I doni verdi delle piante

© Vittoria Amati

Tutti sappiamo che, senza le piante, non ci sarebbe vita sul Pianeta. Ma cosa le rende così speciali? Semplice, la fotosintesi clorofilliana. Questa reazione chimica che permette di trasformare la materia inorganica (acqua ed anidride carbonica) in materia organica (il glucosio), immette ossigeno nell’aria come elemento di scarto. Per far questo viene impiegata la sola energia solare che, a reazione finita, diviene energia chimica utilizzabile per la sintesi molecolare e per il metabolismo degli esseri viventi. Le piante, quindi, sono a tutti gli effetti da considerare sia come un polmone del mondo, sia come una base indispensabile per l’intera piramide alimentare. Fin qui non c’è nulla di nuovo, ma vi siete mai soffermati sull’impatto che hanno le capacità delle piante sulla vita dell’uomo? Proviamo a capire a fondo i doni verdi che abbiamo ricevuto e spacchettato, leggiamo degli studi che ne hanno quantificato l’importanza e sorprendiamoci alle innovazioni tecnologiche che hanno ispirato.

© Vittoria Amati

Ossigenazione: partiamo dal presupposto che ogni pianta è diversa e che, per questo, anche il loro consumo di anidride carbonica ed il rilascio di ossigeno variano in funzione di specie, ambiente, stagione ecc. È stato comunque possibile stimare un assorbimento medio giornaliero di 13-15 milligrammi di CO2 per ogni decimetro di superficie fogliare; a questa corrisponde un’eguale produzione di ossigeno derivante dalla fotosintesi poiché quello utilizzato dalle piante per la respirazione cellulare, rispetto a quello necessario agli animali, è trascurabile. Si calcola che la fotosintesi pareggi le 10.000 tonnellate di ossigeno consumate ogni secondo dalla respirazione di tutti gli organismi viventi e dalla combustione di materiale organico sulla Terra. Come è possibile? Ad aiutare le piante ci sono altri organismi fotosintetici, quali batteri ed alghe, che, insieme, vanno a costituire il secondo polmone (quello blu, molto più antico) del Pianeta.

© Vittoria Amati

Fitodepurazione dell’acqua: tutte le piante sono in grado di purificare le acque mediante ossigenazione, filtraggio, assorbimento e scissione molecolare. Le zone umide detengono il primato naturale come ambienti di depurazione più efficienti, ed è per questo che ora sono riprodotti artificialmente per incrementare il trattamento delle acque civili e urbane. Le radici delle piante idrofile ed igrofile, insieme con i batteri simbionti che le abitano, prelevano dall’acqua sostanze organiche, come l’azoto e il fosforo, e le utilizzano o come parte di un ciclo di nutrienti per generare più biomassa, oppure le demoliscono fino a formare sostanze semplici volatili da reimmettere nell’ambiente (da composti azotati come l’ammoniaca ad azoto molecolare).

Fitodepurazione dell’aria: nel 1989 un team di ricercatori della NASA, mentre sperimentava un sistema ecologico per purificare l’aria delle navicelle spaziali, ha scoperto che alcune piante da appartamento avevano capacità depurative su inquinanti casalinghi. Le sostanze oggetto del famoso studio erano benzene, tricloroetilene e formaldeide, ma molti altri composti cancerogeni come il toluene sono stati trovati tra gli inquinanti indoor. In generale si tratta di sostanze organiche volatili (VOC) presenti in vernici, collanti, oli, tessuti, carta igienica, vari prodotti per la pulizia, mobili, plastiche, gas di scarico. I risultati hanno evidenziato che le particelle nocive vengono assorbite dalle foglie e convogliate dal fusto alle radici, dove alcuni enzimi (metilotrofi) le metabolizzano e le eliminano. Se vi state chiedendo quali sono le piante più efficaci, eccovi una selezione di facile reperimento: la Sansevieria trifasciata laurentii, il Ficus benjamina, il Chrysanthemum morifolium, l’Aloe vera, la Dracaena marginata e la Dracaena deremensis Warneckii, il Rhododendron simsii, lo Scindapsus aures, la Gerbera jamesonii, l’Hedera helix, la Chamaedorea sefritzii, lo Spathiphyllum Mauna Loa. Con questo primo studio si è rivalutato il ruolo che hanno in particolare le radici delle piante, e i relativi microrganismi simbionti, nella via depurativa delle sostanze tossiche, ma si sono cominciati a guardare anche i risultati ottenuti dall’azione fogliare. Oggi sappiamo bene che le chiome degli alberi ci fanno da filtro per le grandi quantità di composti organici volatili (VOC) presenti negli ambienti urbani indoor, ma anche outdoor. Uno studio pubblicato sul giornale Science parla di queste molecole aerodisperse che, combinate con l’ossigeno (oVOC), isolano l’atmosfera e ne innalzano la temperatura. I ricercatori hanno constatato un incremento del 40% dell’assorbimento di queste particelle da parte di specie arboree decidue quali Acero e Pioppo; queste, infatti, estraggono grandi quantità di oVOC assorbendole dagli stomi e metabolizzandole attraverso la conversione enzimatica. Un’altra interessante strategia delle piante è quella di produrre un composto antiossidante, chiamato Ascorbato (ASC) o Vitamina C, negli apoplasti (spazi acquosi interni alla parete cellulare, ma esterni alla cellula) per combattere la tossicità dell’Ozono. La presenza eccessiva di questa particella è una minaccia per gli organismi viventi poiché è in grado di causare danni ossidativi nel reagire con le molecole dei tessuti viventi. L’Ozono che passa attraverso la parete cellulare ossida l’Ascorbato trasformandosi in un prodotto non tossico e facilmente gestibile dalla cellula vegetale, come una prima linea difensiva. L’Ibimet, ovvero l’Istituto di biometeorologia del Cnr di Bologna, ha messo sul podio dei migliori alberi anti-smog il Tiglio selvatico (Tilia cordata), il Biancospino (Crataegus monogyna) e il Frassino (Fraxinus ornus) per l’assorbimento dell’anidride carbonica, mentre il primo premio per la lotta alle polveri sottili va all’imponente Bagolaro (Celtis australis). Queste specie, insieme ad altre, potrebbero facilmente migliorare la qualità dell’aria delle nostre inquinate città.

Tanti, quindi, i risultati positivi che hanno pian piano aperto molte porte a successive ricerche ed ispirato diverse applicazioni interessanti. Tra le ultimissime novità mi hanno colpito due innovazioni green del Made in Italy: il vaso purificatore della Clairy e la T-shirt intelligente della Kloters, entrambe frutto di giovani menti promettenti.

La Clairy è una società americana, nata da una start up italiana, che ha puntato tutto sull’idea di Paolo Ganis, il business man del gruppo, e di due giovani industrial designers Alessio D’Andrea e Vincenzo Vitiello. Il prodotto vincente è NATEDE, il purificatore d’aria intelligente il cui nome è la fusione dei tre principi chiave dell’azienda: NAtura, TEcnologia e DEsign. Non è solo una bella pianta in vaso da tenere in appartamento, bensì un mezzo tecnologico che amplifica le naturali proprietà filtranti di alcune specie vegetali, grazie ad un flusso d’aria costante che le attraversa per intero e le trasforma in efficientissimi filtri. La scelta delle piante ha richiamato in parte gli studi della NASA, da loro approfonditi per tre anni presso PNAT e LINV, spin-off dell’Università di Firenze e tra i più importanti laboratori sulla neurobiologia delle piante nel mondo. Questo vaso, munito di un cuore hi-tech con sensori per la qualità dell’aria, della temperatura e dell’umidità, è in grado di eliminare il 93% dei VOC dispersi in un ambiente ed il 99% di batteri, virus e polveri sottili. Clairy ha pensato a tutto ed ha scelto la ceramica di Nove per realizzare un prodotto economico, ma dalle proprietà termiche idonee alla funzione; assemblato interamente a incastro, senza colle, il vaso risulta completamente riciclabile poiché facilmente smontabile nei suoi componenti base. La ciliegina sulla torta è il sistema di self-watering passivo che sfrutta il fenomeno della capillarità delle piante per rendere questo vaso totalmente autonomo.

La Kloters ha invece rivoluzionato il concetto di moda e design con una maglietta chiamata RepAir, in grado di purificare l’aria da sostanze inquinanti e cattivi odori. Marco Lo Greco, brand e marketing manager dell’azienda, ha scelto di utilizzare il tessuto brevettato The Breath per le tasche in petto di questa nuova linea eco-sostenibile di T-shirt che, inoltre, non necessitano di attivazione da fonti energetiche esterne. I test sull’efficacia del prodotto sono stati condotti dall’Università Politecnica delle Marche e hanno dimostrato che un solo capo d’abbigliamento è in grado di neutralizzare gli agenti inquinanti prodotti da ben due automobili!

Passiamo ora agli effetti secondari dei processi fotosintetici delle piante che vengono percepiti nell’immediato da ognuno di noi. Camminare in un bosco, in un parco urbano o anche solo in un viale alberato, per esempio, ci dà refrigerio. Questo avviene perché le chiome degli alberi forniscono un effetto di raffreddamento bloccando la luce solare e aumentando l’umidità dell’aria. Le specie più efficienti, da questo punto di vista, sono quelle adattate a climi caldi, dove l’unico modo per sopravvivere è massimizzare l’effetto di abbassamento termico conseguente all’evapotraspirazione delle foglie. Per riconoscere gli alberi più rinfrescanti, quindi, dobbiamo guardare in alto e scegliere quelli con le foglie dai colori chiari ed una superficie ampia e ruvida (maggiore superficie di scambio).

Cosa ne pensate adesso dei doni verdi? Li apprezzate di più? Pensate a tutti i vantaggi che conseguono dalla presenza del verde urbano: purificazione dell’aria, miglioramento del microclima, isolamento termico (vedi articolo: Sul sentiero verde), barriera naturale da vento e rumori, aumento della biodiversità, benessere psicologico (vedi articolo: I.N. Intelligenza Naturalistica).

Insomma, se volete stare bene, cercate il verde, e se non lo trovate in città, createvelo in casa. Di quali piante vi circonderete?

Per approfondire :

Latest Comments
  1. Maria Ferrara
    Rispondi -
    • Marianna Savarese
      Rispondi -

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *