Pagine di Mare, Joseph Conrad
Il debito che abbiamo con certi romanzi è quello che si contrae con i fiumi. Canali benefici o torrenti in piena, i buoni romanzi nutrono e trascinano. In quelli di Conrad vedi galleggiare le suppellettili dell’Occidente. Un piano suona sulle onde scintillanti di un ventoso mare di Banda, centinaia di nere braccia spingono una nave su per una collina di fango, una biblioteca è in fiamme nella giungla. Conrad ci ha regalato immagini potenti, immagini citate da registi, pittori e altri scrittori. In anticipo sui tempi, come ogni uomo di genio, fu etichettato ‘scrittore esotico’. Questo, Conrad, contemporaneo di Oscar Wilde, non lo digerì mai. Nei salotti di Londra come nei Cafè Chantant di Parigi, l’Occidente si godeva la belle époque. Gli autori controversi, i decadenti, scrivevano essenzialmente di costume. E di sesso, come Lawrence e de Maupassant. Alfred Russel Wallace, invece, con il suo libro Arcipelago Malese aveva aperto una finestra su nuovi mondi consegnando al lettore i dettagli dell’esplorazione scientifica e le meraviglie osservate. Viaggiare verso mete esotiche divenne presto una moda per pochi privilegiati. Agli altri restava imbarcarsi o arruolarsi in qualche Marina. Ma la borghesia europea di Conrad non è sempre la benvenuta ai tropici, spesso crea scompensi con i locali. Ne ‘Il Piantatore di Malata’, il ‘locale’ è un colono bianco che si suicida. Questo racconto, per certi versi profondamente misogino, inchioda il personaggio conradiano tipo alla sua natura inconciliabile col mondo civilizzato e moderno. Avete presente Gauguin?
Scrittore o uomo di mare?
“Non vi è nulla di più seducente, deludente e schiavizzante della vita in mare” scrive già nel secondo capitolo di Lord Jim. Conrad sul mare la sapeva lunga: fu il più giovane comandante a governare un clipper della classe ‘Cutty Sark’. La linea d’ombra è il racconto abbondantemente autobiografico che descrive il passaggio da secondo ufficiale al primo incarico di comando, per di più con equipaggio sconosciuto. Fu un comandante brusco, solitario, pignolo, ma impeccabile. Il suo pessimismo lo induceva ad effettuare decine di controlli, a governare le navi con rigore, senza mai dare spazio al caso, quel bastardo puntuale come una mannaia appena gli si lasciava aperto uno spiraglio. In letteratura il suo pessimismo andò tutto alla crisi dell’Occidente. Per Conrad l’Occidente è soprattutto un sistema, un sistema di regole morali a noi familiari ma con le quali tentiamo di conoscere il mondo esterno, finendo spesso per fraintenderlo o per corromperlo. Conrad non celebra eroi. Anche i suoi personaggi granitici, come Lord Jim, sono antieroi. Conrad celebra più spesso la natura, fondali assoluti di mare e giungla, dove i suoi personaggi vivono il loro destino disseminato di errori, di atti eroici, ottusità e incomprensioni. E’ sempre la natura a vincere. Il suo mare e le sue giungle si riprendono sempre tutto. I grandi personaggi di Conrad si identificano con un concetto d’onore spesso al limite dell’autolesionismo. Nessuno prima di Conrad e Freud esplora così bene le manie, le ossessioni, le convinzioni radicate e accecanti, i lati oscuri. La metafora non cade mai nel semplicismo tra il ‘buon selvaggio’ e la struttura moraleggiante dell’Occidente. I ‘selvaggi’ sono il parto della giungla, impenetrabili, incompresi e incomprensibili persino a loro stessi, quanto i loro dei ai nostri occhi. Gli occupanti occidentali cercano di ricreare e di imporre un loro mondo che spesso è solo una puerile parodia di una Londra o di una Amsterdam, aggrappati tenacemente all’unica idea che conoscono, che capiscono. Tutto è sempre sull’orlo del collasso, le poche vittorie amare ed estenuanti. Dalle sue storie i protagonisti escono sconfitti o trasfigurati. Nessuno sarà mai più lo stesso. Neanche il lettore. Lavori come ‘Il Compagno Segreto’, ambientato quasi per intero nella cabina di una nave, e lo stesso Lord Jim, un romanzo epico, contengono i meccanismi di un nuovo genere: il realismo psicologico.
A trentasei anni, il fisico minato dalla malaria contratta in Congo, Joseph Conrad abbandona la vita di mare e si dedica alla scrittura. Nel 1895 esce ‘La Follia di Almayer’, il suo primo romanzo, è un’opera profetica. L’abbandono cinico delle colonie al loro destino, alle fameliche interferenze delle multinazionali e di un Islam rampante che riempie tutti i vuoti morali e di potere, è di una attualità raggelante. Joseph Conrad si fa subito notare per il linguaggio ricchissimo e la prosa complessa. Su di lui hanno avuto pochi dubbi colleghi come Herbert George Wells, Henry James, Bertrand Russel e Ford Maddox Ford. Quest’ultimo, come direttore delle più autorevoli riviste letterarie di allora, pubblicò i lavori di Conrad e di autori che finirono per imporsi per tutto il 20° secolo. Nella sua scuderia figurano James Joyce, Ernest Hemingway, T.S.Eliot. E’ in questa compagnia che Joseph Conrad entra di diritto nell’Olimpo della letteratura anglosassone, unico non madrelingua. Un bel successo per uno che imparò l’Inglese a venti anni e come terza lingua dopo il Polacco e il Francese. Nato in una zona allora contesa tra Russia e Polonia, Conrad, il cui vero nome era Joseph Teodore Konrad Korzeniowski ,era il figlio di un nobile polacco oppositore degli Zar. Divenne ben presto un apolide. A diciassette anni, per sfuggire all’arruolamento nell’esercito zarista, si imbarcò a Marsiglia verso i Caraibi. In quelle acque conobbe contrabbandieri, trafficanti e rivoluzionari, uomini di mare straordinari quanto reali, come il corso Dominic Cervoni, che in seguito divenne uno dei personaggi più complessi e meglio riusciti della storia della letteratura: Nostromo.
Cuore di Tenebra e Lord Jim sono le opere che tradizionalmente hanno portato le tematiche Conradiane sotto gli occhi del grande pubblico. In Cuore di Tenebra un giovane comandante risale il fiume Congo come risucchiato in un buco nero, un viaggio psichedelico all’interno dei lati più oscuri dell’anima umana e del colonialismo. Lord Jim ci instilla l’idea scomoda che tutti noi possiamo dannarci per un solo istante di debolezza, che nessuno di noi si conosce abbastanza da poter prevedere il proprio comportamento in condizioni critiche. Conrad racconta di decisioni prese in circostanze che nessun uomo comune avrebbe mai potuto immaginare. Le condizioni estreme, i luoghi estremi, le tempeste in mare e la breve finestra di prevedibilità dei disastri sono il banco di prova per l’integrità psicologica dei suoi caratteri. Con il suo scandaglio lanciato a sondare in profondità anime e destini, e con le descrizioni magistrali di ambienti (e situazioni) tropicali, Conrad influenzò Graham Green, Borges, Garcia Marquez, Naipaul, Burroughs, Hemingway, e altri ancora.
Ai lettori lascia una ricchissima bibliografia: dal racconto breve al grande romanzo storico come ‘Nostromo’, l’eredità di Conrad è ancora oggi fonte inesauribile di spunto, sono almeno un centinaio le opere cinematografiche, televisive e radiofoniche ispirate ai lavori di Joseph Conrad, che ci lascia una visione ineguagliata, romantica, ma cruda, disincantata dell’avventura in mare:
‘Il mare non è mai stato amico dell’uomo. Tutt’al più è stato complice della sua irrequietezza.”
Joseph Conrad
Leggerti e’ sempre un grandissimo piacere, saro’ anche di parte, ma oggettivamente hai quel piglio che trascina il lettore che non e’ assolutamente da tutti.
NO-TE-VO-LE!
Bravo Claudio