World Wetlands Day 2019

Il 2 Febbraio si celebrerà il World Wetlands Day, uno dei miei appuntamenti preferiti dell’anno. In questa giornata incredibile, in ogni parte del mondo, si svolgono eventi atti ad aumentare la consapevolezza globale riguardo l’importante ruolo che hanno le Zone Umide per la vita delle persone e del nostro Pianeta. Ogni anno, dal 1997, viene scelto un tema unico su cui si concentrano tutte le attività di divulgazione e comunicazione; il 2019, ovviamente, sarà “Wetlands and Climate Change”. Non so spiegarvi il motivo della mia passione per il WWD, forse perché si può toccare con mano il coinvolgimento di ogni paese del mondo; forse per la condivisione internazionale di materiale illustrativo, foto, report ed attività che ti rendono parte attiva di un grande progetto; o, forse, è semplicemente per il mio legame emotivo e culturale con alcune di queste aree, dove ho visto, sentito e compreso la forza della Natura.

Non esiste una definizione univoca di Zona Umida poiché si tratta di ambienti molto diversi, ovvero un insieme di ecosistemi dalle caratteristiche estremamente variabili. In generale possiamo dire che si tratta di zone di transizione, un’interfaccia tra terra e acqua; queste possono essere dolci, salate o salmastre, di origine naturale o artificiale, più o meno allagate, perennemente o ciclicamente sommerse. Si parla, quindi, di laghi, fiumi e delta, torbiere e paludi, pianure alluvionali e foreste allagate, oasi, piane mareali, mangrovie e barriere coralline; tra le Zone Umide artificiali troviamo risaie, stagni ittici, serbatoi e saline.
Dal lungo elenco (peraltro incompleto) si capisce subito che questo tipo di ambiente è presente in ogni Paese del mondo e in ogni zona climatica, dalle regioni polari alle desertiche, dalle maggiori altitudini a fin sotto il livello del mare; eppure le Zone Umide ricoprono solo una piccola percentuale della superficie terrestre. L’ampia eterogeneità ambientale che le caratterizza determina un’elevata diversità biologica e, quindi, una grande importanza ecologica, ma in realtà le Wetlands sono molto di più. Basti pensare che contengono, purificano e regolano i flussi d’acqua, ovvero la fonte di vita di ogni organismo. Prendiamo ad esempio le paludi lungo i corsi d’acqua che, come delle grandi spugne, si riempiono durante le piene, diluendo inquinanti e rallentando il flusso alluvionale, e si svuotano nei periodi di magra, restituendo al fiume le acque accumulate.

Molte zone umide superficiali fungono da importanti serbatoi per le falde acquifere poiché, grazie alla fitta vegetazione, fissano nutrienti (composti azotati) e inducono la decomposizione della sostanza organica, fungendo di fatto da depuratori naturali. Lagune, laghi costieri ed altre zone salate o salmastre, invece, sono estremamente importanti per la riproduzione di pesci e molluschi, risultando ideali anche per la pesca, l’ittiocoltura e la molluscocoltura. Spostandoci verso zone temperate o altitudini maggiori, troviamo le Torbiere, la cui scarsa presenza di ossigeno rallenta i processi di decomposizione, preservando la materia organica; qui, diversi studi e ricerche ci hanno fatto risalire alle antiche condizioni ecologiche, climatiche ed evolutive del territorio e testimoniato la presenza di attività umane passate (ritrovamento di mummie e oggetti rituali). Non dimentichiamoci dell’importante azione di protezione dall’erosione del suolo e delle coste, dalle inondazioni e, infine, le enormi capacità di stoccaggio di CO2 operata dalle diversificate comunità vegetali delle Zone Umide. Si stima che le sole Torbiere, infatti, possano contenere un quarto del carbonio immagazzinato dai terreni del mondo.

Nella top-ten dei viaggi che desidero fare ci sono diverse Zone Umide, tra cui la più grande del mondo come capolista, ovvero il Pantanal, una florida pianura alluvionale che si estende per circa 130.000 kmq tra Brasile, Bolivia e Paraguay; sono presenti anche le Everglades in Florida, con 10.400 kmq di paludi, il delta dell’Okavango, nel Botswana e, rimanendo in Europa, le lagune de La Camargue, paradiso francese per i birdwatchers e gli amanti dell’ecoturismo.

Delta dell’Okavango, Botswana

Laghi e fiumi, quindi, non sono i soli luoghi belli da vedere; siete mai stati in una palude, un delta o un acquitrino? Qui ogni periodo dell’anno è magico, poiché costantemente ricco di vita che varia con l’alternarsi delle stagioni; potrete vedere piante e animali che non troverete altrove, sarete circondati da libellule coloratissime o accompagnati dal gracidare delle rane, il tutto mentre gli uccelli migratori si rifocillano a poca distanza. I colori non sono mai gli stessi, dall’alba al tramonto avrete una luce diversa che renderà unico ogni momento, ogni panorama ed ogni scatto. Se volete provare un’esperienza simile, in Italia potete scegliere, da nord a sud, tra oltre 60 siti come le Valli di Comacchio, Orbetello, Le Pianure Pontine, Le Cesine o i miei Variconi, la zona umida più importante della Campania.

Per riconoscere i valori ecologici, scientifici, economici, culturali ed anche di svago delle Zone Umide, il 2 Febbraio 1971 è stata istituita la Ramsar Convention on Wetlands; questo trattato intergovernativo è stato firmato da 168 Paesi, Italia compresa, per tutelare, con piani di conservazione e di utilizzo razionale, gli oltre 2100 siti riconosciuti.

La salvaguardia di questi luoghi è più importante che mai, non solo per il loro già inestimabile valore attuale, ma anche per il potenziale aiuto che ci possono dare. Secondo il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, per evitare che le temperature globali superino i 2° C entro la fine del secolo, non basterà limitare le emissioni di CO2, ma servirà anche cominciare ad estrarla dall’atmosfera. Diversi studi delle Accademie Nazionali affermano che, creando nuove Zone Umide e ripristinando e proteggendo quelle già esistenti, è possibile immagazzinare più del doppio dell’attuale tasso di carbonio estratto, per giunta a un costo più basso. Il cosiddetto Carbonio blu, ovvero quello accumulato nelle piante e nei sedimenti delle paludi costiere e degli estuari, sembra essere la soluzione migliore; non a caso, infatti, mangrovie, zone di marea e praterie di fanerogame marine, insieme, rappresentano l’ecosistema con il più elevato tasso di carbonio stoccato per unità di superficie.

Purtroppo, però, le Zone Umide risultano essere tra gli habitat più minacciati al mondo (ne abbiamo già perso oltre il 60% in un solo secolo). La loro distruzione può avvenire tramite il riempimento o il prosciugamento e la bonifica, la deviazione e canalizzazione dei corsi d’acqua che le alimentano, la costruzione di dighe, edifici e altre strutture antropiche o l’inquinamento chimico. Tra le cause dirette primeggiano sicuramente la riconversione delle aree a zone produttive (agricoltura o allevamento e urbanizzazione) e le bonifiche sanitarie (malaria); tra quelle indirette ci sono l’inquinamento, la caccia (pallini di piombo lasciati in situ) e l’introduzione delle specie aliene (Pesci gatto e Siluro, Nutrie, Gamberi americani) che soppiantano quelle autoctone e alterano l’equilibrio dell’ecosistema. L’innalzamento del livello del mare, inoltre, incombe su tutte le Zone Umide costiere a causa dello scioglimento dei ghiacci, provocato dal riscaldamento globale.

Non smetterò mai di ripetere che la Tutela ambientale passa necessariamente per la Conoscenza ed il World Wetlands Day si basa proprio su questo principio cardine. Chiunque può prendervi parte ed essere utile come organizzatore di eventi, educatore o partecipante. Sul sito ufficiale è possibile registrare il proprio evento o cercare sulla mappa il più vicino, scaricare materiale utile alla divulgazione, concorrere al Photo Contest dell’anno o alla narrazione di una storia sul tema Wetlands and Climate Change. Mi piace pensare che ogni azione, per quanto piccola, rappresenta un passo avanti verso la consapevolezza e la maggiore protezione di luoghi così importanti. Nel mio piccolo ho scelto di scrivere questo articolo per partecipare anche quest’anno al WWD e provare a trasmettere un briciolo della mia passione per le Zone Umide. Ovviamente vorrei fare di più, quindi, proverò ad organizzare un seminario interattivo con le classi delle scuole medie e invito voi a fare lo stesso, nel modo che vi è più congeniale.

Tra le tante attività che aspetterò con ansia c’è sicuramente il communication content che sarà pubblicato da un gruppo di amici portoghesi, conosciuti in Estonia durante il progetto europeo “Young Researchers for Science”. Alla fine di questo scambio interculturale, infatti, ci siamo ripromessi di mantenere diversi impegni con azioni concrete che potessero promulgare ciò che avevamo fatto per la scienza in quelle settimane. Questo content per il WWD andrà a completare la lista redatta e portata a termine da noi, 31 ragazzi di 5 Paesi dell’EU, ma sono sicura che non sarà il nostro ultimo impegno nella divulgazione della scienza e protezione dell’ambiente.

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