Il Mare? Anche lui ‘too big to fail’ – Sylvia Earle a Bologna

 

© Kip Evans, Mission Blue

“Noi subacquei sappiamo cosa sta succedendo perché noi conosciamo ciò che sta sotto la superficie. Per tutti gli altri, quelli che guardano il mare da sopra, il mare oggi sembra lo stesso di cento anni fa, di mille anni fa. Ma noi sappiamo che sta cambiando. Sappiamo che il mare dagli ultimi cento anni sta diventando qualcosa di molto diverso; cento anni fa furono istituiti negli Stati Uniti i primi Parchi Nazionali. Qualcuno dice che sia stata l’idea migliore che abbia mai avuto l’America. Da allora tutta l’attenzione è stata volta alla Terra. Forse tutti pensavano che gli Oceani fossero ‘too big to fail…”

Sylvia Earle parla nella sala ‘Anemone’, dieci file di sedie, due scrivanie e un proiettore, da un padiglione della Fiera di Bologna, tra il rumore di treni che passano e davanti a un pubblico a dir poco devoto e autorevole. Purtroppo minuscolo. Tutto è troppo piccolo per una che infiamma le platee di TED, che incassa standing ovation alle Nazioni Unite.

“No Oceans? No us…”

Definita ‘Sua Profondità,’ dal New Yorker e dal New York Times, “Legenda Vivente” secondo la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, e primo “Eroe del Pianeta” secondo il Time magazine: Sylvia Earle è una dei grandi del nostro secolo. E anche a Bologna tutti si alzano in piedi. L’emozione è davvero forte. Un’emozione iniziata tanto tempo fa.

Più di venti anni fa, con un libro su un comodino in un appartamento di Cancun, Messico. In copertina c’è una donna sorridente alla guida di un sottomarino per la ricerca scientifica, una specie di astronave con un fish-eye gigantesco sulla sommità. Dentro, nel bulbo trasparente, c’è lei, Sylvia Earle, la donna che ha speso negli abissi l’equivalente di un anno della sua vita, oceanografa, esploratrice e ricercatrice.

Dr. Sylvia Earle smiles from within a submersible during the Sustainable Seas Expedition.

Il futuro della comprensione degli oceani è negli abissi:

“Oggi, come più di cento anni fa abbiamo l’opportunità di fare per il Mare quello che è stato fatto par la Terra. Per capire il Mare devi entrare dentro il Mare e per fare questo servono le persone che vanno sott’acqua. E più andiamo in profondità più ci sono cose che non sappiamo. Un mondo che vive nell’oscurità ma dove esiste la maggior parte della vita del pianeta.”

Ma la sopravvivenza degli oceani dipende da chi bazzica la superficie. Mission Blue è il nuovo progetto di Sylvia Earle. Ne fanno parte il National Geographic e più di duecento organizzazioni nel mondo più la IUCN, Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Con una idea geniale:

L’Hope Spot. Letteralmente: il punto della speranza. Sylvia si augura che tutti i subacquei, e non , abbiano un luogo nel mare che gli è particolarmente caro e che lo segnalino a Mission Blue, in modo che possa essere capito e finalmente protetto.

“Abbiamo coinvolto anche Google, così che tutti possano contribuire con immagini ed osservazioni su ogni Hope Spot nel Mare.”

Perché c’è ancora speranza, dice Sylvia Earle.

“Molti sono propensi a pensare che il Golfo del Messico è morto, dopo ciò che è successo, che il Mediterraneo è morto. Invece c’è ancora speranza.”

Inevitabilmente è una donna a parlare così. Noi maschi siamo più propensi a fare guerre, accusare compagnie petrolifere e mafie della pesca, mentre le donne sono quelle che si rimboccano le maniche e dicono:

“Guarda che casino, da dove cominciamo?”

 

Quello degli oceani, tra pesca eccessiva, acidificazione, microplastica e riscaldamento globale, è un disastro oltre la nostra portata, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Una piccola speranza ce l’ho anche io. Sarei più onesto a dire che è la mia tematica da almeno cinque anni. Forse ai limiti dell’ossessione, ma ne sono perfettamente convinto. Cito l’introduzione di Sylvia Earleex direttrice scientifica della NOAA:

“Abbiamo perso il 90% degli squali, il 50% delle barriere coralline. Squali, tonni, pescispada, cernie… sono stati sterminati o stanno sparendo. Questo voi (in sala) lo sapete. Ma la maggior parte della gente non lo sa. È un onore essere con voi amici, con chi comprende cosa sta succedendo agli oceani. Ma abbiamo bisogno di più subacquei, serve più gente ‘dentro’ il mare, che possa condividere le osservazioni e quello che sta succedendo.”

Tutti sanno cos’è la NASA, l’ente spaziale americano, ma quanti sanno cos’è la NOAA? Non c’è bisogno di sondaggi per scoprire che pochissimi sanno cos’è il National Oceanic and Atmospheric Agency, il più grande ente del pianeta su clima e oceani. Eppure oceani e atmosfera terrestre dovrebbero essere più importanti dello spazio. E quando si parla di Oceanografia la maggior parte della gente pensa a Jacques Cousteau, ignorando che invece è una donna la voce e la mente più autorevole. Soprattutto viva, ed attiva.

 

Sylvia Earle è stata insignita del Tridente d’oro, la massima onorificenza dell’Accademia Internazionel di Scienze e Tecniche Subacquee, ma a parte il Resto del Carlino, giornale di Bologna, troverete poco sui quotidiani italiani.  Consentitemi questa piccola polemica. In fondo questa ‘ignoranza’ di notizie riflette lo stato dei nostri mari.

E perdonatemi gli eventuali errori: volevamo che Sylvia Earle uscisse l’8 marzo.

E così è stato.

 

Per approfondire:

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