Kiribati, cronache illustrate di una terra (s)perduta
Kiribati sta affondando. A nulla varrà la danza del suo pesista alle Olimpiadi. Tra pochi anni la nazione arcipelago fatta di isole, di vite sparse per 5000km da Est a Ovest nel Pacifico, non esisterà più. L’Oceano sale inesorabilmente. La causa? Il riscaldamento globale.
Kiribati è il sogno di ogni naturalista. Me ne parlò per la prima volta Franz, un mio amico ricercatore. Laggiù le migliori immersioni del mondo, secondo Eric Sala, ecologista marino ed Explorer-in-Residence del National Geographic. Vedere Kiribati prima che sparisca è il sogno forse un po’ amaro di un esploratore del nostro secolo.
Due ragazzi di Milano questo sogno l’hanno realizzato ponendosi un obiettivo scientifico. Volevano documentare la vita su un arcipelago che non ci sarà, dove i suoi abitanti devono costantemente ricorrere a sacchetti di sabbia per contenere le maree, dove si ritrovano le loro case, e le radici delle piante, allagate. Stanno fuggendo, evacuati dal governo. Sarebbe errato chiamarli i primi ‘migranti climatici’, le guerre in Medio Oriente e Nord Africa hanno tra le cause anche la scarsezza dell’acqua ed il suo controllo, ma il primo contingente ufficiale di ‘rifugiati climatici’ è già arrivato a Fiji. Da Kiribati. Così i due, Alice Piciocchi e Andrea Angeli, giovani laureati l’uno in Architettura, l’altra in Disegno Industriale, hanno deciso di partire per quell’esplorazione verso ‘il primo paese al mondo destinato a scomparire, forse tra 20, 30, 50 o 100 anni a seconda delle ipotesi’ per ‘Poter trasformare quei puntini sulla mappa in qualcosa di più’. E se volevano dare un’anima a quei puntini, e ai loro abitanti, Alice e Andrea con Kiribati ci sono pienamente riusciti. Riporto un passo dall’introduzione:
“Lo scetticismo e l’incredulità tra la gente comune è tanta, ed è complicato capire, senza i rudimenti scientifici, quale delle teorie sia la più plausibile e verosimile.
E allora abbiamo fatto un passo indietro e abbiamo capito che la migrazione non era il punto. Il punto era scattare una fotografia di un’identità, fatta di molteplici sfaccettature, in alcuni casi anche contraddittorie. Riti magici, leggende, usanze connesse al paesaggio e alle sue risorse, ritmi scanditi dalle maree…”
Storie di donne che incantavano le balene, che le attiravano in acque basse con una melodia per farle catturare facilmente e utilizzarne la carne, l’olio, le ossa. Storie di ghirlande, di ornamenti floreali degni dell’Ikebana, di una società che quando si sbarca su un atollo per prima cosa si reca omaggio allo spirito del luogo, c’è un sito apposito, una specie di dogana, in un arcipelago dove gli antenati, come in Papua, continuano ad abitare in casa con i vivi. A Kiribati i morti vengono sepolti in giardino, e le ossa vengono riesumate e lucidate a scadenze fisse. Come in Madagascar, nel rito della Famadihana, la riesumazione dei morti. Eh sì, perché queste culture così apparentemente sperdute e isolate, come quella micronesiana, o polinesiana, hanno viaggiato tanto, altrimenti non ci spiegheremmo gli insediamenti umani in una pletora di isole che vanno dal Giappone al Cile, poi a ritroso verso Indonesia, Malesia e Seychelles fino al Madagscar, verso l’Africa, dove tutto ha avuto origine.
Kiribati, cronache illustrate di una terra (s)perduta, non ha la pretesa di raccontarci delle migrazioni, ma non si può fare a meno di ricordare che espansione e riflusso di queste culture sono pura vertigine.
Fu vertigine per James Cook citato all’inizio dell’opera, il primo europeo che scoprì, innamorandosene perdutamente, questi luoghi, dove oggi l’ambulanza non è nemmeno un elicottero, ma più facilmente un idrovolante, e le emergenze sono spesso curate da stregoni.
Un mondo dove la gente non capisce perché in occidente si corre, e ci si affanna per accumulare denaro, per avere di più. Questo è il popolo che sta per migrare in massa, in un ‘altro mondo’, un mondo per loro incomprensibile.
Erano anni (forse dalla mia infanzia?) che non sfogliavo un libro così. La veste editoriale è notevole, dalla grammatura alla copertina rigida sembra un libro d’altri tempi. Non c’è una fotografia. Solo illustrazioni, grafici, disegni e schemi. Se la fotografia è il vedere, l’illustrazione è l’immaginare, l’illustrazione corrisponde al romanzo. Nell’insieme mi ricorda quei libri con i capitoli separati (o annunciati) da un pattern colorato, spesso una mappa estesa su entrambe le pagine, quel tipo di libri che riportavano le cartine di Timbuctu, e le rotte di Stanley, per intenderci, così ricchi di informazioni, proprio perché illustrati, pazientemente a mano.
Un’opera notevole, con un capitolo finale che mozza il fiato, ma non vorrei togliervi la sorpresa.
Il tutto a 16.90 Euro, niente per un’opera come questa. Per di più stampata in Italia e non in Cina. 24 Ore cultura: chapeau!
- http://www.24orecultura.com/art/libri/2016-04-19/kiribati-cronache-illustrate-terra-162132.php
- http://www.huffingtonpost.it/2016/08/16/ballo-pesista-kiribati-riscaldamento-climatico_n_11540680.html
- https://it.wikipedia.org/wiki/Kiribati
- http://www.internazionale.it/tag/paesi/kiribati
- http://www.bbc.com/news/world-asia-35024046
Interessante, grazie Clod