Perché la bandiera IROCHESE sulle navi di SeaShepherd
Non capita tutti i giorni che navi ambientaliste ostentino una bandiera che non è la loro. Eppure SeaShepherd sventola la bandiera irochese. Ma chi sono questi irochesi?
“L’unione fa la forza”, devono aver pensato nel lontano 1570 cinque tribù del Nord America, poco numerose, deboli e in perpetua lotta per il territorio di caccia e coltura tra loro e con il colonialismo europeo. Basta precarietà e fratricidi, ma come?
Narra la leggenda che il profeta Deganawidah (Il Grande Pacificatore), capo Urone scacciato dalla sua tribù, appoggiato da Haiawatha, capo Mohawk, dopo aver avuto la visione profetica di un grande abete – che figura al centro della bandiera irochese, simbolo di fratellanza – propose un’alleanza tra le tribù Mohawk, Onondaga, Seneca, Oneida e Cayuga con lo scopo di abbandonare la violenza e conseguire “la pace, l’autorità civile, la giustizia e la legge superiore” tra i diversi popoli indiani. Fu così che nacque la Lega o Confederazione irochese, detta anche delle Tuscarora cui si aggiunsero nel 1722 i Tuscarora. Una lega temuta, la più influente, che produsse un’espansione e un dominio unici nella storia pellerossa nonchè una delle più forti potenze politiche, commerciali e militari fino a fine del ‘700 in una vasta area a nord dello Stato di New York, tra il lago Ontario e il fiume San Lorenzo. Ma anche, e soprattutto, un modello politico avanzato, democratico ed egualitario, tanto che il suo sistema civico e sociale, basato su leggi che riconoscevano libertà di parola e di culto, pare abbia posto le basi su cui fu redatta la Costituzione degli Stati Uniti d’America.
Salute e benessere del corpo e della mente di ogni membro; pace e aiuto reciproco (in caso di pericolo come malattie e carestie) fra i singoli e le nazioni dell’Unione; rispetto e giustizia per ogni uomo o donna: questi i principi guida della Costituzione dei Popoli Confederati, che non a caso era chiamata la “Grande Legge di Pace”. Un sistema così civile che, nei rari casi in cui veniva commesso un crimine all’interno della comunità, esso era sì punito con la morte, ma il reo poteva anche essere perdonato della famiglia del defunto se essa accettava i suoi segni di pentimento e supplica, su esortazione dei capi delle tribù e degli amici dei familiari in lutto…
La struttura politica ruotava intorno al Gran Consiglio della Lega e ai 50 capi del villaggio (Sachem) che lo formavano. Ogni tribù era rappresentata da un numero di Sachem proporzionale a quello dei suoi membri, ed era divisa in clan, ad ognuno dei quali era assegnato un animale totem. Lo stesso clan era presente in tutte le tribù, in modo da unire indissolubilmente i membri della Lega come fratelli. In perfetto stile democratico, per poter prendere qualsiasi decisione il Consiglio doveva discutere e mediare fino a raggiungere non la maggioranza bensì l’unanimità, spianando le discussioni fra i componenti, e successivamente le decisioni prese dovevano ottenere il consenso della popolazione. Non accadeva mai nulla all’interno della società irochese senza che si fosse prima tenuto un Consiglio.
La straordinarietà di questa forma politica era che amalgamava numerosi clan creando un’unica volontà e un’unica entità, rispettando allo stesso tempo l’autonomia locale e la libertà individuale: ogni tribù era infatti libera di gestire i propri affari interni ed eleggeva il proprio capo di guerra, che formava con gli altri il Consiglio di Guerra; i villaggi individuali avevano la responsabilità di mantenere l’ordine pubblico e la terra apparteneva alla comunità come pure il sopravanzo dei prodotti, che veniva diviso con i vicini bisognosi (anche se nella maggioranza dei casi ogni famiglia era autosufficiente). Il Gran Consiglio si occupava solo delle questioni che riguardavano tutta la Nazione come pace, trattati, dispute territoriali, guerre, annessioni, cerimonie funerarie e religiose.
E se dicessimo che a reggere la società di una Confederazione di nativi, a gestirne l’economia e a prendere le decisioni più importanti erano le donne? Ebbene, le donne irochesi godevano di privilegi a cui molte donne aspirano ancora oggi. Esse erano a tutti gli effetti casalinghe-imprenditrici, proprietarie e amministratrici sia della capanna sia della terra coltivata, benché non la lavorassero (erano i maschi della famiglia ad avere questo compito, oltre ad occuparsi di caccia, pesca e guerra; le donne intervenivano solo alla raccolta per stipare i cereali in appositi granai).
Esse sole decidevano le questioni di famiglia quali il matrimonio dei figli (che era un accordo tra madri), ed erano loro le più interessate a far funzionare le coppie, intromettendosi per appianare i disagi tra i coniugi (incredibile ma vero!); se gli sposi proprio non andavano d’accordo era la donna a divorziare. L’eredità della madre passava attraverso le figlie femmine, quella del padre al parente più prossimo della tribù.
Erano le donne che, consultandosi tra loro, nominavano i Sachem (carica ereditaria), ed erano sempre loro a decretarne la destituzione in caso di inosservanza della Costituzione o inadeguatezza. Inoltre partecipavano attivamente alle riunioni del Consiglio con diritto di parola, ma non solo: spettava a loro decidere la pace o la guerra. In quest’ultimo caso, quando gli irochesi facevano prigionieri le opzioni erano l’adozione o la tortura. Se la matrona sceglieva l’adozione il prigioniero veniva incluso totalmente nella sua famiglia come figlio della donna più anziana, diventando di conseguenza membro effettivo della tribù. Talvolta un prigioniero poteva essere rilasciato per via del rispetto che si era guadagnato in battaglia, e in questo caso non sarebbe più sceso in campo contro di loro.
Se dovessimo dar credito al significato che i francesi (e altri nativi prima di loro) danno al termine “irochesi”, dovremmo considerare questi ultimi “assassini” o “veri e propri serpenti”. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che a partire dal 1609 gli stessi francesi e le tribù loro alleate furono nemici della Lega. E si sa, tra nemici non si fanno tanti complimenti.
Il controllo del mercato delle pellicce di castoro, richiestissime in Europa soprattutto per il confezionamento di berretti e barattate con utensili di metallo e armi da fuoco, fu la causa dello scoppio della guerra. Entrati in contatto con i mercanti olandesi della baia di New York negli anni seguenti, e ottenuta in cambio delle pelli una grande quantità di armi, i confederati riuscirono spesso a tenere testa ai francesi, impedendone l’espansione. Nel 1664 gli olandesi vendettero la zona agli inglesi, i quali a loro volta ebbero rapporti amichevoli e scambi commerciali con gli irochesi e ne fecero i propri alleati nelle guerre con i francesi, ottenendo nel 1763 grazie al loro prezioso aiuto la cacciata definitiva della Francia dal nord America.
La disfatta della Confederazione avvenne con la guerra di Indipendenza americana, quando si creò una divisione interna: alcune tribù si schierarono con i coloni, altre rimasero fedeli agli inglesi, anche nella speranza di riuscire a mantenere il possesso dei propri territori. Le loro aspettative vennero però deluse: il trattato tra Stati Uniti e Gran Bretagna del 1783 cedeva l’intero territorio irochese agli americani, tralasciando il fatto che su quella terra viveva già una nazione sovrana.
Ad oggi i rimanenti delle sei tribù vivono sparsi tra il lago Ontario e lo Stato di New York, confinati nelle riserve. Magra consolazione per un popolo che, con una popolazione che probabilmente non superò mai le 20mila unità, senza un linguaggio scritto (le loro tradizioni e leggende erano tramandate oralmente e affidate ad incisioni di differenti colori e simboli grafici sopra speciali cinture, dette wampum, fatte con perline colorate ricavate da conchiglie) e priva di ogni capacità manifatturiera, riuscì a resistere per ben due secoli a colonizzatori francesi, olandesi, inglesi e gesuiti e, finché poté, anche agli indipendentisti.
Gli irochesi, invece, si riferiscono a loro stessi con il nome “Popolo della Lunga Casa” (Haudenosaunee), epiteto che richiama la tipica abitazione irochese consistente in una costruzione rettangolare di legno lunga fino a 60 metri ed in grado di ospitare diverse famiglie.
Anche il vasto territorio della Lega rappresentava simbolicamente una ‘lunga casa’ invisibile, di cui ciascuna tribù custodiva una Porta.
I nativi vivevano in villaggi di forma circolare protetti e fortificati per mezzo di palizzate. Fuori dalla cinta muraria vi erano sempre ampie spianate, per avvistare eventuali nemici e per lasciare spazio alle coltivazioni di diverse varietà di mais, fagioli e zucche (soprannominati le tre sorelle) e di oltre 14 tipi di farina e innumerevoli cereali, in cui la selvaggina integrava la dieta.
Dal punto di vista mistico-rituale, in una società basata sullo sciamanismo come la loro, l’elemento più caratteristico è costituito ancora oggi da maschere deformi e spaventose che rappresentano gli spiriti della notte, usate in molte manifestazioni e cerimonie religiose. Due volte l’anno i Visi Falsi visitano il villaggio entrando nelle capanne per scacciare gli spiriti maligni, indossando maschere di legno con tratti umani talmente brutte che, dicono, allontanano gli spiriti e le malattie. La controparte femminile sono invece i Volti di Paglia, maschere tessute o intrecciate con le foglie accartocciate del mais, realizzate dalle donne ma che possono essere indossate anche dagli uomini.
Perché, in definitiva, assurgere a simbolo di SeaSheperd una coalizione di nativi nordamericani? Forse perché il governo statunitense ha relegato il loro diritto alla terra e all’autodeterminazione in un angolo. O forse perché gli irochesi, come la maggior parte dei popoli tribali, hanno una prospettiva della vita a lungo termine, in base alla quale le decisioni quotidiane vengono prese tenendo conto della salute futura dell’ambiente e il benessere delle generazioni successive. E non è un caso che il Grande Pacificatore della Confederazione abbia affermato: “Non pensate sempre a voi stessi, o Capi, e nemmeno alla vostra sola generazione. Pensate alle generazioni che verranno, ai nostri nipoti, a coloro che non sono ancora nati, e i cui volti stanno per sorgere dalla terra.”
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