La cuoca di SeaShepherd si racconta in un libro
“In mare, e in certe situazioni hai a che fare con una cucina che si muove, con le pentole che rischiano continuamente di rovesciarsi.”
Sulla parete bianca scorrono le immagini dell’ Antartide, e di una nave di Sea Shepherd schiacciata tra due baleniere.
Raffaella si muove davanti alla piccola platea come su un vero palcoscenico, in canottiera chiara e leggings neri. Una tenuta minimal, di quelle che ti ricordano le rare apparizioni di Zero Calcare.
Con lui Raffaella ha alcune cose in comune: l’essere cresciuta a Roma, l’essere per metà francese, l’attivismo in situazione estreme e, soprattutto, il saper comunicare dritto al cuore delle persone. Il 2016 non è ancora al giro di boa, ma so già che lo ricorderò per due libri non esattamente letterari: uno è Kobane Calling, l’altro è Pensa Mangia Agisci.
“Ricette semplici, sia con le onde alte cinque metri che a casa.” Recita un box
Cucinare in mare mentre si viene speronati. È il titolo del primo capitolo del libro.
“Essere speronati da un’altra nave è un’esperienza da brividi perché non si conosce la gravità del danno fino al termite della collisione e non si riesce ad avere una idea chiara di quello che sta succedendo”
No, lei non ha i capricci da cuoco stellato. Mentre gli altri, quelli da studio televisivo danno in escandescenze per un cucchiaio di teflon o per un pomodorino, lei è una capo cuoca che ha combattuto nelle acque glaciali dell’Oceano Meridionale contro le navi baleniere giapponesi. Era ai fornelli quando la Nisshin Maru, la nave mattatoio, speronò la Sam Simon, nave di Sea Shepherd quasi un decimo più piccola.
Raffaella ci racconta della battaglia navale tra gli iceberg, un rimpiattino alla fine del mondo, vissuto a bordo delle navi di Sea Shepherd decise a intralciare i rifornimenti tra le baleniere giapponesi e le navi appoggio. E del giorno in cui il comandante, oberato da compiti, dimenticò di lanciare la sirena per avvertire della collisione imminente e del cibo che volò fuori dalle pentole. Sullo sfondo sfila un paesaggio estremo, l’Antartide. Ma tutto il mare oggi… non solo l’Antartide, è un immenso assedio a Kobane.
“Abbiamo tirato su chilometri di reti illegali. Le braccia forse ci facevano già male, ma noi non ce ne accorgevamo, non potevamo fermarci. Non avevamo quasi più spazio.”
Ci racconta di pesca pirata nei mari del mondo a bordo di pericolose carrette, di navi autoaffondate, veri e propri inferni zeppi di esseri umani ridotti in schiavitù, gettati in mare, dove nessuno guarda, nessuno controlla. Nessun rispetto per la vita umana. Immaginate quanto per il mare.
Il mare in sé richiede azione, prontezza e fatica. Figuriamoci un mare in pericolo a alla mercé dei peggiori criminali. In mare puoi patire il freddo anche ai tropici, l’essere in mare richiede calorie.
Soprattutto se si combatte, perché quella di Sea Shepherd è una guerra, è la guerra Uomo contro Specie Selvatiche, ma combattuta sulla sponda di chi non può parlare né difendersi. I volontari di Sea Shepherd sono i rinnegati. Non a caso Sea Shepherd si fregia della bandiera Irochese.
“Dopo anni a bordo di una nave mi sono resa conto che in fondo non ho bisogno di molto, anzi avere troppo può essere un peso. Quando sono in missione in Antartide ho sempre pronto uno zainetto da prendere al volo nel caso fossimo costretti ad abbandonare la nave.” Scrive Raffaella.
E ancora: “Tendiamo a credere che circondandoci delle cose che ci piacciono ci creiamo un’identità…”
Parla ovviamente di oggetti, Raffaella, di desideri spesso imposti. Perché sulle navi di Sea Shepherd non si mangia affatto male: lasagne al ragù di ceci o alla crema di asparagi, rösti di patate e cipolle, schnitzel di seitan… rigatoni alla crema di peperoni arrostiti. Il segreto è presto svelato, si tratta di cucina ‘povera’ quella dove non puoi permetterti alcuni ingredienti come carne, pesce, formaggi. E la frutta e le verdure fresche in mare le vedi solo la prima settimana. Si ripete quindi quella situazione che costrinse gli italiani ad inventare un mondo, anzi interi universi partendo da tre elementi miracolosamente buoni e versatili: farina, pomodori, olio di oliva. Per rendere i piatti più interessanti i cuochi vegani a bordo delle navi di Sea Shepherd affrontano nuove sfide su una base simile. E il risultato non sembra affatto malvagio. Non c’è neanche bisogno di chissà quali utensili, scrive Raffaella, basta solo sapersi organizzare.
Ci sono libri destinati a fare breccia nei cuori e nelle menti. E libri destinati a fare breccia nei cuori, nelle menti e nelle abitudini. Questo libro fa parte della seconda categoria; non è semplicemente un libro di cucina vegana. Non è solo un libro su Sea Shepherd e su come si mangia in Antartide mentre si rischia l’affondamento, questo utilissimo libro di ricette, per chi è vegano e per chi è solo curioso, è uno dei più potenti scritti politici che abbia mai letto, fresco e senza le pretese di tante vecchie ideologie ammuffite. Di quelli che potrebbero davvero cambiare il mondo.
“Essere vegani significa rifiutare la visione antropocentrica che vede gli animali solo come un prodotto da sfruttare.”
Pensa Mangia Agisci è disponibile in tutte le librerie fisiche e online. Con i diritti d’autore a sostegno di Sea Shepherd.
Bell’articolo, ero presente anche io alla presentazione, le parole di Raffaella hanno avuto un impatto simile su di me…