Come gli alieni hanno mutato l’Egeo

Posidonia oceanica – © Vincent Pommeyrol / Getty Images

“Il Mediterraneo è un microcosmo che racchiude le più grandi minacce per gli oceani: pesca eccessiva da tempi storici, degrado dell’habitat, inquinamento, specie aliene e riscaldamento globale”

Enric Sala, oceanografo, esploratore per la National Geographic Society.

Le rocce, i grandi massi, sono quasi brulli. Nell’acqua limpidissima pesci e altre piccole creature si aggirano stranamente rarefatti. La limpidezza trae in inganno: acque estremamente trasparenti e invitanti sono un aspetto piacevole, ma non sono necessariamente indice di salute. Lo scenario sottomarino fa pensare più a una sorgente o a un laghetto glaciale che a un angolo del Mediterraneo. La prima cosa che viene in mente è un nemico invisibile. Solo trent’anni fa le acque meno profonde erano frequentate da piccole cernie e da moltitudini di pesci. I massi, ora brulli, erano concrezionati da innumerevoli forme di vita. Chiunque abbia messo il naso sott’acqua nell’Egeo meridionale, dalle Cicladi alla costa turca, se lo è chiesto: cosa lo ha ridotto così?

Per capire cosa  è successo al mare sono stati condotti numerosi studi, tra i quali quello di Enric Sala, citato a inizio articolo. Ma il più significativo è quello di Carlo Nike Bianchi, dell’Università di Genova, sull’isola di Kos. Se il Mediterraneo è un microcosmo che racchiude tutti i maggiori problemi del mare, Kos, isola delle Cicladi, è sicuramente emblematica per i cambiamenti in un preciso lasso di tempo: gli ultimi 30 anni. In meno di mezzo secolo il volto del pianeta ha subito più cambiamenti che negli ultimi 100 anni. Prendendo come spunto un monitoraggio effettuato nel 1981 sull’isola greca, Carlo Nike Bianchi ha deciso di impiegare gli stessi osservatori e gli stessi parametri. Cercando così di scovare quello che agli occhi di tanti subacquei sembra un nemico invisibile.

Isola di Kos – Cicladi

Il nemico non è uno solo, tantomeno invisibile. Circa trenta anni fa l’intera regione iniziava a risentire delle prime ondate del turismo di massa. Un nuovo benessere diffuso e viaggi sempre più accessibili trasformavano ogni angolo di mondo. In molte zone, come a Kos, il numero dei turisti è letteralmente decuplicato, e con loro sono arrivate più barche da diporto, navi da crociera, si è intensificato il traffico dei traghetti. Con un inevitabile aumento dell’inquinamento. È stato calcolato che solo nell’isola di Kos la produzione dei rifiuti è per il 70% prodotta dal turismo. L’isola si è munita di sistemi di trattamento delle acque e gli alberghi hanno adottato impianti di depurazione propri. Ma l’efficienza reale di quei sistemi, data l’alta fluttuazione delle presenze turistiche nell’isola è stata messa in dubbio. La prima pianta acquatica a subire le conseguenze dello sviluppo costiero è la posidonia oceanica. Qualunque attività che influisca sulla sedimentazione o sulla salinità del mare, come il ripascimento delle spiagge turistiche, la costruzione di moli e la deviazione artificiale di corsi d’acqua, colpisce direttamente la posidonia.

L’unica attività umana che a Kos è diminuita è la pesca. Il turismo ha indotto i pescatori a dedicarsi ad attività meno faticose e più remunerative, la flotta peschereccia dell’isola in trenta anni è passata da 106 a 81 imbarcazioni. Sembrerebbe un dato positivo, ma già trenta anni fa i fondali stavano subendo una prima trasformazione: alcune specie marine aliene stavano conferendo al mare uno strano aspetto subtropicale. Quelle specie aliene nel censimento del 2013 erano raddoppiate.

Le chiamano specie lessepsiane, dal cognome di Ferdinand de Lesseps, progettista del Canale di Suez. Attraverso quella frattura artificiale innumerevoli specie animali e vegetali arrivano dal Mar Rosso al Mediterraneo. Alghe, larve, crostacei, pesci e plancton si sono infiltrati nel Mediterraneo. La migrazione aliena è iniziata dai tempi dell’inaugurazione dello stretto, circa centocinquanta anni fa, ma da pochi decenni gli alieni mostrano di trovarsi a loro agio, di gradire l’ospitalità locale. Senza nemici naturali, come i predatori e i parassiti, gli alieni hanno occupato nicchie lasciate vacanti da specie endemiche, già indebolite da fattori di stress come inquinamento da nutrienti e sedimenti.

La situazione che ha favorito più delle altre l’invasione è legata al più grave degli influssi umani sul pianeta. Il riscaldamento globale. La superficie dell’Egeo meridionale, secondo i rilevamenti dei satelliti, si è riscaldata da uno a due gradi centigradi negli ultimi trent’anni. Tra le specie che ne hanno tratto vantaggio c’è il pesce coniglio (Siganus luridus).

Pesci coniglio (Siganus luridus) – © scubazone.it

Si tratta di un piccolo erbivoro originario dell’area del Mar Rosso del Golfo Persico. Dobbiamo principalmente a lui la trasformazione dell’Egeo meridionale in un paesaggio quasi lunare. Questo voracissimo erbivoro ha rasato un intero habitat. Come la foresta pluviale, le macro-alghe formano delle vere e proprie calotte. Ai loro piedi un ambiente riparato offre protezione ad avannotti, crostacei, molluschi, altri piccoli pesci e invertebrati. Priva di un ombrello protettivo quella vita marina è condannata. Perdere quelle alghe è perdere la principale nursery del Mediterraneo. Lo stesso sta accadendo con la perdita dei coralli, che costituiscono l’incubatrice dell’80% delle specie marine.

Due anni fa l’Egitto ha pensato bene di raddoppiare lo stretto di Suez. Inquinamento costiero e riscaldamento globale hanno indebolito le specie native favorendo le specie aliene, come il pesce coniglio e molte altre, che senza questi interventi umani avrebbero avuto vita assai dura nel Mediterraneo. Ora invece si trovano bene, così bene da trasfigurare un angolo di mare ricco di pesce in qualcosa di irriconoscibile. D’altro canto si tratta di specie che hanno trovato una loro opportunità grazie all’azione umana. L’umanità, è bene ricordarlo, ha iniziato a manipolare il pianeta dai tempi dell’agricoltura, per poi renderlo irriconoscibile ai suoi stessi abitanti. E non sembra neanche capace di fermare il saccheggio di quel poco che rimane.

Per saperne di più:

Ringraziamo Giuseppe Notarbartolo di Sciara per la gentile consulenza all’articolo  https://www.tethys.org/

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *