Le creme solari tra i peggiori killer dei coralli
posted by Claudio Di Manao | Ottobre 28, 2015 | In Dimmi del Mare, Home | Articolo letto 4.208 volteC’è chi dice tra venti, chi tra trentacinque anni, le barriere coralline spariranno definitivamente dai nostri occhi. Ma uno degli agenti più letali viene introdotto proprio dai turisti che le barriere vorrebbero poterle ammirare per sempre. L’ossibenzone, o BP-3 (Benzophenone3), un componente delle creme solari, è uno tra i peggiori nemici dei coralli.
La notizia shock, così l’hanno definita molti media, è stata appena pubblicata (il 20 Ottobre 2015) sulla rivista “Archives of Enviromental Contamination & Toxicology” a seguito dei risultati del Laboratorio Ambientale Haereticus della Virginia, negli Stati Uniti. Shock per modo di dire: a chi si interessa da tempo anche marginalmente di ambiente marino, la notizia non giunge come una novità. Di studi sull’argomento o quantomeno di sospetti ce ne sono da decenni, tutti gli ‘Enti Parco’ o chi per loro, hanno sempre messo in guardia gli operatori turistici locali sulla pericolosità delle creme solari per i coralli. Ma non avevano nessuna autorità per proibirle. Ora forse cambierà qualcosa.
Secondo Craig Downs, biologo marino a capo della ricerca, nella regione dei Caraibi le creme solari sono responsabili della distruzione dell’80% delle barriere coralline. Lo studio, condotto tra le Hawaii, la Florida e le Isole Vergini degli Stati Uniti ha confermato una enorme concentrazione di BP-3 nelle zone più frequentate dai turisti. Risultati analoghi si sono avuti all’Università di Tel Aviv dopo il campionamento di acque ad Eilat, la cittadina israeliana sul Mar Rosso. E’ quindi lecito sospettare, secondo Craig Downs, che il depauperamento riguardi anche alcune zone costiere della regione Indo-Pacifica. Ogni anno dalle 6 alle 14mila tonnellate di prodotti solari si riversano sulle barriere coralline, interessando circa il 10% delle barriere esistenti. Non tutte arrivano da chi nuota o s’immerge in mare: la maggior parte dei filtri delle acque reflue non è in grado di fermare creme solari e particolarmente l’ossibenzone BP-3, presente in almeno 3.500 prodotti solari.
Come agisce. Colpisce i coralli allo stato larvale, le planulae, alterandone il DNA ed il sistema endocrino, con dei risultati a cascata, tra i quali: l’esposizione dei coralli allo sbiancamento (coral bleaching) anche a temperature più basse, la nascita di planulae (larve) ampiamente deformi che, restando intrappolate nell’esoscheletro, non possono liberarsi per dar luogo ad una nuova colonia. Purtroppo, e questo è il vero shock nella notizia, di ossibenzone ne basta una concentrazione minima, come 62 parti per mille miliardi, vale a dire: una goccia in sei piscine olimpioniche e mezzo, mentre nelle acque del Virgin Island National Park la media era di 250 parti per miliardo. Vale a dire: quattromila volte tanto.
Ossibenzone: un fattore largamente ignorato. Sempre Craig Downs se nel lamentava già sul giornale della NOAA, organo mediatico del National Oceanic Atmospheric Administration, il 5 febbraio 2014, sulla base di alcuni risultati parziali.
“Nonostante l’inquinamento sia una delle principali cause del degrado dei coralli e sia il fattore più facile da tenere sotto controllo, l’ossibenzone come causa è stato ampiamente ignorato.”
Ma senza andare troppo lontani nel tempo come nelle distanze, ad Ancona nel 2008 il Prof. Roberto Danovaro, ordinario di biologia marina, aveva già pubblicato uno studio che metteva in guardia sull’impatto sui coralli di alcuni componenti dei prodotti solari, tra i quali la canfora, l’onnipresente butilparabene , ovviamente, l’ossibenzone. Lo studio dell’Università politecnica delle Marche era giunto a risultati diversi, ma altrettanto allarmanti: i componenti delle creme solari rendevano le colonie di coralli, e particolarmente le zooxantelle, le micro-alghe simbionti, più vulnerabili a epidemie virali. Lo studio, tra l’altro, non passò inosservato: venne ripreso dal National Geographic, al quale Danovaro dichiarò:
“Dovremmo usare prodotti solari con filtri fisici, che invece di assorbire le radiazioni (come fanno i filtri chimici o organici ndr) le riflettono.”
Come comportarsi. Titanio e caolina sembrano essere inerti nel delicato equilibrio marino. E’ bene evitare creme solari che contengano ossibenzone (oxybenzone). Tuttavia sempre Danovaro, da una più recente intervista ci mette in guardia su due errori fondamentali: l’uso di prodotti ‘naturali’ non vuol dire necessariamente eco-friendly. Innumerevoli sostanze naturali ed ecocompatibili in ambiente terrestre si rivelano dannose se immesse nel mare. L’altro errore è cadere in decisioni affrettate: lo studio dell’effetto dei cosmetici sugli ecosistemi sta muovendo i primi passi e dell’effetto dei cosmetici sulla vita marina conosciamo meno del 10%.
Eppure non è degli anni duemila la notizia, o almeno il fondato sospetto, che creme solari e coralli non andavano d’accordo. Ma se una retrospettiva scientifica è difficile farla, c’è una retrospettiva di sospetti che non possiamo ignorare.
A Cancun, in Messico, ogni santo giorno la nostra barca si riempiva (e si svuotava) a più riprese di turisti per lo più bianchicci. Allora le creme solari molto protettive erano emulsioni dense che ti veniva da stenderle col frattazzo. David, il capobarca, nel briefing di benvenuto a bordo diceva a tutti che le creme solari facevano appannare le maschere (ed era vero) che danneggiavano le attrezzature (che non mi sembrava vero) e i coralli (che mi pareva plausibile: ci voleva poco a credere che fossero tossiche). Ma quando gli domandai dei danni alle attrezzature, ero alle prime armi, mi rispose: “E’ una balla, però se parlo solo di coralli se ne fottono. Se invece a un neofita dico che gli si appanna la maschera e gli si danneggia l’attrezzatura… ottengo di più!” Era il 1995. Eh sì, anche in questo caso sono venti anni che lo diciamo.
La buona notizia è dentro quella cattiva. Pare che proprio l’ossibenzone sia nocivo alla salute. Sì, quella umana. Pare che ne abbiano trovate concentrazioni eccessive nelle urine degli utilizzatori. Forse, se la pericolosità verrà provata e riconosciuta dalle autorità competenti, ci sarà un bando. Con buona pace dei coralli e di David con la sua magnifica balla quasi vera sulle attrezzature “l’ossibenzone potrebbe essere nocivo all’attrezzatura più importante di tutte”: il nostro corpo.
- http://link.springer.com/article/10.1007%2Fs00244-015-0227-7
- http://www.haereticus-lab.org/story_content/ecotox-sunscreen-lotion.pdf
- Roberto Danovaro: http://www.scubaportal.it/libro-biologia-marina-roberto-danovaro.html
- http://news.nationalgeographic.com/news/2008/01/080129-sunscreen-coral.html
- http://www.ewg.org/news/testimony-official-correspondence/cdc-americans-carry-body-burden-toxic-sunscreen-chemical
- http://www.adnkronos.com/sostenibilita/in-pubblico/2015/03/04/cosmetici-green-eco-naturali-verso-una-legge-hoc-video_QNist4RD8l79EDxIBPONzJ.html
- http://oceanservice.noaa.gov/news/feb14/sunscreen.html
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Claudio Di Manao
In una tipica mattinata caraibica dei primi anni '90 l’ex consulente finanziario ed immobiliare Claudio Di Manao, tra ventagli di mare blu, barracuda ed altri pescetti colorati rinasce alla subacquea. Non solo decide subito di ricominciare ad immergersi: vuole diventare istruttore, il che gli sembra un'ottima scusa per esercitare professionalmente la sua attività preferita: il vagabondaggio in paesi caldi. Dopo anni di ‘divemasterato’ in Scozia, Inghilterra, Messico e Caraibi diventa istruttore nel 1996 a Grand Cayman. Per una serie di motivi che non è mai stato in grado di spiegare, Claudio Di Manao si reca a Sharm el Sheikh, in Egitto e ci resta per ben undici anni. L'ambiente surreale di Sharm el Sheikh gli suggerisce di scrivere 'Figli di Una Shamandura', il suo primo libro che diventa un Cult. Ovviamente non l’avrebbe mai immaginato. Gli viene offerto di collaborare con importanti portali come GoRedSea. Inizia a lavorare come free-lance e non solo nella subacquea. Nel 2008 realizza Tra Cielo e Mare, rubrica per la Radio Svizzera e viene invitato a scrivere testi e sceneggiature di documentari. In questo campione della sua carriera, cioè adesso, collabora regolarmente con: AlertDiver , il magazine del DAN, Diver Alert Network, con il Corriere del Ticino, quotidiano svizzero di Lingua Italiana e con ScubaZone, il magazine subacqueo in Italiano più letto e più scaricato nella storia della subacquea e, come potete constatare, con imperialbulldog.com.
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