Qui Patagonia: avvistata una balenottera spiaggiata
Con più di 300 esemplari coinvolti, lo spiaggiamento di balene scoperto a luglio all’estremità meridionale del Cile, fra il Golfo di Penas e Puerto Natales, è il più grande mai documentato. I primi 30 corpi erano stati ritrovati ad Aprile dagli scienziati della stazione scientifica di Huinay (l’unica presente nella Patagonia cilena), facendo scattare un’operazione di monitoraggio su vasta scala della regione, in collaborazione con l’Università del Cile e la National Geographic Society.
La zona in cui si è verificato questo spiaggiamento di massa, la Provincia de Ultima Esperanza, è particolarmente impervia ed ancora largamente inesplorata, con una costa frastagliata ricca di fiordi e bassi isolotti, battuti dalle onde gelide del Pacifico Meridionale.
I ricercatori si sono quindi affidati alla fotografia aerea e da satellite, identificando 305 corpi e 32 scheletri di balena. Nonostante molti esemplari siano già in avanzato stato di decomposizione, le loro caratteristiche morfologiche hanno permesso di identificarli come balenottera boreale (Balaenoptera borealis), una specie comune in quell’area.
Le balenottere boreali sono considerate i cetacei più veloci (raggiugono i 50 km/h), in grado di coprire enormi distanze, e lunghi fino a 20 metri. Le loro capacità di immersione non sono però tra le migliori: non raggiungono grandi profondità, e riemergono per respirare ogni 5-10 minuti. La balenottera boreale si trova in tutti gli oceani, ma la sua area di distribuzione varia su base stagionale: come avviene per molti altri cetacei, il ciclo vitale prevede una migrazione da zone di nutrimento a zone di riproduzione. Durante l’estate questi animali vivono ad alte latitudini, vicino ai poli, dove sfruttano appieno l’esplosione demografica dello zooplankton, che in estate è particolarmente abbondante. A differenza di quanto si osserva ad esempio nei delfini, non usano l’ecolocazione per trovare la preda, ma quando si trovano in banchi di piccoli crostacei (per lo più copepodi e krill, ma nell’emisfero Nord anche sardine) si girano su un fianco e si immergono, accumulando nella bocca enormi quantità di acqua ricca di prede, che poi viene filtrata attraverso i fanoni. Durante l’inverno smettono di alimentarsi e migrano a latitudini più basse, in acque temperate, dove avviene l’accoppiamento: tra Novembre e Febbraio nell’emisfero Nord e tra Maggio e Luglio nell’emisfero Sud. Dopo una gestazione di 11-12 mesi, le femmine generalmente danno alla luce un solo piccolo.
La migrazione avviene generalmente in mare aperto, e quindi, a differenza di quanto avviene per altre specie di balenottera, non può essere osservata dalla costa, tanto che la distribuzione invernale di questa specie è poco conosciuta.
Le balenottere boreali non hanno una struttura sociale definita, ma vivono in piccoli gruppi generalmente di 3-5 esemplari. Grandi gruppi formati da migliaia di individui si aggregano soltanto quando è disponibile una grande quantità di cibo, a differenza di quanto avviene in altri cetacei, in cui centinaia di individui stabiliscono complesse gerarchie sociali, variabili da specie a specie.
Questa specie è stata intensamente cacciata in tutto il mondo a partire dal 1860, a seguito della riduzione degli stock di balenottera azzurra e balenottera comune, commercialmente più pregiate, tanto che alla fine degli anni 70 la popolazione meridionale si era ridotta del 75% e quella settentrionale dell’80%. La specie è stata quindi protetta a partire dagli anni ottanta, ed oggi è in ripresa demografica e conta circa 12000 individui.
Ma cosa provoca lo spiaggiamento nei Cetacei?
Mentre gli eventi di spiaggiamento singolo riguardano un singolo individuo (o una coppia madre-figlio), che spesso giunge a riva già morto in seguito ad infezioni virali o parassitarie, negli spiaggiamenti di massa spesso sono coinvolti anche esemplari vivi, seppur in condizioni precarie, che una volta giunti a riva non riescono più a riprendere il mare. Gli spiaggiamenti di massa sono più comuni nelle specie che utilizzano l’ecolocazione, come i delfini ed altri odontoceti, dove è stato messo in relazione con la presenza di parassiti proprio negli organi deputati all’ecolocazione, e nelle specie sociali, come Capodoglio, Globicefalo, Pseudorca ed alcune specie di Delfinidi, in cui pochi esemplari con un ruolo di spicco nel gruppo vengono seguiti dagli altri anche quando si avvicinano eccessivamente alla costa. E’ molto raro che specie prive di una struttura sociale come la balenottera boreale siano coinvolte in spiaggiamenti di massa, e per questo l’evento che si è verificato in Cile è decisamente fuori dal comune.
Tornando alle cause, fra quelle naturali le più comuni oltre alle infezioni virali e parassitarie, sembrano essere legate alla presenza di neurotossine prodotte da organismi marini unicellulari comuni in ambienti costieri (come dinoflagellati o diatomee).
Anche i fattori geografici possono avere una certa importanza: in alcune zone gli spiaggiamenti sembrano essere più frequenti, a causa della geografia costiera o della torbidità delle acque, che può interferire con l’ecolocazione.
Ma spesso a causare lo spiaggiamento sono fattori di natura umana, come l’intrappolamento nelle reti da pesca e l’inquinamento, soprattutto quello acustico: i sonar militari interferiscono pesantemente con l’ecolocazione, e sono considerati responsabili di numerosi spiaggiamenti nelle ultime tre decadi. Non bisogna tralasciare l’impatto del riscaldamento globale, che può causare una diminuzione del numero delle prede e di conseguenza l’indebolimento dei cetacei a seguito di carenze nutrizionali, o alterarne la distribuzione: lo spostamento sottocosta dei banchi di prede spesso provoca lo spiaggiamento dei cetacei che li inseguono.
Per quanto riguarda le 337 balenottere boreali spiaggiate in Cile, i ricercatori sembrano essere orientati a considerare l’intossicazione da neurotossine la causa più probabile della loro morte: nella regione si sono spesso osservate le cosiddette “maree rosse”, ovvero eventi di esplosione demografica di microorganismi tossici. Le maree rosse in anni recenti sono diventate più frequenti, più persistenti e più vicine alla costa a causa dell’uso eccessivo di fertilizzanti azotati, che ha aumentato enormemente l’abbondanza di cianobatteri (piccole alghe unicellulari, che formano una sorta di melma verde), usati come cibo da microorganismi tossici come Karenia brevis, un dinoflagellato che produce neurotossine particolarmente potenti. Nonostante si tratti di un fenomeno di origine naturale, quindi, l’attività umana potrebbe averne aumentato l’impatto, ed essere corresponsabile di questo insolito spiaggiamento di massa.
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