Mare, oggi come stai?
posted by Claudio Di Manao | Giugno 14, 2016 | In Dimmi del Mare, Home | Articolo letto 5.433 volteMi piacerebbe chiederglielo direttamente, magari immergendomi come giorni fa in Liguria, quando ho visto tantissimi polpi beati nelle loro tane intorno all’isola di Bergeggi, ma non otterrei che un vago riflesso molto local, protetto all’interno di una AMP. La Big Picture è necessariamente molto più estesa e complessa, va dall’Artico remoto, ma di fatto sempre più accessibile per mancanza di ghiacci, all’Australia che perde pezzi della Grande Barriera. Il riscaldamento globale sembra il problema più grave e diffuso, ma altrettanto subdola e ubiquitaria è la microplastica, che da pochissimi giorni è uscita di una mezza misura dal limbo di particella misteriosa, grazie a uno studio britannico che ne ha misurato l’impatto. Qualche vittoria seria è stata raccolta dai gruppi ecologisti, e se guardo giù in profondità dopo aver spazzato i punti cardinali in superficie, c’è un luogo assai meno frequentato dello spazio orbitale (in confronto la ISS è un posto affollato) ma che non smette mai di regalarci nuove, psichedeliche visioni: l’Abisso.
Le regioni marine artiche, ormai libere dai ghiacci, sono ora una sorta di far west per chi brama nuove opportunità lontano dalle regole e dai controlli. Davanti all’ennesimo ‘vuoto giuridico’ sfila la galleria di personaggi nel solito ordine di apparizione: prima arrivano i pirati, puntualissimi ad approfittare e a fare scempio, poi entrano in scena le Nazioni Unite a dare l’allarme con uno studio scientifico in mano che nessuno fila. Si attivano gli attivisti, tra i pochissimi che leggono le pubblicazioni scientifiche delle Nazioni Unite, per ultimi i governi, che da Big Data alla pesca eccessiva fino al riscaldamento globale hanno dato prova di saper agire solo a buoi già scappati. Una buona notizia è che Greenpeace è riuscita a convincere McDonald’s, Tesco, Iglo, Young’s Seafood e altri prestigiosi marchi a non rifornirsi più dai soliti spacciatori di merluzzo che pescano nell’Artico con reti a strascico devastando i fondali, delicati nell’ecosistema marino in generale ma assolutamente critici nell’Artico. Senza considerare che il merluzzo è pressoché già estinto nel nord Atlantico grazie alla lungimiranza delle industrie ittiche e alle loro pianificazioni ‘scientifiche’. L’aver piegato dei Big come McDonald’s e Tesco è un grosso passo avanti, ed un ottimo sintomo nella battaglia d’immagine. Che la nostrana MareBLu, per esempio, continua a non capire infischiandosene dei danni all’habitat e delle condizioni di vita disumane a bordo dei suoi pescherecci.
Poi ci sono gli effetti diretti del riscaldamento globale: in Australia il 22% della Grande Barriera, una delle meraviglie del mondo e patrimonio dell’Unesco, è stato dichiarato morto. Considerate le dimensioni della barriera, estesa quanto l’Italia, e la sua importanza come bellezza e biodiversità, non è una notizia da poco, è come se in Lazio, Toscana, Emilia e Liguria non crescesse più un albero e non esistessero più né chiese né musei. Le cause di questo degrado? Principalmente l’acidificazione dei mari e lo sbiancamento dei coralli, fenomeni direttamente legati alle emissioni, che possono essere affrontati solo su scala globale. In secondo luogo le sostanze inquinanti, tra i quali la microplastica. Pare che i coralli la filtrino, restandone asfissiati.
La plastica è uno dei più grandi nemici del mare, ma è solo negli ultimi anni che abbiamo cominciato ad intravedere uno dei suoi aspetti più inquietanti: la microplastica. Producono microplastica i sacchetti della spesa che (molto, molto, molto lentamente) si sminuzzano e si decompongono, ma anche gli scrub esfolianti, i dentifrici contenenti microperle sintetiche, la producono i tessuti sintetici come il pile. Filtri e depuratori non sono in grado di filtrare particelle dal basso peso specifico più piccole di mezzo millimetro di diametro. Molluschi, coralli e alcuni pesci invece ci riescono e come.
Pochi giorni fa dei ricercatori britannici hanno capito come agisce la microplastica in un ecosistema studiando le larve di pesce persico, specie di acqua dolce. A quanto pare le larve osservate preferiscono la microplastica al plancton e se ne ingozzano, morendo prematuramente, con tutte le conseguenze immaginabili. In aree dove la microplastica abbonda potrebbe essere messa in pericolo la specie stessa. Difficile stabilire come stia andando realmente in mare, ma di certo non possiamo confidare nella furbizia delle specie marine: delfini e tartarughe scambiano ormai da mezzo secolo i sacchetti e involucri di plastica per meduse e muoiono soffocati. Figuriamoci le larve dei pesci.
Ma anche qui qualche battaglia si inizia a vederla vinta; gli Stati Uniti e l’Olanda hanno vietato le microperle di plastica nei cosmetici, in Regno Unito secondo un sondaggio il 90% delle persone è favorevole al bando, e Greenpeace è riuscita a far aderire alla campagna contro le microperle un sostanzioso numero di aziende cosmetiche britanniche. L’Europa e l’Italia piano piano e con molta calma… ci arriveranno anche loro, gli ci vuole tempo. Intanto il Med è lì che langue da decenni per poltronaggine dolosa.
Nonostante tutto la vita marina riesce ancora a rubare la scena a tutti con gli effetti speciali. Sott’acqua ci si può muovere in tutte le tre dimensioni senza dover affrontare lo sforzo che compiono gli uccelli per volare, e la maggior parte delle creature marine sfrutta le correnti per spostarsi. La stessa parola plancton significa ‘vagabondo’, e tra gli esseri planctonici sono sicuramente i più strani e affascinanti. Meduse e ctenofori battono tutti, in quanto ad aspetto alieno, anche Hollywood. L’alieno del film Abyss, di James Cameron s’ispira, nell’aspetto, proprio agli ctenofori. E Cameron è stato uno dei pochi uomini che sono arrivati sul fondo più fondo degli oceani, la Fossa delle Marianne. Proprio lì un ROV ne ha trovato un altro, di alieno. Assomiglia da morire al mio disco volante preferito. Mi ricordo esattamente quando me lo presentarono: si spensero le luci e lo strano oggetto iniziò a mandare strani bagliori mentre vagava sul pavimento di una cameretta buia. Erano i giorni in cui mi sentivo sempre più appartenere a quella massa blu che si stendeva oltre la pineta che a questa Terra, e quel giocattolo opalescente invece di ricordarmi lo spazio mi ricordava la madreperla. E le meduse. Nessuna, però, emanava quei bagliori ipnotici. Il mese scorso, in fondo alla Fossa delle Marianne quelli della NOAA ne hanno trovata una che lo fa.
Per approfondire:
- greenpeace.org – vittoria! stop alla pesca a strascico nell’artico
- greenpeace.org – tonno mareblu sei proprio insostenibile!
- theguardian.com – agencies say 22 % of barrier reef coral is dead
- theguardian.com – two thirds of british public back microbead ban greenpeace poll
- bbc.com – fish eat plastic like teens eat fast food, researchers say
- lastampa.it – pesci scambiano la plastica per plancton
- beatthemicrobead.org – companies that have pledge to stop using microbeads
- livescience.com – alien jellyfish mariana trench
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Claudio Di Manao
In una tipica mattinata caraibica dei primi anni '90 l’ex consulente finanziario ed immobiliare Claudio Di Manao, tra ventagli di mare blu, barracuda ed altri pescetti colorati rinasce alla subacquea. Non solo decide subito di ricominciare ad immergersi: vuole diventare istruttore, il che gli sembra un'ottima scusa per esercitare professionalmente la sua attività preferita: il vagabondaggio in paesi caldi. Dopo anni di ‘divemasterato’ in Scozia, Inghilterra, Messico e Caraibi diventa istruttore nel 1996 a Grand Cayman. Per una serie di motivi che non è mai stato in grado di spiegare, Claudio Di Manao si reca a Sharm el Sheikh, in Egitto e ci resta per ben undici anni. L'ambiente surreale di Sharm el Sheikh gli suggerisce di scrivere 'Figli di Una Shamandura', il suo primo libro che diventa un Cult. Ovviamente non l’avrebbe mai immaginato. Gli viene offerto di collaborare con importanti portali come GoRedSea. Inizia a lavorare come free-lance e non solo nella subacquea. Nel 2008 realizza Tra Cielo e Mare, rubrica per la Radio Svizzera e viene invitato a scrivere testi e sceneggiature di documentari. In questo campione della sua carriera, cioè adesso, collabora regolarmente con: AlertDiver , il magazine del DAN, Diver Alert Network, con il Corriere del Ticino, quotidiano svizzero di Lingua Italiana e con ScubaZone, il magazine subacqueo in Italiano più letto e più scaricato nella storia della subacquea e, come potete constatare, con imperialbulldog.com.
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