Autunno animale

Parco Nazionale D’Abruzzo – © Vittoria Amati

Nel nostro calendario solare abbiamo imparato a evidenziare una serie di date utili a ricordarci dei momenti astronomici (o punti orbitali) ed altri metereologici. In quest’ultimo caso si è soliti considerare il primo del mese come inizio della nuova stagione, senza dover aspettare equinozi e solstizi. Oggi, quindi, siamo già nel pieno del periodo autunnale. Piante ed animali non hanno bisogno di un calendario per sapere quando arriva il cambio di stagione poiché sono muniti di un orologio interno, biologico, che rispetta precisi ritmi. I ritmi stagionali, oltre ad essere influenzati da fattori ambientali (variabili) e geofisici (campi magnetici e gravitazionali), sono regolati principalmente dal fotoperiodismo, ovvero la capacità di misurare il rapporto luce-oscurità nelle 24 ore. Nelle regioni temperate, dove c’è maggiore variabilità stagionale, questa abilità diventa fondamentale per scadenzare i bioritmi ed attivare i diversi adattamenti degli organismi viventi, uomo compreso. Nei nostri geni scimmieschi, infatti, è scritto che fare la muta del pelo prima dell’inverno è vantaggioso, per questo in autunno si attivano gli ormoni responsabili della caduta dei capelli, dell’indebolimento delle unghie e della disidratazione epiteliale.

Il clima rigido e le scarse risorse trofiche mettono a dura prova molti organismi che, per sopravvivere, si sono dovuti specializzare. Vediamo ora nel dettaglio le abitudini e le strategie che hanno adottato gli animali per prepararsi alla stagione fredda. Si parla essenzialmente di tre tecniche: spostarsi, attrezzarsi o adattarsi.

Spostarsi: il fenomeno che comprende ogni tipo di spostamento animale periodico si chiama migrazione. Sono molte le specie che, nonostante i numerosi pericoli, scelgono di abbandonare i luoghi freddi, alla ricerca del caldo e del nutrimento. Insetti, pesci, rettili, uccelli ed anche mammiferi devono affrontare questo viaggio due volte l’anno (andata e ritorno), in funzione della stagione. Nel DNA di questi animali ci sono precise istruzioni, diverse per ogni specie, che regolano l’istinto migratorio. Le distanze coperte sono molto varie e classificano le migrazioni in lungo o breve raggio, ma ci sono anche spostamenti verticali compiuti stagionalmente da specie marine nella colonna d’acqua (Murene e Seppie ne sono un esempio) o da volatili come il Picchio muraiolo (Tichodroma muraria) che si sposta in altitudine dalle vette a valle per superare l’inverno.

Picchio muraiolo (Tichodroma muraria) – © Imperial Bulldog

Nonostante le enormi differenze che caratterizzano le migrazioni di specie geneticamente molto lontane, tutte hanno in comune la fase preparatoria di iper-trofismo, durante la quale ci si assicura un buon bagaglio energetico per sostenere la fatica. Tra i migratori più eccezionali troviamo gli uccelli che, con le loro ali, sono in grado di coprire lunghissime distanze e superare ogni barriera geografica. Proprio ora sta iniziando il viaggio record più lungo del mondo, compiuto dalla Sterna codalunga (Sterna paradisaea) che, partendo dalle aree di riproduzione nelle regioni artiche, giungerà sino all’Antartide. Un percorso di 22.000 chilometri che viene ripetuto anche in primavera, per un totale che va dai 40.000 ai 50.000 chilometri l’anno, cioè un giro completo del globo terrestre. Grazie ad una particolare tecnica di studio, l’inanellamento, è stato possibile conoscere alcune prestazioni incredibili compiute da molte specie; Oche, Limicoli e Tordi, per esempio, possono percorrere tra i 600 e i 1000 chilometri in sole 24 ore. Anche altri animali alati ci regalano scene migratorie affascinanti, come la farfalla nordamericana Monarca (Danaus plexippus) che, in gruppi di circa 14 milioni di individui, vola per 4000 chilometri, sino in Messico, dove trascorre l’inverno.

Monarca (Danaus plexippus) – © Vittoria Amati

E chi non ha le ali? Non c’è problema. Molti crostacei (Astici e Aragoste) percorrono periodicamente centinaia di chilometri sui fondali degli oceani; pesci come Anguille e Salmoni si spostano per migliaia di chilometri per riprodursi; alcune tartarughe, tra cui quella Franca (Chelonia mydas), compiono migrazioni anche di 3000 chilometri per deporre le uova sulle spiagge più sperdute; mammiferi acquatici (foche e balene) e mammiferi terrestri (renne e gnu) non sono da meno, con distanze rispettivamente di 20.000 e 1.500 chilometri.

Sterna codalunga (Sterna paradisaea) – © Imperial Bulldog

Attrezzarsi: vuole dire l’insieme di tutte le contromisure architettoniche e strategiche che deve adottare chi decide di restare e affrontare il freddo. Gli animali che durante l’inverno rimangono attivi hanno bisogno di mangiare e di stare al caldo; per garantirsi la sopravvivenza devono, quindi, fare scorte di cibo e ristrutturare la tana. Questi lavori vengono svolti durante la bella stagione (estate e/o autunno), ovvero quando c’è abbondanza di nutrimento e di materiali utili a rendere la tana calda e ben isolata. Istrice, Tasso, Volpe, così come altri animali, si adoperano nello scavo di nuove camere sotterranee per mantenere stabile la temperatura del giaciglio invernale; i piccoli mammiferi riempono la loro tana di foglie, muschio, cortecce e qualsiasi altro materiale isolante che trovano durante le giornate autunnali. Lo strato isolante per eccellenza, però, è proprio la neve; sotto questo manto bianco, infatti, troveremo un vero e proprio ecosistema (il subnivium) che pullula di vita grazie al suo microclima relativamente caldo.

Volpe rossa

Oltre agli animali che vanno in letargo o in ibernazione, vi possiamo trovare diverse decine di specie che socializzano e cacciano indisturbati dal gelo. Tra i predatori di superficie più specializzati ci sono i rapaci e le volpi, in grado di percepire il movimento delle prede che si spostano nel subnivium; gli ermellini, invece, cacciano attivamente in questo tipo di ambiente, penetrando letteralmente nello strato nevoso. Un esempio eccezionale di sopravvivenza invernale, grazie ad una tana calda e tante scorte di cibo, la offre lo scoiattolo.

Scoiattolo

Questo piccolo roditore è ora nella piena fase di raccolta di fonti alimentari (ghiande, noci, funghi, bacche, frutta) e loro stoccaggio in buche del terreno più o meno lontane dal proprio giaciglio (vedi https://www.imperialbulldog.com/2017/11/09/lo-scoiattolo-americano-alla-conquista-milano/). Strategia simile la adotta la Nocciolaia (Nucifraga caryocatactes), un corvide alpino dalla memoria proverbiale, ma non infallibile; grazie a questa specie dobbiamo i rigogliosi boschi di Cembro (Pinus cembra) e Noccioli (Corylus avellana) delle nostre zone alpine.

Adattarsi: si parla di cambiamenti fisiologici e/o comportamentali che permettono agli animali non migratori di sopravvivere alle difficili condizioni invernali. Partiamo subito con le scorte interne, ovvero riserve di grasso accumulate in diverse parti del corpo. Marmotta e Orso bruno, per esempio, sono soliti mangiare molto di più, e per più tempo, nel periodo di iperfagia autunnale; questo perché l’adipe sottocutaneo non è solo un’importante riserva energetica, bensì anche un efficiente strato isolante. Un abito caldo, e possibilmente mimetico, va a completare gli adattamenti estetici della fauna invernale. Sto parlando del nuovo manto, folto e soffice, che in autunno sostituisce quello estivo grazie al fenomeno della muta.

Orso bruno

Nei mammiferi possiamo osservare un allungamento della pelliccia con una disposizione su più strati per trattenere meglio l’aria riscaldata con il calore corporeo e ridurre i rischi da ipotermia. Negli uccelli, chiaramente, sarà il piumaggio a cambiare per essere sostituito da speciali piume bipennate, ovvero una piuma dalla cui base si biforca una seconda piuma, più piccola, soffice ed isolante. Spesso la muta invernale comporta un cambiamento cromatico utile alla mimetizzazione nel manto nevoso. In quota, gli animali più specializzati sono l’Ermellino, la Lepre alpina e la Pernice bianca; tutte e tre le specie, brune o bruno-grigiastre in estate, si trasformano in ombre bianche, impercettibili alla vista di prede e predatori.

Lepre alpina

La muta della Pernice bianca (Lagopus muta), però, ha un adattamento in più che la rende affascinante: ogni singolo dito delle zampe è percorso, su entrambi i lati, da una fila di fini estroflessioni cornee (pettini) che, aumentando la superficie d’appoggio, fungono da vere e proprie racchette da neve. Non tutti gli animali, però, sono avvantaggiati dal manto bianco, infatti, il camoscio da bruno-rossiccio diventa nero per assorbire meglio la radiazione solare e riscaldarsi. Gli adattamenti comportamentali possono essere fondamentali per sopravvivere; tra questi ci sono la ricerca di zone assolate e poco innevate (Stambecchi), un cambio delle abitudini alimentari che si basi sulle scarse risorse disponibili (ungulati che si accontentano di erba secca, ramoscelli, licheni e cortecce), una drastica riduzione dell’attività motoria per non sprecare energie utili alla termoregolazione.

Cervo – Parco Nazionale d’Abruzzo – © Vittoria Amati

Cervi – Parco Nazionale d’Abruzzo – © Vittoria Amati

L’ultimo tipo di adattamento, fisiologico, è forse quello più drastico ed assolutamente inimitabile dall’uomo, ovvero lo stato di vita latente, una forma estrema del risparmio energetico. In natura ci sono molte forme di questa condizione e cambiano in funzione della fisiologia dell’organismo. Gli animali endotermi (che producono calore tramite processi metabolici) sono in grado di entrare in uno stato di ibernazione leggera, meno radicale del letargo, durante il quale sonnecchiano nella tana (Orso bruno).

Solo tre ordini di mammiferi placentati hanno bisogno del letargo vero e proprio, e sono gli insettivori (tra cui il Riccio), i chirotteri (pipistrelli) e i roditori (tra cui il Ghiro e le Marmotte). Durante questa fase di profonda letargia, gli animali non possono svegliarsi prima dell’arrivo della primavera, rischiando di passare dal sonno alla morte per il freddo o l’insufficienza di grasso accumulato. Il corpo di questi mammiferi si adatta ad una fase di inattività totale, con battito cardiaco ridotto a 1-2 pulsazioni al minuto, rallentamento metabolico ed abbassamento della temperatura ai limiti della vita. Gli animali ectotermi, invece, la cui temperatura dipende da quella esterna, già dall’autunno cominciano a ritirarsi sottoterra (Tartarughe) o nella melma di laghi e torrenti per entrare in uno stato di vera e propria ibernazione.

Rana

Tritone

Rane, rospi, tritoni e serpenti si intorpidiscono per la bassa temperatura raggiunta dal corpo e si risvegliano solo con l’arrivo della bella stagione. Tra gli insetti, i crostacei, i molluschi ed altri invertebrati è invece comune la diapausa, ovvero una specie di letargo caratterizzato da immobilità, nessuna alimentazione ed interruzione di ogni tipo di crescita cellulare.

Ebbene, come ci insegna anche la favola della cicala e della formica, per sopravvivere all’inverno è necessario lavorare in autunno. Che si parli di migrazione, di abbondanti scorte di cibo, di tane calde o modifiche corporee, senza la fase di preparazione che precede l’arrivo del freddo, nessun organismo vedrà la Primavera successiva. Nel prossimo articolo leggerete come questo vale anche per le piante.

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