Lezione di pesca, lezione di vita

© Chiara Baù

Il fragore dell’oceano in lontananza, il garrito dei gabbiani, il silenzio del bosco: ecco la mia sveglia naturale al confine della foresta dove dormono gli orsi dell’Alaska.

Intenta ad apprendere più che posso dal comportamento degli orsi, inizio una nuova giornata. A dire il vero mi sento viziata dai numerosi avvistamenti dei giorni precedenti.

Non voglio abituarmi, tanto più avere aspettative, anche se è quasi inevitabile entrare in una sorta di dipendenza da avvistamento. Un circolo vizioso mosso da un nuovo canone di bellezza. Fotografare animali liberi in natura è affascinante. Trovo però che l’orso anche dal punto di vista estetico abbia un valore aggiunto. Certo non rientra nel rettangolo aureo in cui si trova la Gioconda, ma la sua figura sembra inserirsi in natura come i dipinti di Michelangelo sui soffitti della Cappella Sistina.

Più passano i giorni, più mi rendo conto che nel territorio in cui mi trovo sono più frequenti gli orsi che non gli esseri umani, una proporzione apparentemente surreale, ma divertente pensando che sulla terra siamo ormai a quota otto miliardi di abitanti.

Fatico ancora a dormire la notte; sono ormai entrata nel nuovo fuso orario, ma l’emozione dei miei incontri con gli orsi impedisce un tranquillo ritmo di sonno.

© Chiara Baù

Nella luce dell’alba è una volpe a darmi il buongiorno, appostata lungo il bordo del sentiero. Sono in compagnia della guida e di altre due esploratori con cui condivido questa esperienza e le riprese in foto. La volpe avverte la nostra presenza, ma rimane immobile, lo sguardo fisso sulla futura colazione, un topolino che sgattaiola furtivo nell’erba alta. È vero che l’orso è la star del luogo, ma non voglio snobbare gli altri animali della foresta. Tento di avvicinarmi alla volpe. I miei movimenti sono sempre molto lenti, come se una moviola si sia impossessata dei muscoli, solo in questo modo rispettando la comfort zone dell’animale posso sperare di non spaventarlo. La volpe non accenna ad alcun movimento, le orecchie in allerta, pronta a captare qualsiasi piccolo rumore. Il suo sguardo sembra magnetico. La lasciamo tranquilla nel suo compito di sentinella e ci dirigiamo verso l’ansa del fiume.

L’orso è per definizione un animale solitario, ma può capitare che per abbondanza di cibo, nel suo caso di salmoni, la coabitazione diventi possibile. In prossimità dei fiumi si verificano veri e propri raduni di orsi, dove diversi esemplari riescono a condividere lo stesso territorio diventando più socievoli.

Potrebbe essere il caso di questa mattina, quando nel corso dell’escursione lungo la serpentina del torrente osservo due giovani orsi vagabondare pigramente sulle rive, dandomi l’impressione di due amici diretti al bar. Ma al posto di cappuccino e brioche la natura offre la varietà del salmone argentato che risale il fiume a fatica. Oppure, potrebbe essere un semplice incontro tra orsi, forse fratello e sorella un tempo in famiglia con la madre. In seguito al distacco materno, i fratelli trascorrono spesso un periodo insieme, fino a quando la competizione e i conflitti prendono il sopravvento sugli affetti e i due esemplari non saranno più in grado di vivere uniti. Inevitabilmente si separeranno, godendosi la propria solitudine: una legge naturale.

Quanto all’alimentazione a base di salmoni, è doverosa una piccola precisazione sul grasso accumulato dagli orsi per capire quanto la natura sia veramente geniale. Dato che il plantigrado dorme raggomitolato, proprio come me, ecco che la legge dell’evoluzione ha trovato la soluzione più appropriata per combattere il rigore dell’inverno, concentrando la maggior quantità di grasso nell’area del corpo più esposta al freddo, vale a dire il garrese, la parte più alta del dorso.

Si nota infatti una distribuzione non omogenea dello strato di grasso che oscilla da circa 4 centimetri lungo tutto il corpo fino a 6-7 centimetri nella parte periferica del dorso, che corrisponde a quella più esposta alle basse temperature.

Dopo una breve escursione lungo il torrente decidiamo di fermarci. Vagare alla ricerca degli orsi non vuol dire girare banalmente come trottole: anche rimanere immobili in paziente attesa ha un suo fascino, specialmente se ci si trova lungo le rive del silver salmon creek.

Un po’ per gioco, indossati stivali da pescatore, mi addentro nelle acque del ruscello, attenta a non disturbare un plotone di anatre che con risolutezza sfila nella parte meno profonda del corso d’acqua, dove la corrente non è così forte. I piccoli anatroccoli non ancora autonomi, sono capitanati dalla mamma, riconoscibile per il piumaggio bruno uniforme su tutto il corpo contrariamente al maschio che differisce nel colore per buona parte dell’anno. È il momento della parata quotidiana, meglio approfittare di questo momento di quiete, prima che qualche orso intralci il loro passaggio.

Trascorrono un paio d’ore, ma dell’orso non c’è traccia. Mi appisolo, sdraiandomi nell’erba, in una calma apparente che improvvisamente viene interrotta dalla comparsa dal folto del bosco di un’orsa dall’aspetto regale e imponente in compagnia di due cuccioli. Si tratta di Blondy, la mamma orsa più schiva della zona. La guida me ne aveva parlato come fosse il protagonista di una leggenda. È soprannominata con questo nomignolo per il colore del pelo, dovuto ad una specifica variazione cromatica. Anche in Trentino anni fa era stato avvistato un orso cosiddetto biondo, che ha destato un certo clamore. Inizialmente si era pensato ad una forma di albinismo, ossia ad una totale o parziale mancanza di pigmentazione di melanina nella pelle, ma successive indagini avevano permesso di accertare che si trattasse semplicemente di un colore più chiaro.

La pelliccia degli orsetti nel primo anno di età presenta invece un colore molto scuro, che in seguito può variare dal biondo nelle femmine a un nero sbiadito nei maschi.

Siamo in postazione sull’altra sponda del fiume e il clic della macchina fotografica insospettisce Blondy che, come ogni mamma è cauta, sospettosa con un forte istinto di protezione per i suoi cuccioli, che prevale su tutto. Potrebbe attraversare il torrente in un batter d’occhio, ma pare consapevole che la nostra presenza non rappresenti un pericolo, così sostiene la guida.

Mamma orsa cammina insieme ai suoi cuccioli come se li scortasse, senza perderli di vista. Con circospezione continua a scrutare intorno. Come per i cervi, nel fiutare un odore anche lieve, gli orsi si inumidiscono il naso con la lingua e poi di nuovo annusano l’aria, acuendo la percezione olfattiva con la saliva.

Lo stesso gesto che probabilmente ha compiuto Papillon, l’orso in fuga tra le valli Dolomitiche dopo essere evaso dal recinto in cui era stato rinchiuso. La grande capacità olfattiva di questi animali ha fatto sì che l’orso più inseguito d’Italia sia sfuggito a fine agosto all’ultimo agguato dopo aver sbranato una cavalla. Le schiere di uomini che lo volevano braccare gli hanno teso una trappola, nascondendo pezzi di carne marcescente della carcassa in un tubo-trappola nel bosco, non lontano dal luogo dell’ultimo agguato. Papillon per un attimo ha ceduto, goloso di carne. Era notte buia ed è entrato nella trappola. La lamina d’acciaio stava per scattare, mancava solo l’ultima zampa posteriore all’ingresso, pochissimi centimetri e la libertà di Papillon sarebbe stata compromessa per sempre. Annusata l’aria, Papillon ha avvertito il pericolo, rinunciando ad un facile pasto per pochissimi centimetri. L’odore della libertà ha vinto la gola e la fame. Ha riguadagnato il bosco in un batter d’occhio, monitorato dai forestali intenti ad osservarlo in video all’interno di un fuoristrada ad un centinaio di metri di distanza.

© Chiara Baù

Anche Blondy vuole preservare la libertà dei suoi cuccioli, per cui il controllo sull’assenza di pericoli intorno è scrupoloso e continuo. Per pescare nel fiume deve lasciare i cuccioli momentaneamente da soli, ma con la consapevolezza che la situazione sia tranquilla.

Rimaniamo sull’altra sponda del torrente senza osare ad avvicinarci. Lo zoom della macchina fotografica mi consente di distinguere meglio la colorazione del pelo dell’orsa rispetto a quello dei cuccioli. Sembra un ritratto. Distolto lo sguardo da noi, la sua attenzione si rivolge ad uno dei piccoli rimasto indietro a giocherellare nell’erba alta.

Una volta ricomposto il nucleo famigliare, immagino di assistere a quella che si potrebbe definire una lezione di pesca. L’orsa scende sulla riva del torrente affondando le larghe zampe nel fango e pian piano con grazia si avvicina all’acqua: un’immagine unica di forza e delicatezza. I cuccioli la seguono fermandosi lungo la riva e incuriositi la osservano mentre si appresta ad esplorare le acque limpide. L’orso è un ottimo nuotatore, ma queste due pallottole di pelo che a malapena si trastullano nelle pozze di fango hanno forse qualche timore a tuffarsi nell’acqua alta; istinto di sopravvivenza o una sorta di strigliata di mamma orsa li fa arrestare sulla riva a osservare le prodezze della madre.

Per sopravvivere al gelo dell’inverno, è fondamentale riuscire a cibarsi di una consistente quantità di salmoni.

Può capitare che per inesperienza e insufficiente quantità di grasso accumulata giovani orsi già solitari si sveglino durante il loro primo sonno invernale, prima del consueto termine del periodo di ibernazione, proprio a causa di una fame improvvisa. È risaputo il caso di un giovane esemplare che in una località della Kamchatka, in Russia, svegliatosi ai primi di febbraio per una fame impellente sia riuscito, memore degli insegnamenti della madre, a dirigersi in una valle disseminata di geyser e a salvarsi cibandosi dei primi germogli sugli alberi grazie alle favorevoli condizioni climatiche di una zona ricca di sorgenti termali.

Un’ultima occhiata ai cuccioli ed ecco che l’orsa entra pian piano e con eleganza nel torrente. Si tratta di una vera e propria trasmissione culturale. Mamma orsa non dovrà dedicarsi solo all’insegnamento delle migliori tecniche di pesca, ma anche impartire lezioni sull’allestimento della tana per l’inverno, e sulla difesa dai numerosi pericoli. Infatti durante le cure parentali i cuccioli apprendono dall’esperienza della madre informazioni utilissime sul cibo, l’utilizzo del territorio, la disponibilità d’acqua e le risorse alimentari.

Per circa un anno e mezzo-due rimangono legati alla madre e con lei trascorrono il periodo di ibernazione che coincide con il primo anno di vita. Solo con l’estate successiva cominceranno ad essere completamente indipendenti.

Si tratta principalmente di apprendimento per imitazione. La ricerca del cibo e la cessione da parte della madre di bocconi appetibili costituiscono la formula ecologica per imparare a selezionare le proprie fonti alimentari. Un apprendimento per imitazione che diventa fondamentale nel determinare vere e proprie tradizioni locali di differenti varietà di orsi, sia per procacciarsi il cibo, sia per selezionarlo.

La pesca dei salmoni è caratteristica solo di quelle popolazioni che vivono nelle zone di risalita dei salmoni alla sorgente dei fiumi. Questo incide sull’indole predatoria che rimarrà invece estranea per quegli orsi nati in altre zone.

Uno sguardo accorto all’acqua limpida e mamma orsa inizia a dragare con le zampe il fiume per pescare, mentre i cuccioli aspettano speranzosi sulla riva.

Ogni orso sembra sviluppare un proprio stile di pesca, probabilmente acquisito grazie ai successi iniziali. La maggior parte si dispone con la corrente a favore o addirittura in mezzo alla corrente per intercettare i salmoni che nuotano in direzione opposta e catturarli abilmente con le fauci. Inizialmente cercano di agguantarli o artigliarli con le zampe, dopodiché alcuni li divorano in loco, mentre altri preferiscono gustarseli con calma sulla riva. L’orso bruno è in grado di rimanere per ore nei torrenti in cerca di cibo.

Qualcosa però non va. La pesca sembra essere senza esito. Blondy continua a immergere il muso in acqua avanzando lentamente nel fiume, mentre i cuccioli la seguono curiosi con lo sguardo. L’orsa nuota con le stesse movenze di un cane, si erge in piedi, riprende a dragare il fondo e di nuovo si rialza; continua con svariati movimenti per una decina di minuti. Alquanto goffamente sembra fare una lezione di acquagym piuttosto che pescare. La guida mi fa notare che non è ancora il periodo favorevole alla risalita dei salmoni, la massa deve ancora arrivare, c’è un leggero ritardo quest’anno, al momento solo pochi esemplari. Sarebbe un eccessivo spreco di energie da parte dell’orso, rispetto alla facilità di rimpinzarsi di gustosi lamponi nel bosco, appena qualche metro più in là.

Speravo di assistere ad una vera e propria battuta di pesca, ma non era quello il momento. Oltre tutto quando un orso entra in acqua non è necessariamente per pescare, può essere una semplice ricognizione o, date le elevate temperature, la ricerca di un piacevole refrigerio.

La marea si sta alzando e con l’acqua alta è più difficile pescare i pochi salmoni presenti. La sessione di pesca è rimandata. Ancora una volta l’orso agisce per seguire la sua indole e non per ciò che avevo previsto.

La famiglia si riunisce nuovamente avviandosi verso la foresta non prima di aver brucato con golosità qualche ciuffo d’erba. L’orso è per definizione un onnivoro opportunista che trae vantaggio dalle risorse del momento. Ben 35 sono le specie vegetali diverse di cui arriva a nutrirsi nei boschi. Talvolta capita che ripieghi sui tronchi degli alberi, di cui strappa la corteccia con vigorose zampate, per scavare con notevole appetito il cambio, ossia la parte interna del tronco ricca di sostanze nutritive.

L’apprendimento e la memorizzazione sono fattori determinanti per il comportamento e le relazioni che questa specie intrattiene con l’ambiente e con l’uomo. Fonti di alimento remunerative come i frutteti e le arnie, le discariche e le coltivazioni diventano facili condizionamenti prima nelle abitudini e poi nella distribuzione territoriale. Per questo il compito primario dell’uomo nei confronti dei plantigradi è quello di prendere le giuste misure protezionistiche, sia in prospettiva di una generica sorveglianza, ma soprattutto in relazione alle abitudini, ai condizionamenti e alle restrizioni territoriali che si impongono alle popolazioni insediate in territori antropizzati.

Nel parco di Lake Clark i pochi rifiuti vengono subito bruciati o trasferiti con l’idrovolante per evitare che gli orsi ne siano attratti o si abituino ad una fonte alimentare legata all’uomo. I contenitori per la spazzatura presenti in altre zone dell’Alaska sono veri e propri container anti-orso, in grado di scoraggiare l’avvicinamento ai rifiuti. “Keep bears wild, use this bear-proof garage bin”, è l’insegna impressa su ogni contenitore in metallo, privo di aperture accessibili. Mantenere gli orsi selvaggi è l’ammonimento che preserva sia le popolazioni di plantigradi che la collettività.

Osservare Blondy, mi fa presente la guida, è stata un’impagabile concessione della natura. Ogni orso ha una propria indole e sembra che Blondy sia particolarmente cauta nel mostrarsi in pubblico, a differenza di altri esemplari.

Visto l’incontro fortunato, la guida mi affibbia affettuosamente il soprannome di “Luckycharm” ossia portafortuna. Sostiene che ho un buon feeling con gli orsi e che non sempre gli avvistamenti sono così numerosi. Sarà il mio carattere che rispecchia un po’ quello degli orsi, rispondo sorridendo. Sono fiera di questo nomignolo che conferisce un tono ancora più familiare a tutto ciò che mi circonda. Mi trovo in una dimensione differente dalla mia abituale routine quotidiana in Italia eppure mi sembra di aver sempre vissuto in queste terre, forse per una ricerca di semplicità affine al modo di vita degli animali della foresta.

I due cuccioli tardano a seguire la madre e preferiscono giocare nell’erba alta. Mamma orsa concede loro ancora qualche minuto, ma poi li redarguisce. Tempo di addentrarsi nel bosco e continuare con una nuova lezione l’insegnamento per la ricerca di un giaciglio comodo e sicuro dove trascorrere la fredda notte incipiente.

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