Miti del Mar Rosso: Franz – seconda parte

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Non avevo ancora scritto ‘Figli di una Shamandura’, quindi ancora nessuno lo chiamava Franz, io allora lo chiamavo Dr. Livingstone. La sua email mi raggiunse in Spagna dall’Australia che nel frattempo s’era girato in lungo e in largo (80.000 chilometri) con una vecchia Land Cruiser. Gialla, dell’84. Diceva che dovevamo vederci tutti in Egitto. Le nostre strade, quella mia e del Dr.Livingstone, s’erano separate in Australia ma si incrociavano di nuovo in Egitto. Tutta colpa di Steve, che tornato dallo Honduras aveva diramato a tutti noi una novità: il governo egiziano vendeva lotti a Marsa Alaam a un dollaro al metro. Stavano anche costruendo un aeroporto, così pareva. Ma avendo girato un po’, di frottole su aeroporti in costruzione e terreni in vendita a un dollaro a palma (o al metro, dove non crescono palme) ne avevamo tutti ascoltate tante, ma tante. Decidemmo di tornare in Egitto per investigare. All’epoca c’era un solo albergo, il Kahramana, e una manciata di campi tendati, il Red Sea Diving Safari. Franz riuscì a tirare giù dal letto il direttore dei lavori, un ingegnere olandese disponibilissimo, farsi mostrare le mappe e un plastico con gli aeroplanini, la pista, le torri di controllo. Poi il crollo di due torri a New York dissipò ogni prospettiva. Scoppiarono altre guerre, che gettarono su tutta l’aerea un’ombra di incertezze. L’ultima guerra trovò me in Indonesia, Franz in Egitto. Lui partiva, io tornavo. Lui si trasferiva in Scozia, io ritornavo a Sharm el Sheikh. Il mazzo di chiavi del suo appartamento passava dalle sue mani alle mie.

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“Avevi ragione: impossibile resistere più di quattro anni in Scozia.” Me lo disse esattamente quattro anni dopo la consegna delle chiavi. Franz era di nuovo lì, a Sharm el Sheikh, in quella casa che adesso era la mia, con al seguito le sue innumerevoli casse di alluminio. Libri: sugli uccelli, sui deserti, su popolazioni sconosciute, sui pesci, sui mammiferi, sui mari di tutto il mondo.

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“Avevo pensato di poter resistere in Scozia viaggiando spesso in Indonesia, ma a ogni ritorno mi mancava la luce. Gli inverni su sono insostenibili, vedi un sole pallido per una manciata di ore al giorno. L’Egitto avrà i suoi difetti, ma qui… è un’altra storia.”

I suoi viaggi in Indonesia non erano da braghe in spiaggia. A Bali scopre un grande bottleneck di rapaci migranti attraverso lo stretto di Lombok. Già, cos’è un bottleneck… Letteralmente collo di bottiglia, un restringimento; in ornitologia è un punto dove le masse migratorie confluiscono, soprattutto per attraversare bracci di mare. Franz pubblica la sua ricerca scientifica. Poi scopre il più grande bottleneck mai sospettato attraverso il Mar Cinese, nell’isola di Sangihe, a Nord di Sulawesi, sempre in Indonesia.  Questo gli merita il riconoscimento internazionale come ricercatore.

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In Egitto assume l’incarico di un progetto di ricerca sul Falco Pellegrino. Ma chissà com’è ogni progetto di conservazione che preveda attività sull’isola di Tiran, nell’omonimo stretto, è destinato a fallire. O a essere sabotato. In questo caso fu il direttore del Parco di Ras Mohammed a farlo. Così il mondo non seppe nulla dei Falchi Pellegrini che migrano in quella zona.

Sì, certo, il mondo può sopravvivere a cose peggiori del non conoscere le rotte del Falco Pellegrino, peccato che i dati raccolti su queste migrazioni vengono utilizzati in campi insospettabili. In meteorologia, per esempio. Pare che il Falco Pellegrino, e chissà quante altre specie, siano in grado di scegliere il momento giusto per attraversare grandi estensioni di mare. Prevedono venti e correnti atmosferiche? Probabilmente non lo sapremmo domani, ma un database sulle scelte fatte da certe specie migratorie potrebbe esserci di immenso aiuto per interpretare un clima impazzito. Ma non si arrende.

Sul tavolo di Franz, un giorno, vedo innumerevoli sacchetti di plastica auto-sigillanti pieni di palline nere. Sono cacche, cacche di  capra. “Stiamo cercando di scoprire le differenze genetiche tra le Capre di Barberia a est e a ovest del Nilo. Anche questo dato porterà a svolte importanti in altri campi. Domani sarò al Cairo, a prendere il DNA con dei tamponi dalla bocca degli esemplari che hanno lì in custodia allo zoo. Vogliamo capire se sono una specie diversa.”

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Gli domando se sta cercando di capire quanto è vecchio il Nilo. Lui ride, con quella faccia d’attore. Non è il suo compito scoprirlo, ma probabilmente qualcuno ha già calcolato quanto tempo potrebbe intercorrere per quella differenziazione genetica tra i gruppi di capre in esame. Così il suo luogo d’elezione diventa il Western Desert, o Great Sand Sea. Ormai, credo, lo conosce come le sue tasche. Mi mostra le foto della grotta dei nuotatori, quella scoperta da Almasy, celebrato nel film il Paziente Inglese.

“Un giorno ti ci porto” mi fa. Se sai leggere una mappa entri perennemente nelle sue grazie. Come a Bali, quando la mia compagna orienta una mappa correttamente e incolla col nastro adesivo mappa e post-it con gli appunti sul chilometraggio proprio sul cruscotto.

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Bali. Lui era appena tornato, io appena arrivato. L’unico giorno di sole lo trascorriamo in casa a vedere le sue foto di tre mesi trascorsi in mezzo agli Asmat, cannibali pentiti che dormono sui teschi degli antenati. No, non cercava il petrolio, cercava gli Sparvieri Cinesi. Da qualche parte quei rapaci migratori che attraversavano il Mar Cinese dovevano approdare.

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Il mio io narrante, se devo parlare di Franz, è quasi inevitabile. Non solo le nostre strade continuano a intrecciarsi, ma se gli chiedi un’intervista è capace di risponderti che non saprebbe cosa dire, o cose tipo che c’è qualcuno più qualificato di lui sull’argomento. Franz,  malgrado una statuetta (un Oscar) che custodisce in casa è estremamente riservato, uno che preferisce starsene lontano dai riflettori.A Edimburgo Franz mi accoglie con la sua solita aria indaffarata. Niente ventiquattrore, figurati: ha su un Bergen e un paio di Wellies incrostati di fango, saliamo sul fuoristrada. Da quando è tornato in Scozia si è messo a studiare una popolazione costiera di Falchi Pellegrini tra Edimburgo e Berwick.

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“Passeremo per il posto più bello che c’è nei paraggi, Saint Abbs” mi dice. Sto zitto. La vegetazione in riva al mare è quella che qui giù trovi su un passo alpino. Franz mi indica la centrale nucleare.

“Lì c’è una coppia di falchi, nessuno li disturba; ma io devo controllare se ci sono ancora, se si sono schiuse le uova eccetera eccetera. Un giorno mi trovo circondato da uomini neri con i passamontagna, i giubbetti antiproiettile e mitragliatrici che urlano come pazzi. Io ero uno con un binocolo potente mimetizzato nell’erba che guardava la centrale nucleare, mi hanno preso ovviamente per un terrorista. Gli ho mostrato la mia autorizzazione ed è finita lì…” Ecco il promontorio. Descrivere il legame che ho con quel luogo è difficile. Franz mi sta riconsegnando il Mare del Nord. Gabbiani e sule volteggiano sugli strapiombi sotto un cielo grigio. Saint Abbs.

“Questo è il posto più bello di tutta la zona” mi fa.

Il Royal National Museum of Scotland è a due passi dalla moschea, dove servono forse il miglior curry di Edimburgo. C’è qualcosa che Franz mi deve mostrare assolutamente. Il museo sta per chiudere, ma ci fanno entrare lo stesso. Franz si mette davanti a un pannello.

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