Lo straordianario mimetismo del polpo

polpo

Il polpo, il più grande, mobile ed intelligente dei molluschi, ha una straordinaria abilità: in un batter d’occhio è in grado di cambiare drasticamente il suo aspetto. Come avviene anche in altri molluschi cefalopodi, la sua pelle può assumere un colore ed una trama identici all’ambiente circostante, rendendo l’animale praticamente invisibile, o al contrario prendere un aspetto che rende l’animale particolarmente appariscente.

Le modificazione del colore nei cefalopodi sono dovute alla presenza di migliaia di cellule specializzate, situate proprio sotto la pelle: i cromatofori. Ognuno di essi ha al centro un sacchetto elastico pieno di pigmento che può essere nero, marrone, arancione, rosso o giallo.

Chromatophores

Ciascun cromatoforo è controllato singolarmente da una serie di muscoli e nervi, che agiscono in modo coordinato per espandere o comprimere il sacchetto che contiene il pigmento. Quando il sacchetto si espande, va ad occupare quasi tutta la superficie esterna del cromatoforo, ed il colore diventa più intenso e brillante. Anche altri animali (ad esempio pesci, anfibi, rettili e crostacei) possiedono cromatofori, ma quelli dei cefalopodi sono differenti da tutti gli altri, ed i ricercatori credono che si siano evoluti in modo indipendente.

Molti cefalopodi possiedono anche altri tipi di cellule colorate: gli iridofori, situati più in profondità rispetto ai cromatofori, contengono una serie di piastre riflettenti, che creano un’iridescenza metallica blu, verde, argentata o dorata, mentre i leucofori riflettono il colore dell’ambiente circostante, rendendo l’animale meno cospicuo. Infine, i fotofori producono luce, tramite un meccanismo di bioluminescenza ancora poco noto, che è dovuta ad una reazione chimica delle secrezioni (come accade per i lightsticks) o alla presenza di colonie batteriche bioluminescenti, ospitate in appositi organi. L’utilizzo della bioluminescenza è più comune nelle specie che vivono a grandi profondità, dato che al buio i colori non sono visibili, mentre le specie di acque superficiali si affidano per lo più a cambiamenti di colorazione e possiedono un gran numero di cromatofori. I polpi sono in grado di modificare anche la trama della loro pelle, rendendola simile a rocce, coralli, o altre strutture circostanti, tramite il controllo di proiezioni epidermiche dette papille che possono formare protuberanze di forma variabile.

polpo 2
La ragione più evidente per cui un animale cambia colore è per rendersi invisibile ai predatori, che nel caso dei cefalopodi sono per lo più pesci (squali inclusi), uccelli, e mammiferi marini (soprattutto foche, delfini e leoni marini). L’invisibilità è un vantaggio anche durante la caccia: i polpi ed in generale i cefalopodi sono predatori, e le loro capacità di mimetismo li mettono in condizione di competere con altri efficienti predatori marini. Esistono varie strategie di criptismo nel mondo animale. Il più ovvio prevede di rendere il proprio aspetto omogeneo rispetto allo sfondo: i cefalopodi modificano cromatofori e papille in modo da simulare il fondale, e spesso migliorano il loro camuffamento adottando particolari posture; ad esempio, si appiattiscono sul substrato. Gli animali possono nascondersi alla vista dei predatori anche adottando una colorazione disruptiva, che ne maschera la forma; nel caso dei cefalopodi, i cromatofori vengono utilizzati per creare pattern contrastanti (ad esempio una serie di strisce scure) che ‘spezzano’ il contorno del corpo. Alcune specie, infine, sono in grado di imitare oggetti presenti nel loro ambiente, come alghe, sassi o altri organismi, modificando non solo il colore e la trama della pelle ma anche i movimenti del corpo. Se poi il criptismo fallisce, ed il polpo si sente minacciato, prima di sparare l’inchiostro e darsi alla fuga gioca un’ultima carta: assume all’improvviso una colorazione molto intensa e contrastante, ad esempio completamente bianca con una zona nera attorno agli occhi, e contemporaneamente prende una postura che lo fa sembrare più grande. Questo comportamento ha una funzione intimidatoria, che può far esitare il predatore e far guadagnare al polpo secondi preziosi.

polpo blu

Questo non è l’unico caso in cui i cefalopodi assumono una colorazione che li rende più visibili: come in altri gruppi animali, spesso sono le specie velenose a mettersi in mostra. Ad esempio il velenosissimo polpo blu, diffuso nell’Oceano Pacifico e Indiano, se disturbato si copre di anelli blu iridescenti: questa reazione segnala ad un potenziale predatore la sua velenosità, in una strategia detta aposematismo. In pratica, il messaggio è: se mi mangi, ti farò molto male. I cambiamenti di colore sono anche usati per comunicare con individui della stessa specie, come avviene di frequente in seppie e calamari, che li utilizzano durante il corteggiamento per attirare le femmine o tenere lontani altri maschi.

Ma come fanno i cafalopodi a cambiare colore? Quest’abilità risulta ancora più straordinaria se si considera che la maggior parte di essi non riesce a vedere i colori (con l’unica eccezione nota della seppia-lucciola Watasenia scintillans).

seppie

Anche se sono ciechi ai colori, i cefalopodi hanno occhi dotati di lenti, in grado di formare immagini e metterle a fuoco proprio come i nostri. Inoltre, questi animali possono distinguere differenze nella luce polarizzata, migliorando la loro percezione del contrasto. Avete mai notato che indossando occhiali con lenti polarizzate si è meno abbagliati dai riflessi della superficie marina e si riescono a vedere meglio i pesci che nuotano sotto il pelo dell’acqua? Ecco, i cefalopodi praticamente li indossano sempre, compensando così la loro cecità ai colori.

Tutte le informazioni raccolte dagli occhi dei cefalopodi vengono integrate nel cervello, che a sua volta controlla l’attività dei cromatofori. Ma vari studi hanno dimostrato che la pelle è in grado di controllare il proprio aspetto anche indipendentemente dal sistema nervoso centrale: in frammenti di pelle isolati dal corpo dell’animale, i cromatofori rispondono correttamente agli stimoli luminosi, presentando quella che si definisce sensibilità dermica alla luce.

Uno studio recente effettuato da ricercatori dell’Università della California a Santa Barbara ha dimostrato che la pelle del polpo Octopus bimaculoides percepisce cambiamenti nell’intensità della luce. I ricercatori hanno esposto la pelle a luce di varia intensità, ed hanno osservato una corrispondente espansione dei cromatofori. Inoltre, hanno verificato che la risposta più rapida si verifica in caso di luce blu, e hanno fatto una serie di esperimenti per verificare quali proteine fossero coinvolte. Questi esperimenti hanno rivelato la presenza di rodopsina nella pelle del polpo. La rodopsina è una proteina normalmente presente nelle cellule nervose della retina; quando viene attivata dalla luce è in grado di cambiare la sua conformazione, in modo da interagire con altre proteine. Questa interazione dà inizio ad una reazione a catena all’interno della cellula, che culmina nella produzione di un segnale nervoso, il quale viene trasmesso al cervello. Esistono vari tipi di rodopsine, che rispondono a diversi segnali luminosi. La rodopsina cutanea è presente in speciali cellule nervose della pelle dei polpi, che rispondono a segnali sia tattili che luminosi, e sono in grado di regolare l’attività dei cromatofori.

La pelle del polpo non è in grado di rispondere alla luce con la stessa efficienza e lo stesso livello di dettaglio degli occhi, ma probabilmente collabora con essi nella regolazione dei cambiamenti di colorazione. Quello che è molto interessante è che la rodopsina della pelle è sostanzialmente la stessa molecola che agisce a livello della retina, e funziona anche nello stesso modo. In pratica, un sistema già esistente per la percezione della luce negli occhi, è stato riciclato dai polpi a livello cutaneo, seguendo un copione molto diffuso nell’evoluzione: invece di inventare un nuovo meccanismo fisiologico, gli organismi ricombinano e ripropongono in contesti diversi le strutture ed i meccanismi che già possiedono.

Per approfondire:

  • M. D. Ramirez, T. H. Oakley. Eye-independent, light-activated chromatophore expansion (LACE) and expression of phototransduction genes in the skin of Octopus bimaculoides. Journal of Experimental Biology, 2015; 218 (10): 1513 DOI: 10.1242/jeb.110908.
  • R.T Hanlon, C.-C Chiao, L.M Mäthger, A Barbosa, K.C Buresch, C. Chubb. Cephalopod dynamic camouflage: bridging the continuum between background matching and disruptive coloration. Phil. Trans. R. Soc. B 2009 364 429-437; DOI: 10.1098/rstb.2008.0270
  • http://www.thecephalopodpage.org/
  • https://youtu.be/UWxr8oIkOdU
Latest Comments
  1. Alessandro Baldini
    Rispondi -
  2. Adolfo Bravi
    Rispondi -

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *