Solar Impulse – il sole nei motori

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 «Noi vogliamo dimostrare l’importanza dello spirito pionieristico, vogliamo incoraggiare le persone a mettere in dubbio quello che hanno sempre dato per scontato. »

Bertrand Piccard

All’aeroporto di Kalaeloa, su un’isola delle Hawaii, mancano pochi minuti alle sei del pomeriggio. Il sole forte di luglio è appena sceso sotto l’Oceano Pacifico e un aereo grande come un Boeing 747 cala lento e silenzioso sulla pista. Nei suoi 7200 kilometri di volo non ha consumato una goccia di carburante, non ha prodotto un grammo di C0₂. In 118 ore di volo, salendo più volte all’altezza dell’Everest, ha utilizzato l’energia più pulita e abbondante in natura: l’energia solare. La BBC, in un vibrante comunicato, non esita a definirla ‘un’impresa epica’. E poi Ban Ki-Moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite:

“Un passo avanti gigantesco, un forte messaggio ai popoli di tutto il mondo.”

L’uomo ai comandi è lo svizzero André Borschberg. Solo in cabina per ben cinque giorni ha condotto Solar Impulse fin lì dal Giappone, compiendo il balzo più lungo di un giro del mondo iniziato a Dubai nel marzo del 2015.

Il viaggio, l’avventura erano iniziati in Svizzera molto tempo prima, quando Bertrand Piccard, figlio di quel Jacques Piccard che si spinse per primo in fondo alla Fossa delle Marianne, e André Borschberg, un ingegnere e pilota collaudatore, iniziarono a sognare di volare a impatto zero, a sognare un mondo dei trasporti più pulito. Il progetto prende vita grazie al sostegno dell’Istituto Politecnico di Losanna. Non sono certo i due svizzeri, i primi a immaginare un volo ad energia solare, né i primi a metterlo in atto: l’americano Solar Challenger, per esempio, già nel 1981 aveva attraversato il Canale della Manica con un uomo a bordo, ma quello e molti altri tentativi erano sempre finiti per dimostrare il limite di queste macchine romantiche: la loro scarsa autonomia in assenza di luce solare. E l’idea di Piccard e Borschberg perseguiva un obiettivo ancora più ambizioso: volare giorno e notte utilizzando l’energia accumulata nelle ore diurne. “Una volta che avremo compiuto il ciclo delle 24 ore, lo potremo prolungare per tutto il tempo che vogliamo, attraversare l’Atlantico, fare il giro del mondo.” affermava Piccard nel 2010, ai primi tentativi di volo notturno con Solar Impulse1. Ci son voluti cinque anni ed un aereo più grande e più sofisticato, il Solar Impulse2 per un primo giro del mondo e quindi affrontare la traversata dell’Oceano Pacifico solo l’energia del sole.

Energia affatto trascurabile. All’equatore un metro quadrato di suolo assorbe circa 1Kw al giorno. Una energia notevole, se consideriamo che un potente elettrodomestico utilizza lo stesso quantitativo in quasi due ore di lavoro. A catturarla per Solar Impulse sono le ali, col loro dorso rivestito di una pellicola letteralmente imbevuta di cellule fotovoltaiche. Con una estensione di 79 metri le ali del Solar Impulse sono appena più piccole di quelle dell’Airbus A 380, ma più grandi di un Boeing 747. E infinitamente più leggero. Con un peso di ‘solo’ due tonnellate e mezzo, contro le oltre settecento di un 747 il Solar Impulse più che alla pesantezza di un SUV è vicino alla leggerezza di una piuma. E lo sa bene André Borschberg che siede ai suoi comandi: “Riguardo alla stabilità ci trovavamo in un territorio nuovo, sconosciuto. Si tratta di un aereo delle stesse dimensioni di un Airbus, è molto grande, ma eccessivamente leggero”.

Una piuma gigantesca, frutto di una tecnologia che non s’è mai arrestata nel cercare di ridurre peso e aumentare prestazioni. Da anni al centro di questa pura ossessione ci sono le batterie, ma curiosamente quella degli accumulatori del Solar Impulse non è tecnologia derivata dalla telefonia mobile. Non sono state le grandi major di Silicon Valley, produttrici di tablet e smart-phone realizzati in Cina, ad aver fornito materiale ed esperienza, ma la tenace, silenziosa industria orologiaia svizzera, che tramite Omega e gruppo Swatch ha sviluppato accumulatori sufficientemente leggeri e capaci da poter erogare per una notte intera l’energia assorbita durante il giorno.

La pelle dell’aereo, come la chiama Borschberg, quel sottilissimo film di cellule fotovoltaiche, con le batterie è nel cuore dell’impresa, nel cuore del sogno. Ed è stato proprio per un surriscaldamento delle batterie, quel cuore delicato come un cavallo dei pionieri, che per un eccesso di coibentazione ha costretto Solar Impulse fermo un giro ad Oahu, alle Hawaii, in attesa non solo di pezzi di ricambio ma anche di condizioni meteo più favorevoli per affrontare il secondo balzo oceanico, quello verso la costa degli Stati Uniti.

Fra tre mesi André Borschberg, sarà probabilmente lui l’uomo ai comandi, affronterà quel volo. Affronterà freddo e giornate intere di veglia. Dovrà accontentarsi di ‘micro-sonni’ della durata di una manciata di minuti, sonni indotti da sofisticate tecniche yoga. Sa già, Borschberg, che a 9000 metri di quota la temperatura in cabina scenderà a -20°, mentre fuori ce ne saranno 40° sotto zero. Lo sa perché già una volta in cabina la scorta d’acqua potabile gelando s’è resa inservibile. Ma l’esperienza di quel volo, al di là delle prove fisiche e gestionali, è forse il sogno di ogni pilota: “Nonostante il volo e l’ascesa a 9000 metri, le batterie si caricano. L’aspetto  particolare di questo velivolo è di vedere aumentare la quantità di energia a disposizione. È un’esperienza molto diversa da quelle fatte con gli aerei tradizionali coi quali si può temere che finisca il carburante prima di giungere a destinazione.”

Un’esperienza che costa uno sforzo enorme non solo da parte del pilota, ma da tutto il team di tecnici che a distanza segue giorno e notte i parametri ‘fisiologici’ dell’aereo. Uno sforzo economico e logistico notevole, e che a parte la visibilità degli sponsor, non ha un ritorno economico tangibile e immediato. Ma guai a seguire le vocine contabili. Ad ascoltare loro si torna al petrolio. E Solar Impulse, riguardo all’immediato, ha i piedi per terra:

«Solar Impulse non è stato costruito per portare passeggeri, ma per portare messaggi. Noi vogliamo dimostrare l’importanza dello spirito pioneristico, vogliamo incoraggiare le persone a mettere in dubbio quello che hanno sempre dato per scontato. Il mondo ha bisogno di trovare nuove strade per migliorare la qualità della vita. Le tecnologie pulite e le energie rinnovabili fanno parte della soluzione.»

Bertrand Piccard

Piedi in terra e volo: è la Storia a dimostrarci che senza i sogni, e senza i folli che si mettono in testa di realizzarli, senza salti nel buio… l’umanità resta ferma al palo. Non è certo seguendo indagini di mercato che l’uomo iniziò a volare. Nessuno finanziò i fratelli Wright, fabbricanti di biciclette che il 17 dicembre del 1903 riuscirono a far volare il primo aereo nella Storia. Nessuno avrebbe scommesso un centesimo su Cessna, un agricoltore che voleva irrorare i suoi campi dall’alto, senza parlare di Sikorsky, che sognò elicotteri. E ci vollero 25 anni affinché Lindbergh potesse attraversare l’Oceano Atlantico in solitaria. Ce ne vollero altri 25 anni per farlo con un centinaio di persone a bordo. Secondo Borschberg 25 anni sono “Più o meno il lasso di tempo necessario per i cambiamenti.” Ma aggiunge: “Se non cominciassimo oggi a lavorarci i nostri figli non avranno a disposizione l’aviazione a energia solare.”

Icaro al contrario, Solar Impulse, cui giova la vicinanza col sole. Un Icaro che nel frattempo ci fornisce oltre al sogno, immagini, suoni, emozioni spettacolari.

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rainews
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rsi.ch

http://www.rsi.ch/news/svizzera/Solar-Impulse-riparte-nel-2016-6512026.html 

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