Naomi Klein e il Leap Day project
Migliaia di nuovi posti di lavoro, stabili e ben pagati; eliminazione di disuguaglianze economiche, razziali e di genere; stipendi più alti e meno ore di lavoro “lasciando molto più tempo per godere dei nostri cari e far fiorire le nostre comunità.” Queste le richieste spudoratamente radicali del Leap Manifesto, documento presentato durante le elezioni federali a Toronto nel settembre 2015 da una “piattaforma politica indipendente” canadese formata da 150 organizzazioni e associazioni e firmata da decine di migliaia di cittadini, tra cui personaggi famosi come Leonard Cohen, Donald Sutherland ed Ellen Page. Obiettivi: la costruzione di un modello di società fondato sulla partecipazione, la difesa dell’ambiente e dei territori, la transizione energetica al 100% da rinnovabili entro il 2050 e la redistribuzione della ricchezza, per rendere il mondo “più verde e più equo”, e in tempi brevi. “I piccoli passi non ci porteranno più dove avremmo bisogno di arrivare. Pertanto, dobbiamo fare un balzo.”
Il movimento ha lanciato anche l’iniziativa The leap day – il giorno del salto, ossia il giorno che salta negli anni non bisestili – proprio il 29 febbraio 2016, dando avvio a una serie di eventi, seminari, convegni a tema “per spingere il nuovo governo canadese ad adottare un approccio olistico alle crisi gemelle del cambiamento climatico e della disuguaglianza […] È giunto il tempo della democrazia energetica: crediamo non solo nel cambiamento delle nostre fonti di energia, ma anche, ovunque sia possibile, che le comunità controllino collettivamente questi nuovi sistemi energetici. […] Questi nuovi progetti di energia dovrebbero essere democraticamente gestiti e controllati, e i popoli indigeni dovrebbero essere i primi a ricevere il sostegno pubblico per i propri progetti di energia pulita. La leadership deve venire dal basso.”
Tra i fautori del Manifesto spicca la giornalista, scrittrice ed attivista sociale Naomi Klein, autrice tra l’altro de: Questo cambia tutto: il Capitalismo contro il clima.
In sintesi, questi i punti salienti delle richieste del Manifesto.
Un programma generale per costruire case energeticamente efficienti e per l’ammodernamento delle abitazioni esistenti, che assicuri che le comunità e i quartieri a più basso reddito ne beneficino per primi; formazione ed altre risorse per i lavoratori dei settori ad alta produzione di carbone, affinché essi siano perfettamente in grado di far parte dell’economia ad energia pulita; trasporto pubblico a buon mercato e investimenti sulle infrastrutture pubbliche in decadimento in modo che possano resistere ai sempre più frequenti eventi meteorologici estremi; spostarsi verso un sistema agricolo molto più localizzato ed ecologico, che ridurrebbe la dipendenza dai combustibili fossili, intrappolerebbe il carbone nel suolo e assorbirebbe gli shock improvvisi nell’approvvigionamento globale – oltre a produrre cibo più sano ed economico; la fine di tutti i trattati commerciali che interferiscono con i tentativi di ricostruire le economie locali; assicurare lo stato di immigrato e la piena protezione per tutti i lavoratori, accogliendo i rifugiati e i migranti che cercano sicurezza e una vita migliore; espandere i settori dell’economia che sono già a basso tenore di carbone (assistenza sociale e medica, insegnamento, arte e mezzi di informazione di interesse pubblico); dato che gran parte del lavoro di tutela delle persone e del pianeta attualmente non è retribuito, si discuta seriamente l’introduzione di un reddito minimo universale. Sperimentato a Manitoba negli anni Settanta, questa rete di sicurezza aiuta ad assicurare che nessuno sia costretto ad accettare lavori che minaccino il domani dei propri figli, per poter nutrire quegli stessi figli oggi.
“Il denaro di cui abbiamo bisogno per pagare questa grande trasformazione è disponibile, dobbiamo solo attuare le giuste politiche per rilasciarlo. Come interrompere i sussidi ai combustibili fossili. Tassare le transazioni finanziarie. Tasse più alte per le corporation e per i ricchi. Una tassa progressiva sul carbone. Tagli alle spese militari. Tutto questo si basa sul semplice principio chi inquina paga. Lanciamo un appello a tutti coloro che perseguono incarichi politici affinché afferrino quest’opportunità e sposino il bisogno urgente di una trasformazione.” Appello condiviso anche dal candidato alle primarie del partito democratico statunitense Bernie Sanders, che ha incentrato la sua campagna elettorale su temi quali la green economy e la battaglia contro le multinazionali del petrolio e del carbone.
Discorso fatto per il Canada ma pienamente condivisibile ovunque, come testimonia il fatto che il Manifesto e il movimento si stanno diffondendo in molti Paesi e che è stato tradotto in molte lingue (tra cui l’italiano), sottolineando quanto sia avvertita a livello globale l’esigenza di una riconversione politica ed economica.
“Noi vogliamo fonti di energia che durino un tempo immemorabile, senza esaurirsi o avvelenare la terra. Le innovazioni tecnologiche hanno reso questo sogno realizzabile. Recenti ricerche mostrano che il Canada può ricavare il 100% dell’energia elettrica da fonti rinnovabili entro due decenni; entro il 2050 potremmo avere un’economia pulita al 100%.” È solo l’ennesima utopia o uno scenario che, facendo uso delle proprie fonti rinnovabili disponibili in loco, è tecnicamente possibile e fattibile? Sembrerebbe possibile, secondo gli studi compiuti nel 2014 su 139 Paesi dal professor Mark Z. Jacobson del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale della Stanford University in California e co-fondatore e direttore del Programma Atmosfera/Energia, e dal suo team di ricercatori. The Solutions Project, nome del programma e del sito della no profit fondata dallo stesso Jacobson, dal Vice-Presidente della RaboBank Marco Krepels, dall’attore-regista Mark Ruffalo e dal regista Josh Fox per sensibilizzare i cittadini (in particolare quelli statunitensi) verso i temi della sostenibilità, mostra attraverso un’infografica interattiva studiata per raggiungere il grande pubblico quale composizione da fonti rinnovabili potrebbe essere adottata da ogni paese, qualora volesse raggiungere l’obiettivo di zero emissioni al 2050.
I ricercatori hanno preso in esame i consumi di 4 settori: residenziale, commerciale, industriale e trasporti, per ognuno dei quali hanno analizzato la quantità e la fonte di energia consumata, calcolando le richieste odierne di combustibile, la futura domanda di energia, costi futuri dell’energia rispetto agli attuali, i costi e la disponibilità di uso dei suoli, numero di posti di lavoro in più che si creerebbero e benefici correlati alla salute che tale transizione – operata attraverso politiche aggressive sia per le infrastrutture sia per le modalità con cui attualmente viene consumata energia – comporterebbe.
Tra i paesi che potrebbero coprire l’intero fabbisogno energetico nazionale con l’utilizzo delle fonti naturali figura anche l’Italia, che deve cogliere l’impatto positivo che avrebbe sulla società un modello energetico a basse emissioni, dando un’ulteriore spinta all’implementazione su vasta scala delle tecnologie pulite esistenti. “Gli ostacoli principali sono di tipo sociale, politico e di indisponibilità a cambiare da parte delle industrie. Un modo per superare le barriere è quello di informare la gente su ciò che è possibile”, ha dichiarato Jacobson.
A maggio ci sarà una mobilitazione a livello mondiale – che coinvolgerà anche l’Italia, dove il 1 Maggio a Roma si terrà l’evento: Break Free from Fossil Fuels – “per bloccare i progetti di energia fossile più dannosi del mondo a supporto delle soluzioni più ambiziose. Verranno intraprese azioni dirette globali pacifiche di massa per accelerare la transizione verso il 100% di energia rinnovabile e pulita. Per anni le comunità in prima linea hanno condotto questa lotta, e questo maggio possiamo unirci a loro. Il 2015 è stato l’anno più caldo mai registrato e l’impatto dei cambiamenti climatici sta già colpendo le comunità del mondo, e il bisogno di intervenire non è mai stato più urgente. In molti luoghi, questa urgenza si aspetta che si manifesti sotto forma di disobbedienza civile pacifica.”
Per riassumere la questione, niente di meglio di un passo del Manifesto: “Non ci sono più scuse per costruire nuove infrastrutture che ci obbligano ad aumentare l’estrazione nei decenni a venire. La nuova ferrea legge di sviluppo dell’energia deve essere: se non lo vorresti nel tuo cortile, allora non dev’essere nel cortile di nessuno.” Abbiamo preso tanto: è il momento di restituire almeno qualcosa.
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