti delle Galapagos.
Sull’isola di Santa Cruz, le prime piante esotiche hanno iniziato a diffondersi già nel 1930, quando la vegetazione autoctona è stata sradicata per dare spazio all’agricoltura. Da quel momento molte altre specie sono state introdotte e si sono naturalizzate con enorme successo.
Sorte inversa hanno avuto le tartarughe giganti, oggi simbolo delle Isole Galapagos; presenti un tempo in tutti i continenti, il loro areale attuale si limita all’atollo di Aldabra, nell’Oceano Indiano e, appunto, l’arcipelago delle Galapagos nel Pacifico orientale.
Nonostante questi magnifici animali siano stati oggetto di studio già dal 1970, molte ricerche recenti sull’ecologia delle tartarughe giganti e le interazioni di questi esemplari con altre specie, non hanno avuto l’eco meritato e non gli è stato dato spazio sulle riviste internazionali.
A causa di questa mancanza di informazioni, quando, qualche anno fa, un team di ricerca internazionale decise di implementare un sistema di localizzazione GPS per le tartarughe, pochi avrebbero immaginato quanto fossero mutate nel tempo le abitudini alimentari di questi rettili.
Il primo risultato dell’analisi dei dati sugli spostamenti delle tartarughe ha portato alla luce un’abitudine bizzarra: i grossi e pesanti animali erano soliti migrare dalle pianure aride agli altipiani umidi, secondo un modello che rispecchiava perfettamente i periodi di maggiore produttività vegetale.
I ricercatori hanno ritenuto molto strano questo comportamento: perché un rettile di 250 kg, che può sopravvivere un intero anno senza bere ne mangiare, dovrebbe faticosamente inerpicarsi lungo il versante di un vulcano, quando potrebbe semplicemente aspettare che la pioggia riporti un po’ di verde anche nel suo habitat?
Per scoprire qualcosa in più, i ricercatori hanno voluto inseguire ciascun esemplare per un breve lasso di tempo, osservando e annotando tutto ciò che ingurgitava.
Lo stalking scientifico ha dato ottimi risultati. I ricercatori possono affermare con certezza che le specie alloctone, al momento, rappresentino la base dell’alimentazione delle tartarughe. Il motivo di tale preferenza non è difficile da intuire; prendiamo ad esempio gli alberi del genere Psidium; lo Psidium galapageium, specie autoctona, è da sempre presente nell’alimentazione delle tartarughe ma produce piccoli frutti amari con molti semi Il corrispettivo introdotto, lo Psidium guajava, cresce in densi popolamenti che rilasciano a terra i loro abbondanti frutti molto più dolci e carnosi. Perché non approfittarne?
Il team, che comprendeva anche Sharon Deem, veterinario ed epidemiologo presso lo zoo di St. Louis, ha valutato anche lo stato nutrizionale delle tartarughe e tutti gli indicatori presi in considerazione hanno suggerito che l’introduzione di specie alloctone nella dieta delle tartarughe ha contribuito a migliorare le loro condizioni nella stagione secca e a ridurre drasticamente la loro disidratazione.
La ricerca, pubblicata nel numero di marzo di Biotropica, è stata condotta da Stephen Blake, ricercatore presso la Washington University di St. Louis e Fredy Cabrera della Charles Darwin Foundation, nelle Galapagos.
“La conservazione della biodiversità è un problema enorme sulle isole Galapagos” afferma Blake. “Sradicare le oltre 750 specie di piante invasive è quasi impossibile, e anche il loro solo controllo appare difficile. Fortunatamente, la conservazione della tartaruga gigante sembra essere compatibile con la presenza di alcune specie introdotte.”.
Per approfondire:
- http://www.sciencedaily.com/releases/2015/04/150406120857.htm
- http://biotropica.org/biotropica-472-editors-choice-invasive-plants-the-diet-of-endangered-galapagos-tortoises-2/
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About The Author

Barbara Dalla Bona
Sono nata nel Gennaio del 1981, nel cuore della fredda pianura pontina, con sangue veneto e occhi siciliani. Da bambina Latina e' tutto il mio mondo, da esplorare e conquistare con una bici e un po' di fantasia ma, nell'adolescenza, la provincia si fa stretta. Inizio a viaggiare e mi conquista una Londra dinamica e multiculturale. All'universita' mi trasferisco a Roma; frequento la facolta' di Scienze Naturali e rimango affascinata, piu' di quanto non lo fossi gia', dalla magia nascosta in ogni fenomeno naturale. La mia voglia di conoscere il mondo, pero', e' irrefrenabile. Viaggio per Africa, India e America centrale finche' non decido di frequentare un anno accademico a Valencia, in Spagna. Dopo la mia laurea collaboro con il Centro di Ricerca Interuniversitario sulla Biodiversita'; nel frattempo vinco una borsa di studio post lauream per svolgere un progetto di ricerca sull'ecologia delle specie vegetali esotiche in una prestigiosa universita' californiana. E' li' che, per la prima volta, sento la nostalgia della mia pianura con i suoi laghi e le sue spiagge. Al ritorno da quella esperienza fantastica mi butto a capofitto in un progetto di educazione e interpretazione ambientale nel territorio del Parco Nazionale del Circeo; progetto in corso ed evoluzione gia' da un paio d'anni ma che da quel momento diventa la mia attivita' principale. La voglia di conoscere il mondo e il piacere di comunicarlo sono le due forze che alternativamente o spesso in congiunzione determinano ancora la rotta della mia vita.
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