Care generazioni future: mi dispiace
posted by Barbara Dalla Bona | Novembre 27, 2015 | In Home, Vita sul Pianeta | Articolo letto 4.499 voltecredo di parlare a nome di tutti noi quando dico che mi dispiace. Mi dispiace di avervi lasciato questo casino di pianeta. Mi dispiace che siamo stati troppo presi dalle nostre vite per fare qualcosa. Mi dispiace di aver ascoltato quelle persone che inventavano scuse per non fare niente. Spero ci perdoniate, non avevamo capito quanto importante fosse la terra …”
Così inizia la lettera aperta dell’attivista rapper americano Prince Ea rivolta ai futuri abitanti di questa terra.
Richard Williams, questo il suo vero nome, è conosciuto nel mondo del rap per il suo impegno politico e sociale. Dopo la laurea in Antropologia si è dedicato completamente alla sensibilizzazione dei suoi fan ai temi a lui più a cuore tra tutti, la difesa dell’ambiente.
Devo ammettere che non ne avevo mai sentito parlare prima, ma questa lettera è così evocativa e coinvolgente che esprime a pieno lo stato d’animo di molti di noi in questo particolare momento in cui nulla può più essere rimandato.
“Voi non sapete cosa sono gli alberi, giusto? Gli alberi sono una cosa meravigliosa! Creano e puliscono l’aria che respiriamo, purificano le acque, ci danno le medicine di cui abbiamo bisogno e ci nutrono. Per questo mi dispiace tanto dirvi che li abbiamo bruciati. Li abbiamo abbattuti, al ritmo di 40 campi di calcio al minuto. Solo nell’ultimo secolo il 50% di tutti gli alberi presenti sulla terra sono andati distrutti. Perché? Per denaro…”
Nonostante tutte le promesse, le tavole rotonde, gli impegni dei governi la realtà è proprio quella che ci sbatte in faccia Prince Ea. Il potere del denaro è incontrollabile e offusca qualsiasi nostro residuo di buon senso.
“Mi dispiace che abbiamo messo il denaro davanti alle persone. Mi dispiace che abbiamo utilizzato la natura come una carta di credito senza limiti, portando gli animali all’estinzione, rubandovi l’opportunità di conoscerli. Mi dispiace di aver avvelenato gli oceani a tal punto da non poter più nuotarci dentro. Ma soprattutto, mi dispiace per la nostra mentalità perché abbiamo il coraggio di chiamare questa distruzione “progresso”.”
Si può ignorare tutto questo ma il farlo non significa che non accadrà; la gente continuerà a rimanere senza casa per colpa del riscaldamento globale o ad ammalarsi per l’inquinamento. Gli animali perderanno i loro habitat e spariranno da questa terra come faremo un giorno anche noi.
“Sapete una cosa? Io questo futuro non lo accetto, perché un errore non diventa uno sbaglio finché non ti rifiuti di correggerlo. Se questo mondo fosse un albero malato, per curarlo non dovremmo guardare ai rami, i governi e i politici corrotti, ma alle radici e noi, siamo le radici, questa generazione. È nostro compito prenderci cura del pianeta. È la nostra unica casa … Noi non siamo separati dalla natura, noi siamo parte della natura e tradirla significa tradire noi stessi.”
Tutti noi possiamo avere un ruolo nella difesa della natura solo che a volte è difficile renderlo concreto. L’Amazzonia o l’Indonesia ci sembrano così lontane da non avere alcun potere sulle loro sorti.
Proprio alla ricerca di un’idea efficace da proporvi mi sono imbattuta in questo brano e, di conseguenza, nel bellissimo progetto appoggiato dal rapper.
Si chiama Stand for Trees ed è definita come una campagna d’azione popolare di scala mondiale che permette a tutte le persone di prender parte realmente alla protezione delle foreste. Come abbiamo già detto molte volte, pur sapendo che la deforestazione e la degradazione degli habitat sono le cause principali del cambiamento climatico, la velocità con cui abbattiamo gli alberi non accenna a diminuire.
Dal 2007, la comunità internazionale sta lavorando su REDD+ (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation), programma che ha lo scopo di ridurre le emissioni causate dalla deforestazione. Oggi, grazie ai molti studi a riguardo, sappiamo dire con certezza qual è la quantità di anidride carbonica imprigionata negli alberi di una foresta e, di conseguenza, sappiamo anche quantificare il volume di anidride carbonica che non sarà immessa nell’atmosfera se quella foresta sarà protetta.
Per la prima volta, il modello Stand for Trees, permette ai singoli individui di entrare in azione supportando direttamente le comunità locali che stanno implementando le pratiche REDD+. Acquistando anche un singolo certificato Stand for Trees si supportano i villaggi che si stanno impegnando a creare un’economia sostenibile che non includa la distruzione della foresta.
Il meccanismo è stupefacente nella sua semplicità: con i crediti Stand for Trees si contribuisce a diffondere un sistema in cui il valore economico di un albero in piedi sia considerato maggiore di quello di un albero abbattuto.
I più attenti di voi sapranno che la compravendita di quote di anidride carbonica è purtroppo diventato un business redditizio che permette agli stati industrializzati di acquisire, a poco prezzo, le quote dei paesi in via di sviluppo e continuare a inquinare come prima.
I certificati Stand for Trees, però, hanno standard rigidi imposti dalla Climate Community and Biodiversity Alliance, un’associazione di importanti ONG tra cui Nature Conservancy e Rainforest Alliance, di cui abbiamo più volte potuto verificare impegno e serietà.
È arrivato il momento di entrare in azione e, per farlo, non serve volare dall’altra parte del mondo e legarsi a un albero ma si può agire efficacemente anche in questo momento, restando comodamente seduti sul proprio divano.
Non ci sono più scuse per tirarsi indietro, nessuno escluso perché, dice Prince Ea “Salvare la natura significa salvare noi stessi perché qualsiasi disparità tu stia combattendo: razzismo povertà, omofobia … la tua lotta non servirà a nulla. Se non agiamo insieme per difendere l’ambiente, saremo tutti ugualmente estinti.”
Per approfondire:
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About The Author

Barbara Dalla Bona
Sono nata nel Gennaio del 1981, nel cuore della fredda pianura pontina, con sangue veneto e occhi siciliani. Da bambina Latina e' tutto il mio mondo, da esplorare e conquistare con una bici e un po' di fantasia ma, nell'adolescenza, la provincia si fa stretta. Inizio a viaggiare e mi conquista una Londra dinamica e multiculturale. All'universita' mi trasferisco a Roma; frequento la facolta' di Scienze Naturali e rimango affascinata, piu' di quanto non lo fossi gia', dalla magia nascosta in ogni fenomeno naturale. La mia voglia di conoscere il mondo, pero', e' irrefrenabile. Viaggio per Africa, India e America centrale finche' non decido di frequentare un anno accademico a Valencia, in Spagna. Dopo la mia laurea collaboro con il Centro di Ricerca Interuniversitario sulla Biodiversita'; nel frattempo vinco una borsa di studio post lauream per svolgere un progetto di ricerca sull'ecologia delle specie vegetali esotiche in una prestigiosa universita' californiana. E' li' che, per la prima volta, sento la nostalgia della mia pianura con i suoi laghi e le sue spiagge. Al ritorno da quella esperienza fantastica mi butto a capofitto in un progetto di educazione e interpretazione ambientale nel territorio del Parco Nazionale del Circeo; progetto in corso ed evoluzione gia' da un paio d'anni ma che da quel momento diventa la mia attivita' principale. La voglia di conoscere il mondo e il piacere di comunicarlo sono le due forze che alternativamente o spesso in congiunzione determinano ancora la rotta della mia vita.
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