Aree marine protette c’è chi dice no..
Capo Testa, in Gallura, è candidato ad Area Marina Protetta. Ma c’è chi non vuole.
Chi può opporsi alla creazione di un’ Area Marina Protetta? Di solito persone che potrebbero subire una perdita economica, come i palazzinari che si vedono chiudere l’opportunità di nuove licenze edilizie, magari la costruzione di porti turistici, per l’imposizione di nuove e costose regole. Potrebbero opporsi i pescatori, che si vedono tagliar via un’area più o meno vasta dalle loro opportunità. Ma anche i diportisti che temono l’introduzione di nuove norme, come per esempio il divieto di dare ancora, e obbligo di ormeggio a boe designate, il che li escluderebbe dal poter pranzare in qualsiasi caletta a piacimento. Potrebbe opporsi chi teme l’introduzione di contingenti tra visitatori e natanti. E così via.
Tuttavia il vantaggio di una AMP è tale che le voci contrarie, a meno che non siano espressione di potentissime lobby, si adeguano volentieri . Il ritorno economico generato dal turismo sostenibile è tale da assorbire i malumori e trasformarli in felicità. Riporto solo un breve paragrafo da areemarineprotette.it, ma vale la pena leggere tutta la pagina.
“L’area marina protetta, la cui funzione principale è la protezione ed il ripristino dei valori biologici, assume un ruolo centrale nell’incentivare l’uso sostenibile di tutte le risorse presenti sul territorio ed induce gli stakeholders territoriali a progettare e costruire strategie di sviluppo del settore turismo basate sulle risorse locali , autosostenibili nelle modalità di attuazione e che si avvalgono di relazioni globali.”
E’ inconfutabile: le Aree Marine Protette svolgono un ruolo fondamentale nell’attirare turisti, soprattutto del tipo interessato al territorio e alle economie locali, turisti che vengono sottratti a spiagge e fondali che non offrono le stesse garanzie paesaggistiche, di biodiversità, di qualità delle acque. Le aree marine protette, quindi, rendono tantissimo e vanno incentivate. Lo hanno dichiarato le Nazioni Unite attraverso vari organi come l’Organizzazione Mondiale del Turismo e l’UNESCO, l’Unione Europea, lo ha detto John Kerry, segretario di Stato americano affermando che l’emergenza oceani è un problema di sicurezza globale. problema che va contrastato con la creazione di santuari marini.
I più grandi nemici delle AMP sono più che altro i budget limitati dei governi. Se non ci si mettono grosse lobby di mezzo, come quelle della pesca e del petrolio, è molto difficile che un semplice gruppo di pressione sia in grado di bloccare una iniziativa dal sicuro riscontro economico, ambientale, paesaggistico etc. etc. etc. Più facile è che l’iniziativa si fermi per la mancanza di fondi o s’impantani nelle paludi burocratiche.
Due gruppi a dir poco inaspettati si oppongono all’istituzione dell’Area Marina Protetta di Capo Testa in Gallura. Uno è una specie di pro-loco una organizzazione locale che si oppone più per puntiglio che per altro: ‘L’istituzione è stata decisa da Roma, non siamo stati interpellati, neanche con un referendum.’ È questa la loro posizione in sostanza, posizione che entra nell’ottica di ben noti sentimenti d’indipendenza, voglia di democrazia diretta e di riconoscimento della conoscenza del territorio. Ma il gruppo che stupisce di più è quello formato dagli apneisti attraverso diversi magazine e network specializzati che minacciano di lasciare la Gallura, proprietari e vacanzieri ospiti, se verrà costituita un’area marina protetta, in quanto verrà loro impedito di pescare. Ovviamente in apnea. Cos’è la pesca in apnea?
Un po’ di chiarezza. Il giudizio morale sulla caccia o sulla pesca è un giudizio subordinato alla sensibilità individuale, se non a posizioni ideologiche, quindi lo lascio volentieri altrui; diciamo che la pesca in apnea, se correttamente condotta, non è distruttiva e c’è chi dice che può contribuire alla selezione naturale sostituendosi alla mancanza dei predatori d’apice. E’ anche più ‘formativa’ della pesca condotta dalla superficie con ami e lenze, in quanto obbliga il pescatore ad una performance atletica di alto livello psicofisico, per di più in un ambiente estraneo. Formativa sì, ma certamente più spietata della pesca a rilascio: nessuna preda infilzata da una fiocina ha la possibilità di sopravvivere. In più le prestazioni stanno aumentando.
Pesca a strascico e altri innumerevoli abusi producono danni ben maggiori, ma il rumore di fondo sposta l’attenzione da quelli che sono i veri problemi formattandoli in un contesto morale, emozionale o ideologico/religioso. Un pescatore in apnea, al di fuori di un’area marina protetta, ha il diritto di prelevare un minimo, ma il controllo sul pescato e sull’approvvigionamento di pesce fresco presso i ristoranti locali, senza l’investimento per la tutela di una AMP è inconsistente. Difficile aspettarsi che ci siano controlli adeguati sulla provenienza del pesce esposto nelle ghiacciaie dei ristoranti. E non solo.
La visione del mare (e del pianeta) come territorio di caccia, è purtroppo ancora in auge, il mare dovrebbe essere un santuario destinato alle poche generazioni che possono ancora ammirarlo. Prima o poi diventerà davvero una distesa verdognola e untuosa come certi laghetti artificiali nei giardini privati, tiepidi e asfittici, e con tanta plastica in più rispetto ad una pozzanghera condominiale. Ciò che sconvolge in questo piccolo caso è che chi si oppone non è una Shell o una BP, né i palazzinari locali, ma per ripicca un ente locale e centinaia di pescatori in apnea che in sostanza il mare dovrebbero adorarlo, a prescindere dall’ego soddisfatto da certe catture. Sicuramente un braccio di ferro che si risolverà non appena arriverà la copertura finanziaria.
In caso contrario chi ne farà le spese sarà solo il mare. E il mare, come l’aria, sfugge sempre: è di tutti. Né dei pescatori in apnea né delle organizzazioni locali.
- http://www.apneapassion.com/it/notizie/dall-italia/40-ap-a-difesa-dei-diritti-dei-pescatori-in-apnea-in-sardegna
- http://www.apneamagazine.com/ecco-perche-la-pesca-in-apnea-e-bandita-da-tutte-le-amp-italiane-22936
Sono stato uno dei primi a rispondere e commentare questo articolo tanti anni fa e poi non l’ho più seguito. Adesso la rete web me lo ripropone e vedo che, dopo il mio intervento sui regolamenti dei cosiddetti parchi, si era sviluppata una accesa discussione in cui molte persone di livello alto, segnalo in particolare Perna e Giorgio Volpe, hanno dato un contributo di conoscenza altissimo che, a mio avviso, è stato il perfetto complemento al mio pezzo in cui rivelavo, affrontando il tema dal punto di vista giuridico, la vera natura dei cosiddetti parchi marini che, perlomeno in Italia, sono molto più aree marine privatizzate piuttosto che protette. Detto questo concluderei affermando che questo è un caso in cui il livello dei commenti si è rivelato talmente superiore, per padronanza della materia e conoscenze specifiche, al livello dell’articolo stesso, che tale fatto anomalo non può che far riflettere su quali siano le cause del problema della cattiva politica del mare nel nostro paese.
Questo l’articolo che ho pubblicato al riguardo su Pescasub & Apnea…. mi sembra che ci sia poco da aggiungere….
AMP – Aree Marine Privatizzate
Dopo aver scritto sul tema un post su Facebook che ha avuto centinaia di condivisioni ho deciso di pubblicare un articolo su Pescasub & Apnea per approfondire. Oggi lo riporto qui integralmente perché spesso la più grande ingiustizia si nasconde dietro la facciata più rispettabile.
LE AREE MARINE PROTETTE IN ITALIA – MA PROTETTE DA CHI?
TUTTA LA VERITA’ SULLA PRIVATIZZAZIONE DEL MARE
Pochi giorni fa ho pubblicato su facebook un post senza pretese che parlava della vera identità dei parchi marini e che ha avuto un successo stupefacente, superando le cento condivisioni di lettori che volevano, a loro volta, divulgarlo. Evidentemente avevo toccato un punto nevralgico e allora ho pensato di scrivere un approfondimento sul tema (chiave) del vero carattere dei parchi marini, istituzioni che sventolano la parola “parco” come fosse una bandiera di cui si sono appropriati (peraltro indebitamente) ma la cui identità segreta merita di essere indagata più a fondo andando, oltre alla superficie dei luoghi comuni e cercando la verità che è nascosta dietro i discorsi pomposi e le frasi retoriche dei tanti “Cetto Laqualunque” della politica italiana.
Quel mio post era semplice, commentava la foto di un sarago che avevo catturato la mattina e che avrei onorato a tavola con mia moglie la sera stessa e il titolo sopra la foto affermava “un sarago vi spiega cos’è un parco marino”. Il testo, in poche parole, illustrava come quello stesso sarago locale avrei potuto mangiarlo anche se fossi stato in vacanza in un cosiddetto Parco Marino ma avrei comunque dovuto pagarlo a qualcuno (pescatore locale o Ente parco per una licenza di pesca) e chiariva, quindi, come tutta la differenza tra la località dov’ero in vacanza io e un Parco Marino fosse costituita soltanto da quei soldi che qualcuno avrebbe incassato dalle mie mani per vendermi il sarago o per consentirmi di catturarlo. Quindi, se tutta la differenza tra un parco e un normale litorale consiste solo nel pagamento di soldi a qualcuno, questo significa che quel mare – che prima era di tutti – non viene vietato a tutti per tutelarlo e preservarlo a favore di tutti, ma viene invece sfruttato solo da qualcuno che ne diventa di fatto l’unico titolare (l’Ente parco, i suoi autorizzati e gli autorizzati degli autorizzati). Quel sarago, che prima era della natura e quindi di chiunque fosse abbastanza bravo da catturarlo (rispettando le leggi sulle modalità di pesca), adesso era diventato di qualcuno il quale, grazie ad una legge iniqua, lo aveva sottratto a tutti gli altri cittadini e, si badi bene, non per salvarlo ma – bensì – per lucrare sul fatto di rivenderglielo direttamente o sottoforma di autorizzazione a pescarlo.
Come vi dicevo questo post ha avuto un successo senza precedenti con centinaia di messaggi di apprezzamento e nemmeno uno contrario. Allora ho cominciato ripensarci e mi sono reso conto che il sarago (nella sua qualità di preda di pesca) è importante per me che sono un pescatore in apnea ma, a ben vedere, non è certo l’unica cosa che si può fruire in un parco marino. Allora ho preso in mano, a caso, i regolamenti di tre parchi marini molto noti e mi sono reso conto che praticamente tutto ciò che esiste in un parco marino non è mai del tutto vietato, ma viene – invece – privatizzato e utilizzato solo da alcune categorie di privilegiati ovvero rivenduto a caro prezzo ai liberi cittadini a cui è stato appena sottratto a norma di legge.
DIVIETI E PRIVILEGI NEI PARCHI
Ma bando alle chiacchiere vediamo cosa emerge da una lettura sintetica dei regolamenti di alcuni famosi parchi. Premesso che i parchi sono di norma tutti divisi in zone con diversi livelli di divieti, sarebbe lungo noioso e anche inutile andare ad elencare in quali zone sia vietato questo piuttosto che quello. Diciamo che in generale esiste una zona più protetta che di solito si chiama “zona A” e che – quasi sempre – ha davvero una tutela integrale o quasi. Diciamo che se il Parco fosse costituito solo dalla “zona A” potrebbe considerarsi un qualcosa di quasi accettabile. Poi ci sarebbe da discutere su quali dimensioni debba avere tale zona, se sia giusto mantenerla fissa o piuttosto modificarla a rotazione, su come debba essere controllata, su come possano essere controllati gli accessi e tante altre cose. Ci sarebbe soprattutto da chiarire molto bene che tutti gli eventuali accessi (di puro godimento estetico e naturalistico) alla zona A non dovrebbero mai e poi mai essere riservati solo ad alcune categorie come i residenti, gli amici, gli autorizzati dai ministeri e altri privilegiati vari, ma dovrebbero essere invece concessi a tutti i richiedenti in modo rigoroso trasparente e, possibilmente, gratuito visto che, in questo paese, paghiamo di tasse ben più del cinquanta per cento dei nostri guadagni. Comunque la cosiddetta “zona A” potrebbe anche assomigliare abbastanza a quello che dovrebbe essere un parco nell’interesse di tutti. Ma si da il caso che la cosiddetta zona A sia soltanto uno “specchietto per le allodole”, un modo, cioè, per giustificare la privatizzazione delle altre zone di mare del parco stesso che non hanno nessuna ragione di esistere se non per il fatto di utilizzare una legge dello stato al solo fine di rendere privati beni pubblici di natura inviolabile e quasi sacra come le coste o il mare addirittura.
Ma facciamo una carrellata punto per punto.
FOTOGRAFIE E RIPRESE TELEVISIVE
Esiste qualcosa di più innocuo e immateriale di una fotografia o ripresa televisiva? Perché dovrebbero esistere vincoli all’attività di un cittadino che vuole fotografare la bellezza di un bene comune del suo paese? Perché quelle fotografie non dovrebbero poi essere sue e soltanto sue? Sembra di vivere in incubo ma se andiamo a scorrere il regolamento del Parco di Portofino leggiamo che le attività amatoriali di ripresa fotografica, cinematografica e televisiva devono essere preventivamente autorizzate dall’Ente gestore ed esercitate secondo le disposizioni dell’ente gestore. Poi si dice che l’Ente gestore può acquisire copia del materiale fotografico e audiovisivo professionale prodotto, per motivate ragioni istituzionali e previo consenso dell’autore, anche al fine dell’utilizzo gratuito, fatta salva la citazione della fonte. E conclude dicendo che la pubblicazione e produzione dei materiali fotografici e audiovisivi deve riportare per esteso il nome dell’area marina protetta. Il regolamento del Parco di Punta Campanella è molto simile ma aggiunge anche il pagamento di un rimborso spese per avere l’autorizzazione. Sintetizzando bisogna essere autorizzati e magari anche pagare una gabella, poi bisogna fotografare seguendo le indicazioni ricevute (come se le fotografie fatte dai turisti o dai documentaristi fossero un qualcosa che distrugge l’ambiente). Alla fine si dice che il parco può chiedere una copia e utilizzare il materiale gratuitamente e si impone l’obbligo di nominare il Parco in qualsiasi utilizzo del materiale. Chissà se posso far vedere le foto fatte con la famiglia al mare agli amici senza scriverci sotto (per esteso si badi bene) il nome del Parco dove eravamo? Siamo ai limiti dell’assurdo. Non essere proprietari nemmeno della propria immagine: tutto quello che si trova nel parco non è più nostro è solo dell’Ente parco e dei suoi amici.
TASSA PER I NON RESIDENTI
Facendo una battuta si dice che presto dovremo pagare anche l’aria che respiriamo. A leggere il regolamento del Parco sembrerebbe che questo alla Maddalena sia già vero, infatti nel regolamento del Parco c’è scritto che i non residenti nel comune di La Maddalena, che accedono nell’area del Parco sono tenuti al versamento della somma di euro 1/00 (uno/00) a favore dell’Ente parco. Naturalmente (manco a dirlo) sono esonerati dal pagamento di tali importi i nativi nel comune di La Maddalena e i proprietari di un’abitazione nello stesso comune, nonché i nativi e residenti da almeno 5 anni nel comune di Palau. E poi per essere sicuri di non dimenticare nessuno si dice che i villaggi turistici presenti nelle isole di La Maddalena, Caprera e Santo Stefano sono tenuti al versamento di 1 euro settimanale per ogni turista che risiede nelle strutture ricettive. Alla fine qualche sconto per amici non deve mancare e, quindi, si precisa che tali importi sono ridotti del 50% per i residenti nei comuni di Santa Teresa di Gallura e Arzachena. Che vi devo dire? Sarà pure soltanto un euro al giorno, ma perché dovrei pagarlo? Non siamo sul territorio della mia patria?
TRASPORTO PASSEGGERI, NOLEGGIO E LOCAZIONE IMBARCAZIONI
Il fatto di essere o meno in un Parco non si capisce perché dovrebbe influire sui servizi di trasporto e invece influisce eccome. Nel regolamento della Maddalena si dice che i relativi permessi sono rilasciati con priorità e fino al raggiungimento del 75% del servizio, ai residenti nell’area del Parco ed il rimanente agli operatori frontalieri tenuto conto delle necessità degli stessi sulla base della stagionalità e del numero dei visitatori. Inutile dire che “il soggetto richiedente deve inoltre dimostrare di essere in regola con i pagamenti dovuti al Parco negli anni precedenti”. Per sicurezza si precisa che le persone fisiche che chiedono tali permessi devono comprovare ai sensi di legge la residenza nel Comune di La Maddalena da almeno cinque anni continuativi a far data dall’emanazione del Regolamento. Le società di capitale, i consorzi, le cooperative dovranno avere, oltre alla sede sociale nel Comune di La Maddalena, il capitale sottoscritto, per almeno il 51 % da persone residenti nel Comune di La Maddalena da almeno cinque anni continuativi. Le società di persone, i consorzi, le cooperative, oltre ad avere la sede sociale nel Comune di La Maddalena, dovranno essere composte per almeno il 51 % da soci residenti anch’essi da almeno cinque anni continuativi nel Comune di La Maddalena”
Siamo abituati purtroppo a leggere con distrazione testi del genere senza approfondirne il significato. Ma se vi fermate un attimo a riflettere vi renderete conto che questo significa che poiché ci si trova in un parco (ma cosa c’entra il parco con i servizi di trasporto via mare?) possono lavorare solo le persone locali. Eventualmente per tutelare il parco si dovrebbero stabilire delle norme rigorose per la manutenzione delle imbarcazioni e per il controllo delle rotte, ma cosa c’entra che gli armatori siano locali o di un’altra regione italiana o europea?
IMMERSIONI SUBACQUEE CON AUTORESPIRATORE
Alla Maddalena per le immersioni i DIVING (centri di immersione subacquea) si applicano le stesse regole dei servizi di trasporto marittimo e cioè rilascio con priorità e fino al raggiungimento del 75% ai Centri di Immersione Subacquea residenti o consorziati con operatori residenti nell’area del Parco. Inutile dire che, comunque, ogni licenza è sottoposta ad una gabella da versare all’onniponente Ente parco e che “le immersioni con autorespiratore sono consentite, a titolo gratuito ai nativi o residenti nel comune di La Maddalena e ai nativi o residenti da almeno 5 anni nel comune di Palau”. Mentre invece i non residenti che vogliano effettuare immersioni con autorespiratore devono richiedere l’autorizzazione al Parco, versando un corrispettivo pari a : -Euro 5 per immersione singola; – Euro 75 per un abbonamento che consente di effettuare immersioni sino al 31 dicembre di ciascun anno. Mentre a Portofino, per ottenere le autorizzazioni per lo svolgimento delle visite guidate subacquee nell’area marina protetta e per l’eventuale utilizzo dei gavitelli singoli predisposti a tale scopo, i centri di immersione richiedenti devono risultare residenti nei Comuni ricadenti nell’area marina protetta e in quelli viciniori alla data del 26 Aprile 1999, o essersi associati entro il 7 agosto 1999 ai soggetti già operanti nei Comuni dell’area marina protetta alla data del 1 agosto 1998.
Sembra di sognare. Ma perché alla Maddalena bisognerebbe pagare per effettuare un’immersione naturalistica con bombole? L’Ente parco dovrebbe vigilare che il parco sia fruito secondo le regole senza danneggiarlo e non guadagnarci sopra. Il parco non è un business (almeno non dovrebbe esserlo). E se anche gli introiti sono destinati a sostentare il parco, perché alcuni dovrebbero pagare di più e altri di meno o per niente? Anzi casomai i residenti dovrebbero pagare di più, perché il parco è il loro nel senso che sono loro che lo hanno approvato con i loro organi rappresentativi e sono loro che lo gestiscono e sono loro che sono impiegati nell’Ente parco. E poi perché i centri di immersione autorizzati dovrebbero essere solo locali? Nel caso di Portofino si risale addirittura alla fine degli anni novanta per identificare i soggetti autorizzabili, credo che a questo punto si poteva scrivere direttamente il nome e il cognome delle persone autorizzate nel regolamento stesso così si sarebbe tagliato corto.
NAVIGAZIONE DA DIPORTO
Alla Maddalena i residenti possono esercitare la navigazione da diporto esponendo l’apposito contrassegno rilasciato a titolo gratuito dall’Ente. Ai residenti di La Maddalena sono equiparati i nativi nello stesso Comune, nonché coloro che posseggono un posto barca per almeno i 4 mesi presso strutture portuali autorizzate in La Maddalena o abbiano affidato l’imbarcazione per rimessaggio o guardiania a cantieri locali. Mentre i diportisti non residenti devono versare all’’Ente un corrispettivo giornaliero commisurato alla lunghezza fuori tutto dell’imbarcazione ed alla durata del permesso. A Portofino i diportisti devono richiedere per l’ormeggio all’Ente gestore il rilascio dell’autorizzazione a fronte del versamento di un corrispettivo, commisurato alla lunghezza fuori tutto dell’unità navale.
Io pesco solo da terra senza imbarcazione e (ovviamente) non ho mai messo piede in un Parco marino (e mai lo farò), ma leggendo queste cose mi chiedo veramente come le persone possano essere tanto inerti da sottoporsi a sopraffazioni del genere senza reagire perlomeno con la più elementare delle reazioni e cioè quella di andare a navigare dove, come minimo, la navigazione e l’ormeggio non siano di per se stesse sottoposte alla tassazione di qualcuno che legalmente è diventato i proprietario del mare (naturalmente siamo tutti dispostissimi a pagare i normali servizi di noleggio posto barca e servizi complementari, ma non è di questo che stiamo parlando).
SCUOLA DI VELA
E’ veramente sorprendente constatare come coloro che si sono esercitati in questa furba operazione dei cosiddetti Parchi marini si siano impegnati a fondo per essere sicuri di non dimenticare niente di tutto quanto è privatizzabile in uno specchio di mare, in modo tale da costringere chiunque faccia qualsiasi cosa a pagare da quel momento in poi la propria gabella all’Ente parco.
Alla Maddalena per l’esercizio di attività di scuola di vela nell’area del Parco è comunque previsto un corrispettivo di euro 150,00 (centocinquanta/00) per ogni imbarcazione di lunghezza fuori tutto superiore a metri 6 se dotata di motore ausiliario.
PESCA SPORTIVA
Arriviamo al punto dolente, quello della pesca sportiva e professionale. Fino ad ora abbiamo visto che nel “Parco” è tutto consentito purché si paghi e/o si sia autorizzati (io parlo di amici degli amici senza insinuare niente di illecito, ma solo perché, guarda caso, c’è il dato di fatto che gli autorizzati sono sempre persone locali a favore delle quali ci sono esplicite previsioni normative)
Alla Maddalena la pesca sportiva nelle zone Mb può essere esercitata dai residenti senza alcuna autorizzazione. Vengono equiparati ai residenti i nativi nello stesso Comune. Mentre ovviamente i non residenti di età superiore ai 16 anni che vogliano praticare la pesca sportiva devono munirsi di apposita autorizzazione rilasciata dall’Ente e dai rivenditori di materiali ed attrezzature sportive presenti nel territorio del Parco e convenzionati con lo stesso, il cui costo è così fissato : (1) euro 207/00 annue per la pesca effettuata da imbarcazioni, con la possibilità di richiedere un abbonamento mensile il cui corrispettivo è di euro 78/00; (2) euro 52/00 annue per la pesca sportiva effettuata da terra, con la possibilità di chiedere un abbonamento mensile il cui corrispettivo è di euro 6/00. Le tariffe di cui ai precedenti commi sono ridotte del 50 % per i residenti nei comuni compresi nel circondario marittimo di La Maddalena ed in quello di Golfo Aranci. I residenti nel comune di Palau possono richiedere i permessi per la pesca sportiva a titolo gratuito previa stipula di apposita convenzione tra l’Ente Parco e il Comune di Palau (mi sembra che abbiamo fatto una bella infornata di amici e di amici degli amici…..). In particolare la nostra pesca subacquea in apnea è consentita nelle zone Mb, escluse le aree di cui all’art. 10 e all’art. 34, solo ai residenti e nativi nel comune di La Maddalena e ai nativi o residenti da almeno 5 anni nel comune di Palau e può essere praticata dal 1° settembre al 30 giugno.
A Portofino invece la pesca subacquea in apnea è vietata in tutta l’area marina protetta e “la detenzione e il trasporto di attrezzi adibiti alla pesca subacquea all’interno dell’area marina protetta non sono consentiti”. Vorrei sottoporre alla vostra attenzione l’assurdità di questa ultima norma. Avete letto bene? La detenzione di attrezzi da pesca subacquea non è consentita all’interno dell’Area Marina Protetta. Cioè significa che non potete avere in barca o forse anche in automobile un fucile subacqueo o una fiocina? O forse non potete possedere nemmeno una muta mimetica? Badate bene non si parla di utilizzare gli attrezzi per pescare ma soltanto detenerli. Forse non potete tenerli nemmeno in casa se avete affittato una casa sul porto? Ormai Portofino è extraterritoriale e forse non si può nemmeno girare con una maglietta di un club di pescasub. Ma se ci trattano così perché dovremmo andarci? Perché non dovremmo sconsigliare a tutti di andarci? Praticamente ci trattano come dei “paria” come dei “reietti”. Sarebbe come dire che se andiamo in quella zona non dobbiamo farci riconoscere perché siamo persone non gradite. E se siamo persone non gradite perché dovremmo andare in quel posto e pagare fior di quattrini? A Punta Campanella invece si può trasportare attrezzatura del nostro sport nel Parco ma solo dietro autorizzazione. Ve lo immaginate uno di noi che fa la fila davanti all’Ente parco per dire: “scusate ho un ministen nel portabagagli posso entrare?”. “Si va bene, entra pure, ma che sia l’ultima volta che lo porti in giro in automobile”. E’ proprio bello sentire che siamo persone gradite?!?!?
Sempre tornando a Portofino vediamo che le altre attività di pesca sportiva sono consentite ma naturalmente nella solita maniera. Nelle zone B e C l’attività di pesca sportiva è consentita, ai soggetti residenti nei comuni di Camogli, Portofino e Santa Margherita Ligure alla data di istituzione dell’area marina protetta “Portofino”, previa autorizzazione dell’Ente gestore. Ai fini del rilascio deIl’autorizzazione alle attività di pesca sportiva nell’area marina protetta, i soggetti richiedenti devono versare all’Ente gestore un corrispettivo a titolo di diritto di segreteria e rimborso spese.
A parte che, in questo caso, nemmeno i locali si sono sottratti alla “gabella” non so se vi rendete conto di quanto sia mostruosa questa norma così apparentemente ragionevole che tutela i “poveri” pescatori locali. Praticamente queste persone che pescavano prima dell’istituzione del parco sono le sole che ci potranno pescare dentro per tutta la vita. Abbiamo creato una nuova nobiltà, un nuovo ceto patrizio, mentre la plebaglia di tutti gli altri pescatori italiani deve solo guardare e non toccare. Eppure ero convinto che Portofino fosse nel territorio italiano e che il parco fosse stato approvato dagli enti locali (regione e comuni del parco) e che quindi gli abitanti del posto fossero i primi a sottoporsi alle regole che loro stessi hanno promosso, approvato e imposto. Ma forse è proprio per questo che hanno approvato, perché le regole valgono soltanto per gli altri e non per loro che invece possono continuare a fare quello che facevano prima. Ma allora perché gli altri dovrebbero andare a Portofino a vederli pescare?
PESCA PROFESSIONALE
Ed eccoci al punto dolente, perché se almeno la pesca professionale fosse vietata si potrebbe anche sostenere (con fatica) che l’area marina protetta sia un qualcosa che (vagamente) si avvicina al significato della parola “parco”. Ma non è così e anche la pesca professionale è consentita purché ad effettuarla siano gli amici autorizzati (quelli che ci venderanno il famoso sarago da cui è iniziato l’articolo). Nel regolamento della Maddalena l’unico cenno che ho trovato sulla pesca professionale è che Nelle zone Ma e Mb del Parco è vietata la pesca esercitata con reti a strascico e attrezzi derivanti, l’esercizio della pesca subacquea professionale, nonché l’utilizzo di reti di circuizione quali i ciancioli. Inoltre è fatto assoluto divieto di praticare qualsiasi forma di pesca professionale e sportiva all’interno delle aree di tutela integrale classificate come zone Ma nonché in due piccole zone indicate in mappa. Si conclude dicendo che nuove aree di tutela integrale, a rotazione, verranno proposte ed individuate in accordo con le categorie professionali dei pescatori.
Lo so che non potete credere a quello che state leggendo ma è così. Tutto quello che non è vietato è consentito e quindi tutto il resto è consentito e se si vorrà estendere la zona di tutela bisognerà farlo “in accordo con le categorie professionali dei pescatori”. Sono loro i padroni e se si vuole andare a mangiare pesce alla Maddalena bisogna “pagargli il sarago”. Non ne faccio una questione di soldi, ma io sono un uomo libero e preferisco andare da un’altra parte e pagare, senza battere ciglio, il doppio l’affitto della casa, pagare il doppio il caffè al bar e mangiarmi il mio sarago che mi sono catturato liberamente da solo. Avrò speso di più ma non avrò subito una prepotenza, perché di questo si tratta, di una prepotenza legalizzata. A Portofino nelle zone B e C è consentita esclusivamente la piccola pesca artigianale, riservata ai residenti nei comuni di Camogli, Portofino e Santa Margherita Ligure, nonché riservata alle imprese e alle cooperative di pesca aventi sede legale nei suddetti comuni alla data di entrata in vigore del presente regolamento. Nelle zone B e C è inoltre consentita l’attività professionale per la pesca del rossetto (Aphia minuta), previa autorizzazione da parte dell’Ente gestore, con i modi e i tempi stabiliti dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, riservata ai pescatori professionisti in possesso di specifica licenza, che abbiano già svolto tale attività di pesca, autorizzata dal medesimo Ministero delle Politiche Agricole e Forestali prima della data 31 dicembre 2004 (solo quelli che pescavano prima del 2004….ecco creata un’altra stirpe di “nobili” autorizzati). Nelle zone B e C sono consentite le attività di pescaturismo, con gli attrezzi e le modalità stabilite per la pesca professionale al precedente articolo, riservate ai soggetti legittimati alla piccola pesca professionale di cui al precedente articolo, purché in possesso di idonea licenza all’esercizio della attività di pescaturismo. Nel Parco di Punta Campanella è consentita esclusivamente la piccola pesca artigianale, riservata ai pescatori, alle imprese e alle cooperative di pesca aventi sede legale nei comuni facenti parte dell’area marina protetta e nel Comune di Meta. E’ consentito anche il pesca turismo da parte degli stessi soggetti.
A parte la “furbata” di chiamarla “piccola pesca artigianale” non vedo nessuna differenza con il regolamento della Maddalena. Alla fine calano chilometri di tramagli e di coffe e quindi fanno una pesca professionale con vocazione industriale a tutti gli effetti (scritto così sembrerebbe quasi che dobbiamo ringraziarli perché non usano gli strascicanti o le cianciole). La verità è che pescano industrialmente nel parco e quel sarago non è più nostro, ormai quel sarago è loro per legge e noi possiamo solo comprarlo da loro oppure andarcene.
Come possano norme di questo tipo essere costituzionali, nella misura in cui riservano solo ad alcuni il godimento di beni pubblici che sono tra i più sacri e incedibili, è cosa che desta sconcerto molto più che semplice stupore e che dovrebbe imporre, a mio avviso, ad ogni persona che abbia in fondo al cuore un senso etico, l’imperativo morale di disertare per sempre tutte le aree marine protette, perché dove non arriva la legge umana dovrebbe esserci sempre la legge morale a indicare il cammino di ogni uomo che voglia essere in pace con la sua coscienza. E la risposta da dare a chi, con la prepotenza della legge, toglie al popolo ciò che è suo dovrebbe essere esclusivamente quella di lasciarlo solo con l’oggetto della propria indebita appropriazione e con il peso della propria coscienza. Dovremmo premiare invece con il nostro turismo le molte località coraggiose le cui amministrazioni si sono opposte e rifiutate, talvolta con dure battaglie politiche, di appropriarsi di ciò che è di tutti i cittadini per poi cercare di rivenderlo ai cittadini/turisti pensando di arricchirsi con questo tipo di scorciatoia, che io personalmente considero un immorale gioco delle tre carte. Privilegiamo, quindi, quelle località profondamente etiche che vogliono dare ai turisti un’onesta accoglienza e ricevere un giusto compenso per i propri servizi turistici quali alberghi, affitti, noleggi e ottima ristorazione.
Gherardo Zei
Sono un vecchio pescatore in apnea, non sono una persona di grande cultura quindi non so fare discorsi zeppi di paroloni iperbolici ma ho circa 51 anni di esperienza. Invece di litigare su chi ha ragione o torto sulle A. M.P cerchiamo di essere uniti nel salvare veramente il mare.Quando ho iniziato a pescare il mare era un acquario branchi di pesci pregiati ,e tante specie di pesce della catena alimentare. La pesca professionale negli ultimi 50/70 anni si è evoluta in modo vertiginoso, 1° da una flotta peschereccia quasi tutta remo velica ad una flotta totalmente motorizzata con motori cosi potenti da sradicare persino gli scogli, 2°a fatto ingresso il nailon con conseguenze devastanti, (prima le reti erano di cotone e tra una calata e l’altra passavano un paio di giorni per ripararle e tingere) ora le reti pescano 24 su 24 ore , 3°la tecnologia elettronica ha fatto diventare un deserto i nostri mari es,(loran g .p .s ecoscandaglio) . 4° I nuovi sistemi di pesca es(reti di circuizione volanti) hanno portato il mare quasi sulla soglia di non ritorno. 5° L’inquinamento che dagli anni 70 in poi ha distrutto ecosistemi bellissimi favorendo il fenomeno della mucillagine e tante altre cose strane. Per esperienza diretta dico una possibile soluzione, pescando su una serie di relitti sommersi della 2°guerra mondiale posti su un litorale sabbioso in provincia di Salerno ho ritrovato il mio mare di 50 anni fa cernie , ricciole ,saraghi, orate, e tanti pesci della catena alimentare .Ora da ignorante dico se la presenza di questi relitti impedisce la pesca a strascico e calare le reti da posta, perché non prendiamo per esempio del naviglio obsoleto bonificato dagli inquinanti e affondato su batimetriche adatte alla riproduzione dei pesci? In America prendono i vagoni vecchi della metropolitana li privano di inquinanti e poi li affondano in mare. sarebbe bello che anche da noi si facesse la stessa cosa, che associazioni di ambientalisti e pescatori sub collaborassero a bonificarli gratuitamente e poi farli affondare . Ora veniamo alla pesca in apnea quando ho iniziato a pescare le maschere erano rotonde e portavano degli incavi dove poter mettere le dita per compensare poi uscì la mitica pinocchio che fu tra le prime a far maschere sub con il naso, le pinne erano le rondine , i fucili erano i mitici saetta, la mia prima muta era in spaccato all’interno e liscia fuori che si strappava molto facilmente. Ora ci sono pinne in carbonio con tanti tipi di mescole e lunghezze ,mute molto morbide e calde ,per i fucili sono passato dal saetta (b) al medisten per poi arrivare all’ arbalete in carbonio poi sono arrivati i roller e quelli in legno, la compensazione non si sapeva cosa era , chi la conosceva se la teneva ben nascosta. Ora ci sono corsi di apnea a tutti i livelli quindi anche noi ci siamo evoluti. Quello che ho notato negli ultimi anni di pesca la quasi totale mancanza dei gamberetti di scoglio, della lattuga di mare e quella di alici e sarde che sono prede preferite dai predatori ,le vongole lupino non riescono a crescere che pochi cm. la vongola verace è stata rimpiazzata da quelle tailandesi molto più scadenti i calamari sono quasi spariti del tutto , poi invasioni di meduse anomale per la quantità eccessiva in pratica si sta avverando quello che circa 30/40 anni fa diceva un certo Jaques Cousteau .Quindi finiamola di scannarci tra di noi e pensiamo seriamente di far qualcosa per il mare. La politica dovrebbe fare leggi veramente a favore del mare es. controllo nella grande distribuzione, nelle pescherie, nei ristoranti delle taglie e misure minime di pesci e molluschi bivalvi multare salatamente chi vende il pescato, purtroppo la politica pensa solo a come accaparrarsi voti figuratevi se facessero delle leggi che vanno contro le lobby di potere. Purtroppo penso che il nostro amato mare diventerà un’ immenso lago vuoto, ai voglia di fare a.m.p. Poi secondo me escludere i pesca sub dalle amp lede l’art 3 della costituzione dice che tutti i cittadini hanno pari diritti e non possono essere discriminati. Scusate lo sfogo saluti a tutti
Gentile Paolo, il suo prezioso commento mi riporta a Enzo Maiorca.
Pochi mesi fa Enzo Maiorca ha detto ad un mio collega:
“Prima subacquei e apneisti erano molto vicini, quasi un tutt’uno, adesso no.”
C’è da chiedersi perché sia avvenuta la scissione. Qualcuno dice che l’apnea è sport mentre la subacquea è, in sostanza, escursionismo, c’è chi dice che il mercato delle attrezzature ha fatto la differenza.
Io non credo.
La differenza, secondo me l’hanno fatta scelte e orientamenti ben precisi.
I subacquei hanno scelto di guardare e studiare senza interferire, forse come conseguenza di norme che vietano ormai in tutto il mondo la pesca con l’autorespiratore, e gli apneisti che invece guardano, studiano e pescano.
Queste due attività sono impraticabili nello stesso luogo. Per una sfilza di motivi che vanno dalla sicurezza all’atteggiamento dei pesci. Un parco marino che vuole attirare subacquei non può permettersi pesce spaventato. Certo, l’altro opposto è il fish-feeding, dar da mangiare ai pesci, che è un altro modo di interagire negativamente con la fauna marina.
Io direi che il giorno in cui tutti smettiamo, sub e apneisti, di vedere il mare come una riserva di caccia o come un circo, allora potremmo fare qualcosa di concreto insieme. Ma finché gli apneisti saranno convinti che il loro impatto sia troppo trascurabile per essere un impatto ‘vero’, e i subacquei che il mondo è lì per essere fotografato a qualunque costo…
La tristezza vera è quella di programmi TV che quando parlano di mare parlano soprattutto di pesca e di cucina. Sappiamo tutti, oppure dovremmo saperlo?, che le ‘quote’ e la ‘salute dei nostri stock’ sono balle gigantesche, per niente sostenibili in un mare che sta peggiorando anche per altri fattori.
Non credo ci sia molto più da discutere, onestamente.
Posso solo intervenire, e spero in chiusura di questa lunghissima discussione, a favore del lettore ignaro, il quale crederà che chi vuole cacciare in apnea costituisca una maggioranza assoluta ed erudita e chi invece vuole evitarlo sia una minoranza ignorante, come si evincerebbe dai toni e dalla proporzione degli interventi.
Posso solo dire che nella vita ho avuto la fortuna di lavorare in decine di Aree Marine Protette sparse per il pianeta, paradisi che ho letteralmente ‘abitato’ vista la mia professione.
Posso dire che le aree più sane e curate sono quelle dove nutrire qualsiasi forma marina, raccogliere coralli o pescare è vietato.
In molte aree il solo possesso di un fucile subacqueo, quanto di una canna da pesca può portare all’arresto con ammende da decine di migliaia di dollari e mesi di detenzione.
Questo è quello che ho visto; è mio dovere riportarlo a beneficio del lettore, affinché si faccia una idea al di là delle polemiche sul sesso delle cernie.
Vorrei infine aggiungere che in ogni caso la pesca di qualsiasi tipo e le attività subacquee sono incompatibili per ovvi motivi di sicurezza.
Saluti a tutti.
Ecco, da questo suo ultimo commento, senza voler fare polemiche, emerge in buona sostanza che anche Lei, come noi pescatori in apnea, sta dicendo che le AMP Italiane, così come sono, non vanno bene. Nelle nostre AMP si pesca in ogni modo, anche con strumenti molto impattanti (reti, palangari, addirittura cianciolo nell’AMP di Nettuno), si fanno immersioni con ogni mezzo, il bracconaggio è imperante a causa dell’assenza di controlli (fatte rarissime eccezioni). Come Lei, altri non-pescatori che hanno qui commentato. Eppure, mi pare di capire, si continua ad essere a favore di queste strutture. Legittimo ma, a mio modestissimo avviso, poco coerente. Buon mare a tutti.
Le rispondo in un soffio: poco è sempre meglio di zero. E stia tranquillo che mi batterò, come ho sempre fatto, anche contro gli altri metodi di pesca nella AMP. Buon mare.
Vorrei proporre a Giorgio Volpe di approfondire almeno uno degli argomenti del dibattito per non vanificare completamente questo scambio. Tra sei mesi ci risentiamo e pubblichiamo i rispettivi risultati sull’impatto della pesca in apnea sulla cernia. Ad aprile 2016 esattamente. Possono partecipare tutti quelli che hanno qualcosa da dire a riguardo di sensato. Se Scarpati vuole compilare un dossier sull’esperienza personale, benvenga. Ognuno metterà in campo i propri esperti. Per il resto vorrei chiudere qui questa lunga serie di commenti e tirare le somme. Ha vinto ancora una volta la visione antropocentrica della natura del tipo.. (famo che..) un pò di pesce se lo vedono i turisti, un pò di pesce se lo pescano gli apneisti, un pò di pesce se lo prendono i pescatori e tutti contenti in una AMP ideale. L’avvento di Darwin non è mai stato registrato dalla cultura generale. Si pensa solo in termini di creazionismo e non evoluzionismo. Scienziati come Lorenz, Capra o Kunzig (tutti tradotti in italiano) che rispettivamente hanno scritto di comportamento animale, leggi fisiche che legano uomo e ambiente e storia del mare, non sono mai stati assimilati perché è difficile leggere, molto più semplice pescare nonostante il LIVING PLANET REPORT del 2014 abbia concluso che le specie animali si siano dimezzate dagli anni 70. Forse il pescatore in apnea ha le sue ragioni da vendere, forse è veramente escluso ingiustificato dalle AMP ma in tempi come questi non sarebbe moralmente più giusto che facesse un passo indietro? leggeremo i risultati sui dossier a ventanni per sapere chi è uscito vincitore morale da questo antagonismo…
Gentile signora Amati,
è vero… ci siamo lasxciati andare ad una discussione su di un dettaglio, concentrandoci su di un albero e dimenticando il bosco.
Se vorrà discutere, senza incursioni di interessi di parte … i motivi per cui si istituiscono delle AMP, solo sfiorati e per sbaglio nella discussione, sono a Sua disposizione.
In un mondo dominato da coloro che stanno portando la biosfera ad una ennesima probabile estinzione di massa forse dovremmo dimenticarci del proprio tornaconto (economico, ricreativo, di potere) per ricordarci che, fondamentalmente dobbiamo proteggere porzioni di mare perchè non sappiamo quello che facciamo.
Noi umani, per quanto pensiamo di essere onnipotenti ci muoviamo in mare come se camminassimo di notte con gli occhiali appannati in una cristalleria.
Decenni di ricerca in biologia marina. biologia della pesca, ecologia, ci hanno portato come risultato a tanti interrogativi, e l’atteggiamento di chi pretende di sapere cosa si può, cosa si deve fare è presuntuoso.
Noi dobbiamo salvaguardare almeno porzioni di mare per imparare come salvarne tutto il resto.
Il dibattito sarà lungo, è difficile,
Buon lavoro
Riccardo M. Strada
Gentile Sig.ra Amati,
ho inziato a fare la guida naturalistica 25 anni fa, vivo in mezzo alla natura – spesso con la testa sott’acqua – da quando sono nato e scrivo di pesca in apnea e normative dal 1999, sia sul web che sulla carta stampata.
Non voglio suonare offensivo né borioso, ma mi creda: non c’è alcun motivo per me di approfondire i temi qui sul suo sito, che si è occupato incidentalmente della questione con un articolo infarcito di imprecisioni e false informazioni.
Forse il dubbio circa l’obbligo morale di fare un passo indietro dovrebbe porselo lei… rispetto a temi verticali e complessi sui quali la sua testata non sembra in grado di esprimere particolari competenze.
Cordialmente,
Giorgio Volpe
Ho letto un po’ di post, non tutti lo confesso, perchè l’argomento della gestione della risorse naturali mi interessa. Purtroppo come spesso accade, proprio come per i capponi del Manzoni, nelle disgrazie ci si becca l’uno con l’altro senza arrivare ad una soluzione e senza riuscire a “beccare” il responsabile della disgrazia.
Cerco di spiegarmi velocemente. Non so se siete riusciti a cogliere una cosa interessante dalle tante discussioni; chi ha scritto l’articolo e i tanti che hanno replicato anche se hanno vedute diverse hanno una cosa in comune: godere del mare. C’è chi lo fa con le bombole e chi in apnea, chi con una macchina fotografica in mano e chi con un fucile. Sì un “odiato” fucile, ma che comunque ha un solo colpo, permette di scegliere la preda e chi spara deve guadagnarsi quel colpo. Questa persona sarebbe felice di stare lì in debito d’aria guardando solo sparute bavose? Lui, come chi fa foto vuole vedere pesce e se uno se lo porta a casa rispettandolo, come i veri pescatori sanno fare (attenzione che questo lo sta dicendo un vegetariano amante del mare)
Il problema è che in Italia ogni cosa viene legiferata e gestita nell’interesse personale o di lobby e non della comunità e della buona gestione dell’ambiente. Come molti hanno riportato (spesso purtroppo riferendosi all’estero) ci sono molti esempi di AMP gestite bene che portano pesci da ammirare in loco e da pescare nelle zone limitrofe con regole che non tengono conto di interessi economici, ma della sostenibilità. Ecco la soluzione. Politiche gestionali serie dettate dalla sostenibilità.
Questa roba non è fantascienza, è roba facilmente fattibile grazie a studi e esperienze, ma che non viene praticata perchè una delle conseguenze delle leggi fatte male è il creare scontento da cui discussioni inutili (permettetemelo) che non portano a nulla.
Se solo gli intenti simili che magari hanno origini apparentemente diversi si unissero le cose potrebbero cambiare nell’interesse di tutti e del mare.
Marco
Allego un video molto ben conosciuto a voi e tratto da apnea magazine.
Non c’è il nome del rappresentante ISPRA ma credo si tratti (dalla voce) del Dott. Tunesi (mi si corregga se sbaglio) che spiega la motivazione principale per l’esclusione della pesca subacquea dalle AMP.
Credo che per confutare la presa di posizione dell’istituto scientifico di consulenza del Ministero dell’Ambiente servirebbe “almeno” il titolo di una pubblicazione scientifica che dimostri il contrario.
https://youtu.be/hyDcRlE8jN4
Ci sentiamo presto
Riccardo M. Strada
Gentili Sig.ra Amati e Dott. Strada
Ci sono due punti (sugli altri) dell’intervento del Dott. Strada che mi hanno “impressionato” proprio per la competenza e l’esperienza del soggetto da cui derivano:
A) i pescatori in apnea sono responsabili della desertificazione di alcune zone di litorali italiani, a causa della loro grande capacità di prelievo e/o della loro incapacità (intrinseca, mi sembra di capire, nella categoria di pesca che pratichiamo) di osservare leggi e regolamenti (… “sparacchiatori di piccoli pesci” …);
B) che le A.M.P. devono diventare “acquari” ad uso e consumo dei villeggianti e, comunque del genere umano: in sostanza servono a far girare l’economia e in ultima analisi a far soldi.
Tralascio, per il momento, le altre “teorie” che non mi convincono e che rinvio ad un prossimo intervento.
Le domande che rivolgo alla categoria di chi propugna tali “teorie” e naturalmente anche al Dott. Strada sono queste:
1) Ma voi avete mai visto un pesce impigliato in una rete?
a. Lo avete mai visto mentre si dimena per liberarsi dalla stretta mortale ma invisibile della rete, che viscidamente e subdolamente lo ha intrappolato mentre, tranquillamente, andava ad espletare le sue naturali funzioni di nutrimento o di riproduzione o, semplicemente, si sollazzava con i compagni in giro per il suo territorio?
b. Cosa ritenete che i suoi simili pensino vedendolo dibattersi e disperarsi per non riuscire a liberarsi?
c. Saranno disperati per la perdita, ma questo “insegnamento”, permetterà loro di evolversi ed evitare il pericolo e salvarsi?
2) Avete mai visto un pesce allamato ad una esca (vera o finta che sia) strappato alla sua comunità ed al suo territorio e magari, anche ai suoi cari, come tenta di resistere e liberarsi da quella subdola ed infida esca che invece di essere ingoiata e nutrirlo, lo sta per uccidere?
a. Secondo voi quale insegnamento/reazione hanno i pesci che vedono i loro simili che, mentre mangiano un boccone prelibato (esca vera o finta che sia), sono trascinati, “tra urla e disperazione” , verso la superficie e scompaiono alla loro vista?
Secondo voi è più giusto, etico e/o naturale che i pesci siano ingannati in questi modi e, magari (per analogia con le teorie del dott. Strada), portarli a ritenere che, uscire a cercare cibo o “andare a spasso con la morosa” sia pericoloso, oppure che lottino (ad armi pari od impari rispetto alle altre forme di prelievo lo lascio stabilire a voi) con un “uomo nero” che scende in mare ed li insidia direttamente?
I nostri grandi scienziati e/o esperti hanno mai “chiesto” ad un pesce se “preferisce morire” intrappolato in una rete od appeso ad un amo o asfissiato da veleni e liquami oppure infilzato da una fiocina?
Infine, siccome mi piace parlare di fatti e non di teorie, di grazia, mi piacerebbe che mi si indicasse dove sta scritto (numeri di articolo alla mano), nelle leggi nazionali che regolano la istituzione di una A.M.P., che queste hanno come fine quello di diventare degli “acquari naturali” (mi basterebbe un “anche” acquari naturali) a disposizione del “cummenda” milanese o del “paisano” napoletano?
Non sono ne uno scienziato e ne un ricercatore, tanto meno un consulente di enti od istituzioni ma, da ex responsabile del controllo a mare, per parecchi anni, dell’A.M.P. Capo Rizzuto (ex Riserva Naturale Marina Capo Rizzuto), dovendo applicare norme e regolamenti nell’espletamento delle nostre funzioni quotidiane, a seguito delle indicazioni giunteci dal Ministero dell’Ambiente, mi sembra che di effetto acquario nelle leggi non si parli, ma di tutt’altro.
Senza dimenticare la cosa più importante:
secondo me, dire (nella sostanza) che il controllo, se c’è va bene se non c’è pazienza (mi scusi la semplificazione), è l’esempio lampante di come le A.M.P. siano diventate (o si vogliano far diventare) dei carrozzoni buoni solo a far soldi/carriera (e mi fermo qui), passando in secondo piano, quello che, invece, è l’essenza stessa di una Area Protetta: la protezione della natura senza se e senza ma.
Ben vengano quindi le A.M.P. dove è vietata tutta l’attività antropica: dalla pesca (tutte le forme sia sportive che dilettantistiche che professionali) alle immersioni (sia in apnea che con le bombole) dalla navigazione diportistica e commerciale all’agricoltura intensiva sulle coste, ecc.
Far questo ha un costo?
Sarebbero tra i pochi soldi ben spesi dallo stato Italiano.
Da pescatore in apnea sono assolutamente favorevole ad A.M.P. ….
Ma assolutamente senza figli e figliastri…….
Vogliamo parlare delle gestioni delle Amp?
Parliamo invece di responsabilità condivisa – lo stato/balia che ti aspetta in superficie con la multa come deterrente è per ignoranti, persone che ignorano i danni che fanno – non parliamo di gestione delle AMP perché è scaricare le responsabilità solo sulle autorità..
Più che di stato/balia parlerei di stato assente o connivente con gli ignoranti, che assicuro aver visto molto numerosi mentre si “beano” nella loro ignoranza.
Perchè invece di fare tante Amp non ci si preoccupa per trovare il modo affinchè tutto il mare venga rispettato e protetto come merita.
Troppi interessi in ballo?
Gentile Sig.ra Amati, gentile Dott. Strada,
per usare le parole spese dal dott. Strada al convegno di Mola di Bari dell’ottobre 2009, sono uno dei “distinti signori che partecipa ai convegni e scrive sulle riviste”.
Non volendo abusare dello spazio qui concesso, ho risposto in modo articolato ai commenti del dott. Strada direttamente su Apnea Magazine, dove si trovano informazioni e documenti non per “ironia” ma per “serietà editoriale” e controllo dei fatti, presupposto di ogni giudizio degno di tale nome.
Qui mi limito a constatare che a dispetto dei 36 anni di curriculum, sull’ermafroditismo proteroginico della cernia il dott. Strada sembra prendere un granchio, mentre il sig. Delli Carri appare più informato. Basta vedere cosa si dice sul sito dell’AMP di Portofino o sul sito Biologiamarina.eu (curato da colleghi del dott. Strada) per capire che le nostre osservazioni dirette trovano conforto anche a livello scientifico, mentre non è chiaro a quali pubblicazioni faccia riferimento il dott. Strada (magari può indicarcele, così le consultiamo).
Cordialmente,
Giorgio Volpe
Giorgio, attenzione quando leggete però, ho detto ‘ironia’ riferendomi all’ironia di essere costretta ad entrare nelle vostre pagine per trovare documenti che ho cercato di ottenere dall’ISPRA, non era riferito al vostro magazine. Se dovessi parlare in tono ironico dei pescatori direi senz’altro che non mi sorprende che pescate considerata la mole di aggressività che producete .. e comunque se c’è polemica sulla fisiologia delle cernie (ripeto lo studio è sul documento stilato dal Ministero) perchè non scrivete allo scienziato che lo ha redatto e fate apportare le dovute modifiche sul documento stesso? avete i vostri scienziati metteli in campo – ma cortesemente parliamo, come parlano i veri scienziati, di ricerche con firme dell’autore e date..
http://www.ildispariquotidiano.it/it/amp-licenziato-riccardo-strada/
Dunque quale insegnamento vorremmo trarne?
“Gentile” sig Gioffrè, non intendo aprire un dibattito sulle sue o sulle mie competenze.
Ritengo il suo post maleducato e scorretto, ma la ringrazio, dato che potrò usarlo per dimostrare il danno di reputazione che mi è stato portato da sindaci oggi indagati per fatti di corruzione nella causa di risarcimento per licenziamento illegittimo che ho intentato.
per chi fosse interessato, come lei a pettegolezzi rimarco che la verità ha sempre molteplici facce e la invito a leggere anche questa:
http://www.ildispariquotidiano.it/it/rigettato-il-ricorso-salva-regno-di-nettuno-buco-nellacqua-dei-sindaci/
Spero che questo aspetto della discussione si fermi qui.
Grazie
Gentile signor Volpe,
ho letto con attenzione il suo articolo su apnea magazine e, come lei dice, per non abusare di questo spazio risponderò dettagliatamente, se mi sarà permesso, sullo stesso media.
Posso solo dire che al di là della ovvia difesa di parte, con una ottima dialettica da parte sua, alla quale riconosco perlomeno la sincera convinzione, il suo intervento dimostra quanto sia urgente ed importante avviare una ricerca che identifichi con obiettività scientifica gli effetti della pesca subacquea sulla ecologia ed economia delle AMP.
Per quanto riguarda il mio licenziamenti, ordinato dal Direttore del consorzio mentre si trovava agli arresti domiciliari su ordine di un sindaco che era nelle patrie carceri, potremmo discutere a lungo.
Per fortuna la gestione dell’AMP è stata sottratta dal Ministro dell’Ambiente e TTM ad amministrazioni che hanno dimostrato di avere a cuore molte cose, tranne la gestione del mare.
La saluto
Riccardo M. Strada
Dott. Strada,
avrà notato che il nostro magazine segue il tema – inclusi i suoi interventi – con attenzione da anni e non in modo estemporaneo. Il nostro spazio è a sua completa disposizione.
Qui voglio solo sottolineare che il mio richiamo alla sua vicenda personale voleva solo evocare la girandola di interessi “deviati” che ruotano intorno alle AMP ed in alcun modo mettere in cattiva luce la sua immagine, che non è in discussione.
Cordialmente,
Giorgio Volpe
Gentile sig. Volpe, ho accennato una risposta in altra parte, qui, solo per completezza riporto il link alla scheda sulle cernie riportata sul sito dell’AMP di Portofino.
La invito a rileggere il contenuto, che, mi pare (ma potrei sbagliarmi) conferma in pieno le mie affermazioni.
La saluto
Riccardo M. Strada
Chiedo scusa ai lettori, avevo dimenticato il link
http://www.portofinoamp.it/it/schede-organismi.html?start=116
RMS
Salve sott. Strada,
Il link che ha postato è la prova di ignoranza o malafede nonchè cialtronaggine.
Se legge questa scheda specifica sulla riproduzione ci leggerà quello che risulta in vari studi scientifici che posso indicarle dopo che lei mi avrà prodotto uno studio recente in cui si attesta la favola della femminizzazione.
http://www.portofinoamp.it/it/schede-organismi/621-epinephelus-marginatus-riproduzione.html
Cordialmente,
Giorgio Volpe
Nel dubbio che la mia risposta da cellulare non sia giunta (nel caso lo fosse, potete cassare questo commento in fase di approvazione):
Dott. Strada,
il link che ha postato è solo segno della cialtronaggine di chi gestisce il sito dell’AMP, al netto di ignoranza e malafede.
Come potrà notare, in questa pagina dedicata alla riproduzione della cernia si dicono cose ben diverse e incompatibili con il contenuto da lei richiamato.
http://www.portofinoamp.it/it/index.php?option=com_content&task=view&id=621&Itemid=115
Solo oggi, grazie alla segnalazione di una amica leggo la interessante ed approfondita discussione avviata da Claudio Di Manao, che non ho il piacere di conoscere e me ne dispiaccio.
Vorrei aggiungere poche note, semplici, succinte e tecniche.
Mi presento: Riccardo M. Strada, fino a maggio Direttore dell’AMP Regno di Nettuno (Ischia, Vivara e Procida), prima direttore di Ventotene e Santo Stefano, Consulente all gestione di Baia e Gaiola ecc.
Oggi sto curando, come consulente delle Amministrazioni l’istituzione dell’AMP Isola di Capri, fortemente voluta dagli operatori locali.
Ho notato che nel dibattito, come spesso accade, abbiamo una voce (l’autore) ed una serie di commenti, tutti su di un solo argomento, la caccia subacquea.
Permettetemi di chiamarla caccia, dato che l’attività di inquadrare nella linea di mira un pesce e sparargli (non importa con quale propulsione) non mi sembra si possa definire pesca.
Ma questo nulla toglie all’attività ed alla sua natura.
Come ebbi modo di dire al convegno “pesca sportiva ed AMP” tenuto all’EUDI 2010 (vedi Pesca In Apnea N°4 aprile 2010 – pag.14-17) le AMP non sono pregiudizialmente contrarie alla pesca in apnea, sebbene vi siano alcuni grossi problemi che ovviamente coloro che la difendono minimizzano.
In estrema sintesi:
1) si parla di selettività della caccia subacquea, perchè il pescatore “preleva” solo gli esemplari più grossi. Forse non tutti sanno che per alcune specie questo è un aspetto devastante e distruttivo. Le cernie, per esempio, nascono femmine e diventano maschi sopra i 10 kili di peso, ed i maschi sono territoriali e nello stesso territorio esiste un solo maschio.
Va da sè che quando un apneista “preleva” il maschio presente in quel tratto di costa, le femmine della zona non verranno fecondate, e la colonia avrà uno stop alla rigenerazione.
ma di più, se i pescatori preleveranno tutte le cernie sopra, diciamo i sei sette chili, non vi sarà nessuna femmina in grado di evolvere e diventare maschio.
Poi gli apneisti preleveranno gli animali intorno ai quattro-cinque chili (pur sempre belle prede) dando il colpo di grazia alla colonia.
Questo fenomeno ha portato in passato all’eliminazione totale delle cernie in vasti tratti delle coste italiane, ma si può verificare per le orate, i saraghi, tutte specie territoriali ad inversione di sesso con l’età.
2) la funzione di un’AMP è anche quella di riconciliare l’uomo con la natura, permettendo anche al ragioniere milanese per nulla sportivo di nuotare con maschera e pinne insieme alla figlioletta di dieci anni, e godere dello spettacolo del mare.
Quando un pesce viene fiocinato da un apneista i suoi messaggi di morte e la sua morte vengono vissuti in diretta visiva dagli altri pesci presenti.
Questi quindi, fuggiranno alla presenza dell’essere umano, identificato come predatore, nascondendosi e coinvolgendo per imitazione i propri simili (i pesci imparano per esperienza diretta e per imitazione dei propri simili, fuggendo ai segnali di pericolo emanati da altri pesci spaventati)
Questo comportamento produce una sorta di desertificazione figurata, nel senso che i pesci ci sono, ma divengono invisibili a chi non conosca i trucchi del cacciatore e non abbia le doti di apnea di un buon praticante.
Di fatto questo distrugge uno degli scopi fondamentali di una AMP (quando andate nel Parco Nazionale D’Abruzzo, anche se non lo vedrete vi aspettate di poter vedere l’orso, e questo capita, allo stesso modo in una AMP vi aspettate di nuotare e vedere il pesce, e questo deve poter capitare).
3) Come evidenziammo nella tavola rotonda citata, al dibattito sulla caccia subacquea partecipano sempre atleti, profondi conoscitori del mare, “veri signori” ma, in ogni caso, se nelle AMP si permettesse la pesca subacquea, per motivi di eguaglianza costituzionale, l’apertura non potrebbe essere limitata a chi partecipa ai dibattiti. La mia esperienza è che in mare, laddove la pesca subacquea è permessa vi è una piccola quantità di pescatori sportivi dagli alti rendimenti ed in grado, volendo, di interloquire con le autorità, ed una massa, totalmente incontrollabile, di sparacchiatori, che scendono spaccando in due piccoli saraghi, piccole orate, piccoli cefali, piccoli….
4) Come al solito si è focalizzato il dibattito solo sul “dente dolente” della caccia subacquea, ma gli apneisti hanno ragione quando lamentano il prelievo devastante del vertical jigging o della pesca con il vivo… ma questo non cancella, per effetto del benaltrismo, il loro lato di problemi da risolvere.
5) La mancanza di sorveglianza, male cronico della mancanza di risorse delle AMP, non può certo far dire che le AMP non devono essere istituite, è la palese dichiarazione di incapacità, da parte di chi scrive, di rispettare il bene di tutti, cioè anche suo.
In ogni caso le AMP che funzionano ci sono, anche se non tutto è perfetto, e forse è proprio questo aspetto che allarma tanto alcuni “fruitori” del bene mare.
Saluto e mi riservo, se la moderatrice del gruppo me lo permetterà, alcuni approfondimenti.
Gentile Riccardo, sono l’editore del sito, la ringrazio molto per il commento che aggiunge una voce importante al dibattito. Ho tentato, da un mese, di contattare rappresentanti dell’Ispra per avere la loro opinione ma senza successo. Parte delle informazioni contenute nel suo intervento sono già presenti nel Dossier del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio datato 2008 che ho, ironia, scaricato dal sito Apnea Magazine, link nell’articolo in cui si contesta l’esclusione degli apneisti dall’AMP di Capotesta.
Noi giornalisti siamo in mezzo tra i pescatori offesi ingiustamente e il silenzio dell’ISPRA. Lei finalmente ha colmato un vuoto e la prego di continuare.
Sig. Strada,
lei parla di cernie ma mi pare che sia rimasto alquanto indietro. Le concezioni biologiche che lei esprime non sono più neanche definibili datate, ma proprio preistoria allo stato puro.
Uno dei signori della categoria che menziona, il grande Massimo Scarpati, grandissimo pescatore, fu il primo ad accorgersi che questa rigidità nell’ermafroditismo della cernia era qualcosa di puramente accademico, che per nulla corrispondeva alla realtà. Fu il primo a ipotizzare, ed oggi molto biologi NON ambientalisti militanti gli riconoscono ragione, che la cernia avesse la capacità di mutare sesso anche in base alle necessità della colonia. Scompare il maschio? (che poi anche sul fatto che sia solo uno sorvoliamo), una femmina può rapidamente prendere il suo posto. D’altronde mi scusi, ma se il maschio sale a galla attaccato ad un palamito o con il fegato spappolato dai biberon di latte e uova?! (e per carità non mi dica che il feedeing è vietato, lo sanno tutti, ma lo praticano anche tutti!) Poi è arrivato Dapiran a chiedersi come sia possibile pescare cernioni da 20 e passa chili, che per la biologia ufficiale sarebbero maschi, con 3/4 chili di sacche ovariche…
Quindi lasci perdere che di cernie ne hanno ammazzate di più i bombolari gonfiandole di colesterolo animale che tutti i pescasub italiani messi insieme. La strage di Lavezzi non le dice nulla…?!
Inoltre poi non fa minimamente cenno alla desertificazione delle zone circostanti la riserva che si verifica. O vorrà farci credere che se dopo 5 anni dall’istituzione di un parco questo pulluli di cernie da oltre 10 kg sia tutto pesce nato e cresciuto in loco?! È molto più comodo millantare uno spill over che nelle AMP italiane non si vede neppure in zona C…
Bella la storiella dei pesci che imparano per imitazione, che scappano intimoriti dalle “urla” di dolore dei loro simili fiocinati. Ma questa roba dove l’ha studiata? Perchè non c’è un solo biologo marino (a meno che lei non lo sia e sarebbe l’unico) che possa sostenere che i pesci comunichino in questa maniera.
Poi mi scusi, ma lei è l’ex direttore di quella vergognosa AMP dove i cianciolari sono riusciti a farsi mettere per iscritto dal TAR che sono compatibili con il fine di tutela della riserva?! Ottimo, questa credenziale era meglio che non se la spendesse perchè c’è poco da vantarsi di essere presidente di un carrozzone tanto farsesco ed inutile, oserei dire surreale.
Le AMP ci sono e funzionano?! E questa non sarebbe dimostrazione di incapacità e incompetenza? Basta ricordare come nella sua si peschi in nottura perfino con l’esplosivo…ah già, ma una amp non può occuparsi dei controlli, quella è una voce di spesa che va scaricata interamente sulla comunità che già paga lautamente i contributi a fondo perduto per queste riserve di facciata. Ci sono pochi poli di eccellenza in Italia (Portofino, Miramare) tutte le altre hanno saputo solo fagocitare milioni di euro della comunità per creare posti di lavoro parassitari.
Continui a perseguire il suo fine di creare il mare/acquario, alla stregua di come i parchi terrestri vogliono replicare il modello dello zoo. Ho la nett aimpressione che lei di natura non sappia nulla, ma sia solo il classico naturalista da salotto con il concetto dei parchi bomboniera da mostrare agli annoiati cittadini metropolitani che ancora credono che il pollo nasca già in vaschetta e sotto cellophane.
Gentile Paolo, il Sig. Strada prima di cominciare il suo intervento si è presentato, perchè non si presenta anche lei e ci rende noto il suo ruolo? Sta criticando pesantemente da una posizione anonima e non mi sembra onesto.
Gentile Vittoria,
la ringrazio per l’intervento e resto a Sua disposizione per documentare le mie competenze e per qualunque informazione tecnica o scientifica, o curiosità.
E’ innegabile che la violenza e l’insulto sono le armi di chi sa di avere torto, nondimeno sono a disposizione del signor Delli Carri come di tutti, qualora volesse portare avanti una discussione civile.
La saluto
Riccardo
Caro signor Delli Carri,
sono felice di sapere da lei che i miei 36 anni di carriera, come ricercatore, consulente di organismi governativi e di grandi progetti pubblici, oltre alla frequentazione dei più importanti biologi marini italiani, che mi onorano della loro amicizia, siano stati riempiti di bufale e menzogne generate non so bene per quale scopo.
La sua dotta e documentata relazione è convincente, gradirei peraltro sapere da quali ricerche Lei trae conclusioni completamente diverse da quelle che gli operatori della ricerca applicata in biologia marina e pesca sono arrivati in tanti anni.
Lei dice che Biologi marini “non ambientalisti” affermano il contrario.
Attendo su questa pagina il loro nome, fermo restando che un ricercatore e gestore, come me, non può e non deve lasciarsi andare a valutazioni ideologiche, lusso che. evidentemente lei si può permettere.
Prova ne sia che io, insieme al prof. Terlizzi, dell’università del salento, il prof. Russo, vicepresidente della società Italiana di Biologia Marina, ed i direttori delle AMP di Punta Campanella e Porto Cesareo, insieme alla presidenza nazionale della FIPSAS abbiamo chiesto al Ministero dcell’Ambiente di poter svolgere una ricerca sperimentale per tre anni sugli effetti della pesca subacquea nelle AMP. la proposta è stata rifiutata sulla base dei trattati internazionali.
Allora abbiamo chiesto alle maggiori case produttrici di materiale per la pesca sub di sponsorizzare questa idea, per arrivare una volta per tutte alla parola fine su queste polemiche, capendo dove è la verità.
La risposta informale ma sostanziale è stata che conviene molto di più finaziare l’informazione, che sapere la verità.
La ringrazio comunque per le parole di apprezzamento, ed attendo le informazioni che, sono sicuro, vorrà documentare.
Gentile dott. Strada,
grazie per il suo lucido intervento, spero capiterà di incontrarci, probabilmente frequentiamo gli stessi eventi. Un saluto e buon lavoro.
Gentile sig. Di Manao,
ci conto, la ringrazio per i suoi interventi, due mani di terzaroli nella bufera,
a presto
Riccardo M. Strada
Ho tolto il paragrafo
il riferimento ai supermen infatti non coincideva con quello dei pescatori, e riguardo ai neo-Maiorca mi riferivo ai nuovi agonisti (e quelli li ho visti io)
Credo sia giusto così, errata corrige.
Ciò che era scritto prima poteva onestamente essere fuorviante e mi scuso.
Resta il fatto che opporsi alla istituzione di una Area Marina Protetta, qualunque sia l’impatto ambientale di chi pesca (con l’amo o con l’arpione) e qualunque sia il livello dei controlli crea fortissime perplessità che non mettono la categoria in buona luce, in un pianeta dove abbiamo perso il 50% dello stock ittico dal 1971 ad oggi e dove le Nazioni Unite stanno implorando i governi di creare AMP ovunque sia possibile.
Apprezzo molto chi sa fare un passo indietro quando serve e la stimo per questo. Però non confonda: nessun pescatore in apnea degno di tale nome può essere contrario all’istituzione di Aree Marine Protette, come ho già scritto nel precedente commento; ma finché saranno questi i regolamenti, queste strutture non sono accettabili e lo dico da cittadino e non da pescatore, perché non assolvono allo scopo che si prefiggono, salvo rari casi. Il 50% dello stock ittico è stato perso a causa di forme di pesca che oggi sono ammesse nelle nostre AMP, ma le sembra ragionevole? Perché non si fanno AMP dove non può pescare nessuno e di dimensioni ristrette, tali da poter essere controllate, ammettendo solo snorkeling e immersioni in apnea per non disturbare la fauna ittica o modificarne i comportamenti? Io mi sono risposto…
No, non mi sembra ragionevole che ci siano forme di pesca, tanto meno non selettive, in qualsiasi AMP. Ma allo stesso tempo so, non lo penso lo so , una AMP rende più da ‘acquario’ che come zona di pesca. Con buona pace dei pescatori e degli abitanti del mare. Parlo ovviamente di AMP dove non pesca nessuno. Zero.
Con la speranza che il termine “renda” da Lei usato si riferisca a una rendita legata al ripopolamento ittico, e non ad una rendita economica (perché non è questo lo scopo di un’area protetta), sostanzialmente quindi conviene anche Lei che le AMP così come sono non vanno bene. Ed è il motivo per cui i pescatori in apnea, che conoscono bene queste strutture proprio perché unici esclusi, si dissociano e le contrastano.
salve, Daniele, temo che non ci sia altra scelta che farle ‘rendere’, non lo dico io ma (anche) il rapporto (davvero agghiacciante) del WWF che ho appena analizzato e postato sempre in questa rubrica
http://www.imperialbulldog.com/2015/09/24/wwf-il-mare-come-il-clima-sul-filo-di-un-baratro-irreversibile/
troverà anche i link al documento ufficiale redatto in inglese
Ecco, adesso cominciamo a trovarci d’accordo, e questo non può che farmi piacere.
Mi permetta solo di farle notare che le AMP dove veramente non pesca nessuno sono necessariamente quelle di dimensioni tali da poter essere adeguatamente controllate. sull’esempio di Miramare tanto per intenderci, anche se da Triestino adottivo so che la pesca di frodo purtroppo non è una novità neanche a Miramare. Tuttavia, grazie alle dimensioni contenute dell’AMP, si riesce a contenere il problema in maniera tutto sommato efficace.
Buonasera,
non sono un pescatore e quindi lungi da me entrare nel merito della discussione, sono però un apneista, discreto direi, e non posso fare a meno di notare che nell’articolo si fa menzione di situazioni fuori dalla realtà.
Affermare che oggi, ogni apneista medio/bravo, sia un Enzo Maiorca è veramente una bestemmia. Asserire poi che ci sono persone che superano i 200 metri significa quantomeno confondere le prestazioni ottenibili in apnea dinamica lineare in piscina, con quelle ben più modeste fatte registrare in assetto costante in acque aperte.
Un apneista medio/bravo può fare tuffi sul cavo a quote variabili dai 50 ai 60/65 mt, dopo siamo già nel range degli agonisti e dei campioni. Se poi si vuole (sbagliando!) cercare di tradurre queste prestazioni nel contesto della pesca, le posso assicurare che alcuni degli allievi che seguo (e che pescano) si trovano poi ad operare a quote che sono al massimo la metà, quando non un terzo, di quelle raggiunte sul cavo.
Lei fa anche cenno alla capacità di rimanere in apnea più a lungo. Beh sono pochi quelli che superano i 2 minuti e mezzo in movimento (l’apnea statica è un’altra cosa), la moltitudine in genere non va oltre il minuto e mezzo.
Questo solo per completezza e perchè lei ha dipinto una generazione di superuomini che io, in quasi 15 di corsi di apnea, ancora non ho visto se non a chiacchiere.
Coedialità, Paolo.
vorrei cortesemente ricordare a chi commenta su questo sito le regole dell’ospitalità, i commenti devono essere costruttivi volti ad accorciare le distanze tra due posizioni opposte, talvolta a corto di argomenti e cultura appropriata si decide di parlare tanto per intervenire – ho approvato l’ultimo commento per dimostrare che non si censura niente ma non si approverà più nessun commento che contiene riferimenti personali assolutamente fuori luogo e di scarso valore
Caro sig Di Manao,
volevo ringraziarla per averci tacciato tutti come incontrollati bracconieri, atleti che pescano all’aspetto a 50 e piu metri(alcuni anche oltre i cento metri , fanno incetta di pesci sciabola e merluzzi).
Io 2 volte campione italiano a stento arrivo a 30 metri e solo le rare volte che le condizioni fisiche perfette me lo permettono.
Comunque noto con piacere che lei non ha alcun interesse personale nell’appoggiare questa Amp e lo si evince chiaramente dalla nota che ripercorre il suo excursus vitae alla fine dell’articolo.
Vogliamo un mare di cernie tirate su a uova sode.
Aggiungo che, nel nostro territorio esiste da circa 25 anni una delle AMP più grandi d’Italia, quella di Capo Rizzuto.
Ebbene dalla sua costituzione ad oggi, avvenuta anche questa sulla testa del territorio, la situazione di quel tratto di mare, un tempo ricchissimo di ogni tipo di pesce è drammaticamente peggiorata.
Ad oggi è diventato un vero e proprio deserto.
I pescatori professionisti, autorizzati in tutta la zona B e C dell’Area Protetta (il 90% circa) prima usavano poche centinaia di metri di reti e riuscivano a pescare tanto da vivere dignitosamente, oggi con molti chilometri di rete in mare (in barba ai regolamenti che prevedono massimo 1000 mt) e con migliaia e migliaia di ami di palangari non riescono a sostenere neanche le loro famiglie.
Senza contare che i pescatoti professionali autorizzati a pescare nell’AMP sono passati nel tempo, da meno di 20 a quasi 50…..
mentre la pesca in apnea è vietata da 25 anni……
Quindi abbiamo un dato certo non è sicuramente la pesca in apnea a svuotare il mare…..
Se veramente si vuole creare una nuova Area Marina Protetta, almeno bisogna guardare agli esempi che funzionano….
E senza andare oltre all’estero (Francia) basta guardare a quella di Miramare (TS) che è uno dei pochi fulgidi esempi di AMP che funzionano in tutti i sensi: sia dal punto di vista della protezione ambientale che dello sviluppo economico del territorio dove insiste.
Il segreto vero?
Le dimensioni.
1500 mt per 600 mt.
Un’AMP come questa è facilmente controllabile e gestibile e sicuramente porta risultati sia di natura ambientale che economica per i territori, mentre i carrozzoni fatti in Italia prevedono migliaia di KM quadrati di mare chiusi (a parole, ma nei fatti abbandonata a se stessa) dove la fa da padrone chi non vuole rispettare le regole.
L’unico risultato ottenuto con l’istituzione dell’AMP Capo Rizzuto è stata l’assunzione di 7-8 persone (amici degli amici che hanno creato e gestito l’Area Protetta) presso l’Ente Gestore.
Ma se si devono sistemare degli amici credo che ci siano sistemi meno “impattanti” per i territori….
Salve Santo
no, non è la pesca in apnea come non c’è mai una causa sola, c’è sempre una complessa rete di fattori. Ma il tema dell’articolo non è se sia la pesca in apnea a distruggere oppure no, (quello è un argomento che affronteremo) il tema è: perché si è contrari alla creazione dell’Area Marina Protetta?
Si è parlato ovunque di controlli, che sembrano comunque un problema italiano in generale, non una caratteristica delle AMP.
Riguardo alle dimensioni, la tendenza è quella di creare aree immense: dall’Indonesia a Pitcairn creano immense zone contigue monitorate da satelliti.
http://www.imperialbulldog.com/2015/03/26/pitcairn-la-piu-grande-riserva-marina-del-pianeta/
http://jncc.defra.gov.uk/page-5201
http://marineprotectedareas.noaa.gov/dataanalysis/mpainventory/
un saluto
Ecco, riserve immense monitorate dai satelliti. Peccato che in Italia non ci siano nemmeno i soldi per la nafta per far girare i pochi mezzi adibiti al controllo. E parliamo di satelliti…
Riguardo al tema “perché si è contrari alla creazione dell’Area Marina Protetta”, “all’Italiana” aggiungerei io (piccolo dettaglio che dà un senso completamente diverso alla questione), le motivazioni sono state esposte in maniera chiara e cristallina chi è intervenuto prima di me in questo dibattito, per cui non mi dilungo oltre.
Un caro saluto. Gaetano Doddis
Non si può non condividere il commento di Giorgio Volpe. Spiace ancora una volta leggere tante e tali inesattezze sulla pesca in apnea e sui suoi praticanti. Come pescatore in apnea non posso che condividere qualunque iniziativa a tutela del mare e dei suoi abitanti, ed è per questo che sono contro QUESTE Aree Marine Protette. Troppo grandi, non controllate e, soprattutto, con regolamentazioni che a tutto guardano tranne l’ambiente. Basti pensare all’AMP di Nettuno, dove in alcune aree è perfino ammesso l’uso del cianciolo, ma di esempi ne potrei fare tanti e tanti altri. Speriamo che i tanti sostenitori di questi “parchi” aprano presto gli occhi e capiscano veramente cosa sono queste strutture, così come sono oggi concepite, quanto ci costano e quanto siano irrilevanti ai fini della tutela del nostro prezioso mare (con rarissime eccezioni). Ancora una volta si è persa l’occasione per fare qualcosa di buono.
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Salve Claudio,
ho letto con interesse il suo articolo, trovandovi però imprecisioni e omissioni che, a mio giudizio, finiscono per confondere le acque. Partiamo dalle imprecisioni: è senz’altro vero che le attrezzature per la pesca in apnea si sono molto evolute, ma hanno solo parzialmente compensato l’adattamento delle prede sopravvissute alle stragi della pesca industriale, soprattutto con reti da circuizione che devastano i branchi di riproduttori. Oggi un pescatore in apnea medio non è affatto un Maiorca, sotto i 20 metri ci pesca una percentuale minima di praticanti e quelli che scendono a 30 o più senza lasciarci rapidamente le penne sono un pugno di uomini in tutto lo stivale. Se non fosse per ragioni di privacy, potrei elencarle una parte rilevante dei nomi. Inoltre, l’equazione “profondità = bravura” è fuorviante, perché uno bravo a scendere è un apneista, uno che sa pescare è un’altra cosa e, per contro, non sempre un bravo pescatore è anche un profondista.
Dice che la pesca in apnea è più spietata perché non prevede rilascio. Mi permetta di correggerla: è più sensata, per due ragioni. In primo luogo, prevede il “release & catch”, ossia la selezione preventiva della preda, elemento peculiare della nostra disciplina che nessun’altra forma di pesca può vantare. Consideri, ad esempio, che un pesce tirato su da buona profondità arriva in superficie con la vescica natatoria in bocca e muore, quindi una cernia protetta se allamata… muore comunque, anche se rilasciata. In secondo luogo, dalla prospettiva di un pescatore in apnea disturbare o torturare un pesce senza motivo non è neanche pesca. La pesca è quella rivolta alla cattura di un pesce da consumare in famiglia o con gli amici: solo questa finalità giustifica l’uccisione di un altro essere, e nel rilascio ci sono molti “morti” inutili, fosse anche solo un 2-3% sono comunque moralmente inaccettabili, perché vengono uccisi “per futili motivi”. Ci pensi comunque: se una volta tirati fuori dall’acqua i pesci appesi alla lenza gridassero come un maiale pronto ad essere scannato, la tecnica del rilascio sarebbe vista in modo diverso, pur non cambiando di una virgola. Sarebbe utile, quando si parla di pesca, evitare ogni argomento emozionale ed attenersi ai fatti.
C’è poi la grande omissione: da quello che scrive, la pesca subacquea sembrerebbe l’unica forma di prelievo in un’AMP, un po’ come la caccia terrestre è l’unica forma di prelievo di selvaggina in terraferma. E’ un falso.
Nelle AMP pescano non solo gli sportivi con la lenza, ma anche i professionisti con reti, nasse e palangari. Vietare la pesca in apnea nelle AMP senza vietare, ad esempio, i palangari per gli sportivi residenti o senza limitare fortemente la pesca professionale è come fare una legge sulle armi che vieta la cerbottana consentendo il mitra.
Noi pescatori in apnea non abbiamo nulla contro le AMP se realizzate nel rispetto dei principi codificati dalla comunità scientifica e in quelli di buon senso.
Aree circoscritte, NOTAKE – quindi senza prelievo alcuno da parte di chicchessia – e ben controllate. Anche le attività impattanti diverse dal prelievo, come le immersioni subacquee, vanno regolamentate e contingentate. Lei scrive che le AMP sono un veicolo di turismo, ma la verità è che diventano occasione di business per i residenti (pescatori e diving in primis) senza che si assista ad un aumento di biomassa nelle zone TAKE (B, C, D) né, tantomeno, ad effetti spillover (ripopolamento delle zone attigue all’AMP). Anzi, l’istituzione di un’AMP finisce per impoverire le zone adiacenti: quando si crea una zona A NOTAKE e questa si popola rapidamente di grossi pesci spariti da molto tempo realizzando l’effetto acquario: è chiaro che stiamo parlando di pesci che si sono spostati, non è che ci sono nati e cresciuti in tempo record.
Ciò che è più grave, e la invito a contraddirmi se ne è capace, è che ad oggi nessuna AMP è sostenibile economicamente: se c’è qualcuno che ci guadagna, non è la generalità dei cittadini, ma solo alcuni fortunelli…. Le lobby di cui parliamo nel nostro articolo e ovviamente chi ha modo di gestire i finanziamenti e piazzare amici e colleghi di partito nello stipendificio.
Quindi, in conclusione, i pescatori in apnea sono favorevoli alle AMP con vere finalità di tutela ma non accettano:
a) di essere bollati come distruttori del mare, unici esclusi dall’intera superficie delle AMP italiane;
b) AMP di dimensioni enormi contro ogni logica anche scientifica… (forse perché i finanziamenti vanno in base alla superficie?) ma che poi nessuno è in grado di controllare, con il risultato di realizzare riserve di bracconaggio;
c) Ammissione di tutte le attività impattanti, compresa la pesca professionale senza limitazioni di prelievo, con unica esclusione della pesca in apnea.
Ciò detto, noi possiamo tranquillamente continuare a restare fuori dalle AMP come facciamo ormai da tre lustri, ma saremmo molto più contenti se almeno il nostro sacrificio servisse a qualcosa e le AMP funzionassero come veri polmoni riproduttivi. Così come sono realizzano interessi che con la tutela ambientale hanno poco a che fare, e noi che al mare ci teniamo al punto da affrontare sacrifici e prenderci anche qualche rischio pur di viverlo da sotto la superficie, non possiamo certamente essere contenti. Le ricordo che i veri testimoni di quello che sta accadendo al Mare siamo proprio noi: io mi immergo da oltre 25 anni e so bene come è cambiato lo scenario…. so anche che prendendo i pesci uno alla volta in apnea certi scempi non si possono proprio fare.
Infine, sul fatto che il Mare debba essere considerato un santuario, credo che la concezione della tutela ambientale “sotto vuoto” sia una roba arcaica, a là Yellowstone. Lo sfruttamento sostenibile delle risorse è l’unica soluzione ragionevole/non utopica e noi che preleviamo in apnea un pesce alla volta selezionandolo preventivamente rappresentiamo un esempio di prelievo virtuoso. L’uomo prende dalla natura, di cui fa parte, e l’idea che la debba proteggere distaccandosene e mettendola sotto una campana di vetro è figlia di un antropocentrismo deamicisiano stucchevole e venato di più o meno consapevole ipocrisia.
Giorgio Volpe
http://www.apneamagazine.com
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Salve Giorgio,
la ringrazio (senza ironia) per il suo articolato commento. Cercherò di rispondere puntualmente alle sue obiezioni.
Il pugno di persone nello stivale capaci di certe prestazioni? Beh, personalmente ne conosco bene più di un pugno, diciamo una ventina almeno. E io non sono del ‘giro’. Non svilisca, la prego, i traguardi raggiunti; l’apnea oggi permette performance impensabili trenta anni fa. In quanto alla pesca a rilascio non ho parlato di crudeltà dell’apnea, ho usato il termine ‘spietata’ per indicare una maggiore letalità per cattura.
Le teche dei ristoranti e delle pescherie sono piene di cernie e di altri pesci che è difficile ‘allamare’, e mi consenta: basta un giro su internet, tra video e fotografie per capire che purtroppo non si tratta di un pesce a testa ogni tanto. Certo, non tutti si comportano così, e ne ho avute le prove a bordo, ma tutti sappiamo che senza controlli di sorta è difficile aspettarsi una ‘autodisciplina’. Un controllo più intenso e l’inasprimento delle sanzioni è possibile solo con la creazione di una AMP.
Francamente mi domanderei perché la pesca in apnea è esclusa, mentre altri tipi di pesca condotta dalla superficie non lo sono. Questo vorrei sapere da lei: è possibile che si sia rivelata distruttiva, o fuori controllo? Oppure le lobby delle canne da pesca hanno avuto la meglio (e ci starebbe… anche)
Ma qualunque sia la sua risposta, non sarebbe meglio dire: ‘OK, noi siamo fuori dalle AMP ingiustamente, ma anche loro, evviva il Mare.’
E’ così indispensabile pescare ovunque?
Mi ha chiesto se posso provare la sostenibilità di una AMP
Mi ha dato lo spunto per una inchiesta interessante e le posto qui l’incipit in anteprima: esistono in Italia piazze, musei, bellezze artistiche o naturali sostenibili?
Ne ho viste a centinaia, di aree marine protette (scelgo quelle, per le vacanze) che hanno come minimo generato indotti stratosferici. Portofino è un esempio.
Un’ultima cosa: ci sono anche i subacquei, gli snorkelisti, non solo i pescatori (in apnea o meno) tra gli utenti del mare. Insomma, non ci siete solo voi, ma anche noi, subacquei, e tutti coloro che invece di pescare magari fanno foto, sperando di non doverle mostrare a figli e nipoti come oggi facciamo con i pupazzetti dei dinosauri, o le stampe dei dodo.
cordiali saluti
Salve Claudio,
tralascio ogni giudizio sulle sue convinzioni sulle performance dei suoi conoscenti… i pescatori, si sa, tendono ad essere bugiardi quando parlano delle proprie imprese, glielo dice uno che ne conosce e frequenta molti.
Piuttosto, non so se si rende conto di quanto suoni offensiva e insensata la sua accusa alla categoria dei pescatori in apnea. Pensare che la tecnica di pesca incida sul tasso di illegalità, quasi che il fucile subacqueo possa agire da fattore criminogeno, e non che lo scarso senso civico sia equamente distribuito in tutte le categorie di pescatori, professionali e sportivi, in ragione dell’umana natura che accomuna tutti questi soggetti…. è semplicemente insensato e, mi perdoni, non mette in buona luce la sua capacità di analisi e giudizio.
L’illegalità si combatte con i controlli, questo vale dentro come fuori le AMP, invece in Italia quando una legge non viene rispettata si fanno norme più restrittive, colpendo sempre e solo chi la legge la rispetta per intima convinzione, senso civico o semplice timore delle conseguenze. Per gli altri, non c’è deterrente (controlli efficaci) e quindi resta campo libero. Ci ha mai pensato?
Le cernie non si allamano facilmente? E chi glielo ha detto? Provi a digitare “cernia vertical jigging” su Youtube, poi me lo saprà ridire. La verità è che in questo paese la legge impone un prelievo giornaliero pro capite di 5Kg a tutti i pescatori sportivi, con o senza fucile. Se il problema è l’illegalità, si facciano i controlli. Per combattere la vendita abusiva, si facciano i controlli nei ristoranti! Cosa c’azzecca il divieto di pesca in apnea nelle AMP con l’illegalità? Le do una notizia: nelle AMP i controlli non sono affatto sufficienti e chi vuole pescare di frodo lo fa approfittando di questa situazione.
Lei chiede a me perché la pesca in apnea è esclusa e le altre forme di pesca no? Io le ho già risposto anche con l’articolo che ha qui citato come esempio della bislacca (a suo giudizio) opposizione all’istituzione di AMP all’italiana da parte della nostra categoria. Noi siamo fuori dalle AMP perché siamo cacciatori, e come tali non abbiamo diritto di cittadinanza in un parco. Ha capito adesso? Non siamo “politically correct” e non siamo graditi ai Diving, tutto qua. Non c’è alcuna evidenza scientifica alla base del divieto, non lo dico io ma ricercatori biologi marini, se vuole le passo le pubblicazioni. Gli unici studi che hanno tentato di quantificare il prelievo della pesca in apnea hanno tirato fuori uno 0,3%, contro il 6,7% della restante pesca sportiva ed il 93% di quella professionale.
Per il resto, lei mi ringrazia per il mio intervento ma evidentemente non lo ha letto con attenzione, altrimenti non continuerebbe a discorrere come se la pesca in apnea fosse l’unica forma di prelievo che impedisce a chi non sa entrare in Mare in punta di piedi di godere dell’effetto acquario e vedere il pesce semi-ammaestrato.
Si faccia un giro su Youtube per vedere cosa combina non dico una calata di cianciolo, ma anche solo certa pesca sportiva con il vertical jigging, i palangari o la traina di fondo.
Come ho già detto, noi siamo fuori dalle AMP da 15 anni e saremmo felici di restarci in compagnia di tutti gli altri pur di vederle funzionare. Lei nomina Portofino, appena 346 ettari…. posso aggiungere Miramare di 30 ettari e Torre Guaceto di 2.227… noi parliamo delle AMP come Sinis – Mal di Ventre (26.000 ettari), Capo Rizzuto (14.700 ettari), Egadi (quasi 54.000 ettari), Meloria (10.000 ettari) e così via. Senza citare il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano… che da solo di ettari di mare ne “tutela” quasi 57.000.
Salve Giorgio
un conto è essere felici che lei partecipi alla discussione e un conto è essere d’accordo su tutti i punti. con lei.
Nessuna intenzione di essere offensivo, le violazioni ci sono, in ogni campo, ad opera di diversissimi attori.
Lei sostiene che con una AMP non esisterebbero comunque i controlli. E senza AMP? Cosa acmbierebbe?
tra l’altro: se fossi il legislatore dovendo scegliere terrei dentro i pescatori in apnea e fuori tutti gli altri, perché almeno ci sarebbe la certezza della tipologia della cattura.
E capisco quindi il suo ‘risentimento’ (se mi consente l’espressione) per come gli apneisti sono ‘bistrattati’ nei parchi.
I numeri che lei ha citato li conosco, sono su wikipedia, ma credo siano numeri sulla massa totale del pescato.
Le faccio un esempio: se le specie bentoniche o di ‘barriera/scogliera’ che vivono lungo le coste fossero, diciamo, lo 0,5% del pesce? (commestibile?) in esistenza,
una volta effettuato un prelievo dello 0,3% sottocosta abbiamo già fatto fuori il 50% di quelle specie, mi segue?
Ora, il fatto che gli apneisti siano fuori dai parchi marini (o AMP) mi fa temere che da qualche parte sia successo qualcosa del genere.
Ed è quello che sto cercando di capire.
Ho intenzione di approfondire l’argomento ma per andare oltre dovrei interpellare un biologo marino di provata esperienza sulle AMP. E, nel caso, mi farebbe molto piacere intervistarla o metterla a confronto.
Cosa ne pensa?
Salve Claudio,
le opinioni diverse sono tutte legittime, ma dato che per diletto scrivo sia sulla carta stampata che sul web ormai da tre lustri, spesso trattando temi spinosi come le normative o le questioni relative alla tutela del Mare, mi permetta di farle notare che le opinioni sono giudizi sui fatti, che restano cosa diversa. Ciò che non mi trova d’accordo con lei è il modo – a mio giudizio mistificatorio – in cui rappresenta i fatti.
Ciò detto, come anticipato, sono a sua disposizione per fornirle pubblicazioni scientifiche e informazioni sul tema, di modo che possa rappresentare correttamente i fatti, sulla base delle quali lei e i suoi lettori sarete liberissimi di farvi la vostra opinione.
Giorgio
PS Anche il Parco di Bonifacio è enorme, ma la pesca in apnea è regolamentata. Provi a indovinare? Sì, i dati sull’aumento di biomassa sono ben diversi da quelli del lato italiano del parco (La Maddalena). Sa perché? Secondo quanto dichiarato anni fa dall’allora direttrice dr.ssa Cancemi, il problema principale in Italia è l’assenza di un corpo specializzato nella tutela ambientale… oggi i controlli sono demandati alle CCPP che di cose da fare ne hanno altre e ben più importanti. Proibendo la pesca in apnea, si semplifica il problema dei controlli, pressoché assenti.
Ciao Claudio,la tua analisi che personalmente non condivido ha purtroppo per l’efficacia delle AMP italiane un buco grande come uno stadio:non tiene conto infatti che chi pratica la pesca in apnea non si limita a quella,di fatto è vietata una tecnica non il prelievo.
Il pescatore in apnea che si trova in un territorio dove questa non è permessa semplicemente tira fuori le lenze e pesca con quelle,sempre nei limiti di legge dei 5kg al giorno,purtroppo non potendo selezionare preventivamente cosa abbocca…Mentre in Corsica giusto per fare un esempio le AMP sono di dimensioni circoscritte e ruotano periodicamente,e la pesca in apnea è permessa mentre è vietato il prelievo di determinate specie piuttosto che altre:i risultati sono sotto gli occhi di tutti…