I semi di Vandana Shiva

Vandana-ShivaSemi, acqua e suolo fertile. Sono questi gli elementi che, nel mondo 2.0, stanno condizionando la vita di milioni di persone.

Non importa quanto evoluto sia il nostro livello tecnologico o quanto letali siano le armi in nostro possesso: la battaglia finale è già in atto e potrà vincerla solo chi sarà in grado di avere il controllo sulla sua porzione di terra, suolo e semi.

Corsa alla terra fertile”, giusto per citarne uno, è un pezzo che descrive il dramma del land grabbing e le conseguenze sulle comunità locali della crescente siccità. Le sementi, invece, sono una cosa diversa.

Da quando l’uomo ha addomesticato le piante, ha imparato a selezionare i semi di quelle, ad esempio, con minori necessità idriche, più resistenti ai parassiti oppure in grado di produrre più frutti. La sopravvivenza di una comunità, durante un’annata difficile, era spesso legata al possesso della giusta manciata di semi, quel piccolo mucchietto di biodiversità che sarebbe stato in grado di produrre il giusto quantitativo di cibo per tutti.

Da allora, però, l’agricoltura ne ha fatta di strada. I semi con le migliori caratteristiche sono diventati merce di scambio prima e un business poi. Le colture locali sono state sostituite da colture esotiche (primo tra tutti, il mais) e, poco dopo, hanno iniziato a prender piede delle multinazionali in grado di creare in laboratorio super piante resistenti ai diserbanti.

Per quanto questa evoluzione sia stata guidata dalla necessità di far fronte a una sempre maggiore richiesta di cibo da parte della crescente popolazione mondiale, ha portato conseguenze disastrose nei paesi in via di sviluppo, dove i contadini, poco alla volta, hanno perso il controllo di ciò che potevano seminare e, nel tempo, le varietà selezionate dai loro avi, quel frammento di agro biodiversità che ne ha determinato la sopravvivenza, sono scomparse.

Parlare di OGM è molto complicato ma dobbiamo renderci conto che, anche se non direttamente, prodotti OGM sono già entrati a far parte della nostra alimentazione (basti pensare che il 95% della soia utilizzata per i mangimi degli animali allevati interamente in Italia è geneticamente modificata). Per avere qualche informazione in più sullo spaventoso mondo degli organismi geneticamente modificati e farsi un’idea di quanto siano già presenti nella nostra alimentazione, vi consiglio caldamente “Contro natura” pubblicazione di Dario Bressanini e Beatrice Mautino, interessantissima storia dell’evoluzione del rapporto tra uomo e piante coltivate.

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La vita e l’impegno sociale di Vandana Shiva, invece, già in parte raccontati nel documentario “I nove semi” di Maurizio Zaccari, saranno raccontati da un nuovo film, interamente realizzato tramite il crowsfounding, da James e Camilla Becket.

Il regista ha seguito per anni l’ecologista nelle sue attività in India e durante i suoi viaggi all’estero. James e Camilla erano con lei quando, nel 1996, fonda Navdanya, la fattoria biologica che, negli anni, è diventata un centro culturale e la più importante banca dei semi di tutta l’India.

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Nel corso degli anni, la fattoria è arrivata ad ospitare più di 600 specie vegetali, 250 varietà di riso in controtendenza con le politiche agricole indiane che, dagli anni ’50 dello scorso secolo, avevano portato al quasi totale annullamento della biodiversità agricola.

Negli ultimi 40 anni, Vandana Shiva è stata la paladina di diverse battaglie, dal cambiamento climatico, alla guerra per le risorse idriche fino alla deforestazione e alla perdita di specie; tutte emergenze generate, secondo lei, da un’unica grande questione, quella alimentare.

Il documentario in fase di realizzazione, trattando tematiche centrali nell’impegno di Vandala vuole essere, però, un racconto sulla vita di una donna (spesso descritta come il successore di Gandhi) e del suo ruolo in un grande movimento per il cambiamento. Per la prima volta, Vandana Shiva presenta scientificamente e in maniera articolata le sue alternative: un’agricoltura ecologica che recuperi la biodiversità, libertà nell’uso di semi, un suolo fertile e ricco delle naturali componenti biologiche, acqua potabile e aria pulita.

In India, l’obiettivo che si vuole raggiungere è quello di un’agricoltura di sussistenza per cui ogni contadino sia in grado di coltivare per la sopravvivenza della sua famiglia. In quest’ottica il movimento di Vandana Shiva sembra essere la soluzione. Da quando esiste Navdanya, i contadini che hanno acconsentito a riconvertire i propri campi a un’agricoltura antica hanno sperimentato un enorme miglioramento della qualità della vita.

Probabilmente questo sistema non potrà essere applicato anche all’Occidente postindustriale poiché il problema dell’agricoltura mondiale è molto più complesso. Per fortuna, non ci sono solo le multinazionali a fregiarsi del merito dell’innovazione nel campo agricolo; esiste un mondo sommerso di università e centri di ricerca che, tramite le biotecnologie, potrebbero risolvere molti problemi locali. Un esercito di scienziati frenati da una legislazione che di fatto favorisce le multinazionali, le uniche in grado di sostenere i costi dell’iter per l’immissione dei prodotti OGM sul mercato.

Anche in Europa qualcosa sta cambiando; da quest’anno è obbligatorio l’impiego della lotta integrata nelle colture. Ciò significa maggior impiego di insetti antagonisti e una drastica riduzione dei pesticidi.

Neanche questa sarà la soluzione ma di certo un piccolo passo avanti verso un’agricoltura più rispettosa dell’ambiente circostante. L’importante è essere consapevoli della strada che stiamo prendendo e di cosa comporti una scelta alimentare piuttosto che un’altra. In futuro, l’agricoltura giocherà un ruolo sempre più centrale nell’economia mondiale; dobbiamo impegnarci affinché essa assuma quelle caratteristiche di sostenibilità sociale e ambientale che ci aiuteranno a costruire le basi di un mondo più giusto.

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