“E’ la dose che fa il veleno”. Piante tossiche e loro impieghi
Contrariamente all’immaginario comune, il primo approccio dell’uomo verso le piante non aveva fini alimentari, bensì medicinali. Infatti, prima ancora di stabilirsi in luoghi dove praticare l’agricoltura, il genere umano ricercava nelle piante soluzioni a problemi medici di varia origine. Come faceva? I primi uomini, imitando gli animali che spesso usavano, un po’ per istinto, un po’ per esperienza, i vegetali che li circondavano, hanno inconsapevolmente gettato le basi per la sperimentazione medica. Tenendo conto del fatto che l’unica tecnica a loro disposizione fosse quella dell’esperienza diretta per tentativi, si può facilmente immaginare quanto fosse elevato il tasso di avvelenamenti, talvolta anche letali. Questo perché una pianta che risulta curativa per un animale non lo è necessariamente per altre specie, compresi i primati. Inoltre, naturale non è sinonimo di innocuo poiché 1/3 delle piante conosciute al mondo è tossica o velenosa; un bell’azzardo, quindi, decidere di curarsi assumendo con leggerezza sostanze vegetali solo perché provenienti dalla Madre Terra. Queste devono essere considerate come dei veri e propri serbatoi di sostanze chimiche sviluppatesi per un fenomeno di coevoluzione; nel tempo, infatti, le piante hanno dovuto affinare numerose difese fisiche e meccaniche, ma soprattutto chimiche, per avere la meglio nell’eterna lotta con erbivori e parassiti. Sono proprio queste sostanze difensive, insieme con quelle ingannevoli ai fini nutritivi o riproduttivi, a rappresentare tanto un pericolo quanto un’utilità per l’uomo. In questo senso, quindi, risulta complesso dare una definizione universale di veleno, ma in generale possiamo definire tali tutte le sostanze che, per ingestione o per contatto, provocano cambiamenti in strutture e funzioni di organi. La sintesi di tossine avviene in ogni parte della pianta, ma con diverse concentrazioni e abbinamenti accessori che renderanno ogni parte vegetale più o meno tossica, innocua o anche salutare. Spesso le sostanze pericolose risiedono nei frutti, come per la letale Belladonna (Atropa bella-donna); altre volte nei semi come il Ricino (Ricinus communis); nelle foglie, come in numerose piante utilizzate a scopo ornamentale quali l’Oleandro (Nerium oleander) o la Stella di Natale (Euphorbia pulcherrima); da non dimenticare i fusti verdi delle Solanaceae conosciute per gli usi alimentari degli stessi frutti e rizomi (pomodori e patate).
L’abbondanza di sostanze tossiche di origine vegetale non ha certo impedito all’uomo di trovare impieghi utili che ne permettessero lo sfruttamento. Questo perché la presenza di una tossina non determina necessariamente un avvelenamento, bensì è la dose di principio attivo assunto a fare di quella sostanza un veleno, una medicina o semplicemente una gustosa vivanda. “E’ la dose che fa il veleno”- questa la famosa frase di Paracelso (1493 – 1541), medico, alchimista e astrologo svizzero che ha rivoluzionato il concetto di medicina tramite lo studio di piante tossiche.
Nel tempo abbiamo imparato a sviluppare, catalogare e accumulare ognuna di queste informazioni per poter fare un buon uso di tutti i vegetali. Gli impieghi di una pianta tossica possono essere molteplici: da quelli nocivi volti all’avvelenamento intenzionale (diserbanti, antiparassitari, insetticidi, omicidi) a quelli moderatamente tossici per provocare blande alterazioni dello stato di salute fisica o mentale (droghe e allucinogeni o sieri della verità estratti dalla Scopolia carniolica per gli interrogatori); dai numerosi utilizzi medicinali per risolvere o alleviare sintomi di diverse patologie a quelli corroboranti per bevande come il tè o il caffè; fino alla diffusa considerazione estetica per gli usi ornamentali di bellezze floristiche.
Senza entrare nella complessa classificazione dei veleni vegetali, ho il piacere di sorprendervi con alcuni esempi di piante utili molto comuni che celano pericolose insidie; il maggior numero di casi di intossicazione registrati, infatti, non comprendono gli avvelenamenti accidentali dovuti alle somiglianze nel mondo vegetale, bensì derivano da un sovradosaggio delle più insospettabili piante di uso quotidiano.
Le erbe da cucina, così come molte verdure, fanno parte della nostra alimentazione giornaliera e catalogate come cibo sano. Ipotizziamo un classico pasto salutare: un bel piatto di pasta burro e Salvia, per esempio, può risultare tossico se quest’ultima viene utilizzata in eccesso, fino a causare seri disturbi nervosi; proseguire il pranzo con un secondo a base di pesce e condirlo con troppo Prezzemolo può causare danni ai reni e al fegato e, superato il chilo in un giorno, addirittura un effetto abortivo per il rilascio di Cianuro previa cottura.
Molti i frutti potenzialmente dannosi, se assunti a sproposito: i mirtilli neri, così come il ginepro, possono portare alla formazione di calcoli renali; la buccia della pesca può portare ad orticarie ed allergie gravi; pochi semi di mandorlo amaro (Prunus amygdalus), contenenti amygdalina, possono risultare letali per un bambino o, in numero superiore a 20, addirittura per un adulto, poiché uniti alla nostra saliva rilasciano Acido cianidrico. Nausea, disturbi respiratori, ipotermia e morte per asfissia, caratterizzano il decesso dovuto all’ingestione sconsiderata di semi di mele, pere e prugne poiché, così come le mandorle, contengono tutti l’amygdalina. I torsoli di una o due mele non sono assolutamente dannosi, eppure si conosce il caso di un uomo così ghiotto di questi piccoli semi neri che ne raccolse una tazza intera li mangiò tutti insieme e morì poco dopo asfissiato. Questi semplici esempi non vogliono scoraggiare l’uso di frutta, erbe e verdure, bensì sottolineare l’importanza del giusto dosaggio per ogni alimento, allo stesso modo in cui rispettiamo la posologia dei farmaci.
Gli effetti tossici cambiano anche in base a numerosissime variabili di cui la più importante è il soggetto ricevente. Sostanze tossiche selettive come il Piretro (estratto dal Tanacetum cinerariifolium), letale per gli insetti e innocuo per l’uomo in quantità moderate, ne è un esempio. Tuttavia anche qui entriamo nella sfera dell’accumulo, ovvero il superamento della soglia limite dovuta alla somma di tanti dosaggi considerati innocui solo se presi singolarmente.
Altri casi interessanti di dosaggio riguardano il paradosso di piante pericolosamente velenifere che, assunte in quantità moderate, risultano invece curative. La maggior parte dei farmaci oggi sul mercato contengono il giusto quantitativo di sintesi degli stessi principi attivi naturali prodotti dai vegetali in concentrazioni variabili, quindi di difficile dosaggio medico. L’esempio più calzante che si possa citare, è quello del Tasso (Taxus baccata), conosciuto come Albero della morte poiché in grado di uccidere in due ore un uomo adulto e in salute con pochi grammi delle sue foglie. Tra gli alcaloidi presenti in ogni parte della pianta, tranne che nel falso frutto (l’arillo), spicca il Taxolo, usato durante le chemioterapie su soggetti femminili con cancro al seno, poiché in grado di bloccare la mitosi dei tessuti tumorali. Qui addirittura la giusta dose trasforma l’Albero della morte in Albero della Vita! Un’altra pianta fatale è l’Atropa bella-donna, dal nome di Atropa, una delle tre Parche responsabili del taglio del filo della vita; poche frazioni di grammo uccidono un bambino in pochi minuti, eppure viene ampiamente usata per le sue proprietà sedative e antispasmodiche. Nel 1500 le donne meno abbienti si riunivano nei boschi per fare uso di unguenti altamente velenosi a base, tra le altre cose, di Belladonna; spalmare su tutte le mucose il giusto quantitativo di questi unguenti le faceva cadere in un lungo sonno pieno di allucinazioni, tra cui quella del volo, e in tal modo sfuggire per più di 24 ore ai morsi della fame e della povertà…nascevano le prime leggende sulle Streghe. In ambito medico la tossicità selettiva cambia anche al variare dei differenti parametri fisici di specie simili (peso, età, allergie) o alla differente reazione di un organismo sano da uno non in salute, rendendo ancor più delicata la scelta della giusta somministrazione che non deve condurre a un peggioramento della malattia. Il confine tra sostanza innocua e veleno, a volte, può risultare davvero effimero, ed è bene, quindi, prevenire ogni male evitando ogni eccesso.
Molto interessante e ben scritto.