L’alga microscopica che ci farà volare

Trebouxia, microalga unicellulare

La nostra storia inizia nel Parco del Gran Paradiso e finisce (per ora) sul palco di Innovation 2016, manifestazione promossa dal colosso mondiale agri-farmaceutico Bayer che premia le migliori start-up nel settore dell’agricoltura sostenibile e dei biocarburanti.

È proprio una passeggiata tra i boschi a dare a Anna Favre e Adriano Biancardi lo spunto per iniziare un lungo progetto di ricerca che ha portato alla fondazione di Alga Jet e, successivamente, grazie al connubio con il team delle filiere Edizero-Edilana, alla fase realizzativa con Algae-Ready per la produzione di biocarburanti intelligenti.

L’oggetto di tanti anni di ricerca è stato un lichene, o più nello specifico, l’alga unicellulare che in simbiosi col fungo ne permette la vita. Da decenni ormai le alghe sono al centro di svariati progetti per la produzione di biocarburante grazie ad un particolare olio, in esse contenuto, altamente energetico.

Nonostante negli ultimi anni il prezzo del petrolio si sia notevolmente abbassato, l’interesse verso i biocarburanti è crescente, se non altro per i vantaggi in termini di inquinamento atmosferico. Un passeggero che percorre la tratta Roma-New York, per fare solo un esempio, produce in un volo lo stesso quantitativo di anidride carbonica di un cittadino europeo nell’arco di un intero anno solare. Appare evidente che, soprattutto nel trasporto aereo, è urgente individuare carburanti alternativi ma, al momento, i bio-carburanti disponibili sono ancora troppo costosi e implicano lo sfruttamento di ingenti risorse naturali.

Algae-Ready, nonostante le sue modeste dimensioni e potenzialità economiche è stata capace di raccogliere risultati di gran lunga più soddisfacenti di quelli pubblicati dai distretti algali di Bill Gates o quelli, ancora più estesi, del governo californiano e degli Emirati Arabi.

Per loro vi sono ancora troppi limiti sia in termini di costi di produzione, consumo di acqua, suolo e fertilizzanti sia in termini qualitativi. Infatti, gli oli da loro estratti si solidificano a basse temperature e, per essere utilizzati negli aerei, devono essere tagliati con additivi sintetici.

L’alga Trebouxia individuata da Adriano Biancardi e Anna Favre non era una novità nell’industria. Fino ad oggi più di 3000 dei suoi principi attivi sono già utilizzati nell’industria alimentare e nella cosmesi. I due ricercatori, però, sono riusciti a individuare e brevettare un ceppo, presente nei licheni d’alta quota, il cui olio rimane allo stato liquido fino a -20°C.

Lichene d’alta quota

Perché sopravviva al di fuori del suo ambiente naturale, però, la preziosa microalga ha bisogno di una casa che, normalmente è un fungo simbiotico. Per la coltivazione sostenibile di Trebouxia i ricercatori si sono rivolti a Edizero Architecture of Peace, già presenti nel settore dell’aviazione con gli isolanti Edilana Fly. Dal 2010 l’azienda ha dato il via a una produzione (Ortolana) di geotessili e agritessili disinquinanti risananti e nutrienti per l’agricoltura petrol-free.

Daniela Ducato, fondatrice di Edizero.

E così il team di Daniela Ducato realizza il nido per l’alga Trebouxia, che le consente di produrre il doppio del bio-fuel rispetto alle altre coltivazioni, senza l’uso di fertilizzanti, senza modifiche geniche e senza il consumo di acqua ma recuperando, addirittura, quella inquinata grazie alla capacità di assorbimento dei veleni dei tessuti Edizero-Edilana.

Chi l’avrebbe mai detto che la produzione di carburante potesse contemporaneamente bonificare l’ambiente e immettere nell’aria tanto ossigeno quanto quello rilasciato da 1000 foreste della stessa estensione dell’impianto?

Le tecniche messe a punto da Alga Jet, poi, permettono di estrarre l’olio senza uccidere l’alga e ciò consente di riutilizzare decine di volte la stessa superficie di coltivazione limitando l’estensione della coltura e l’eccesso di biomassa di scarto. La capacità produttiva di 1 ettaro, allora, diventa quella di 50 ettari e con un nuovo tessuto in sperimentazione chiamato Ortolana 3D, si potrebbe arrivare persino a quadruplicarla.

Il consorzio ha avuto grande visibilità grazie anche ai numerosi premi vinti ma non sono ancora riusciti a trovare investitori della grandezza giusta per competere con i giganti di cui abbiamo parlato in precedenza.

L’idea è di sviluppare la coltura di Trebouxia in fotobioreattori su chiatte biogalleggianti da mettere in mare. L’impiantistica è certo la parte più cara con un investimento iniziale che dovrebbe aggirarsi intorno ai 150.000 €. Il problema maggiore al momento è di trovare un locale abbastanza grande e vicino al mare per passare dalla produzione in provetta a quella in acquario e, infine, al trasferimento delle colture in mare.

I ricercatori, però, non sembrano abbattersi e la sperimentazione continua grazie anche alla spinta innovatrice di Daniela Ducato, fondatrice di Edizero.

Come dice lei stessa nel video da noi pubblicato, dobbiamo comportarci esattamente come si comportano le foglie. Loro nascono, crescono e quando giungono alla fine della loro vita, ritornano ad essere terra feconda. Solo se la nostra industria abbraccerà questa filosofia avremo una possibilità in più per produrre in maniera pulita e la nostra eredità non sarà più inquinamento e degrado ma una terra piena di risorse.

Per approfondire:

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