Come monetizzare l’ambiente per poterlo salvare

Anche quest’anno, come ogni anno a partire dal 1973, è stato assegnato uno dei più vecchi e prestigiosi premi internazionali per l’ambiente, il Tyler Prize for Environmental Achievement. Il riconoscimento è andato a Gretchen Daily e Pavan Sukhdev, due noti scienziati le cui ricerche sono state fondamentali per chiarire e quantificare il ruolo economico dell’ambiente per la sopravvivenza della specie umana. Il Premio Tyler è considerato da molti come il “Nobel per l’ambiente”, e viene assegnato dalla University of Southern California a chi si distingue nella risoluzione o nella conoscenza scientifica di problematiche attuali come l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, la distruzione degli ecosistemi, la perdita di biodiversità o di nuovi approcci nel settore delle risorse energetiche, della salute, della politica ed economia ambientale. Quest’ultima è stata la protagonista dell’anno, attirando particolarmente la mia attenzione poiché è un argomento caro a tutti, tanto caro da stare al centro dell’attenzione umana, prima fra le priorità… nessuno, infatti, fa orecchie da mercante quando si parla di soldi!

È da un po’ che ci penso, ma forse è vero, monetizzare l’ambiente è l’unico modo che abbiamo per proteggere la natura e le sue risorse dalla nostra avidità. In questo caso chi parla di mancanza d’etica nel dare un prezzo alla natura è tanto cieco quanto sono sorde le multinazionali, le banche e gli altri burattinai dell’economia globale quando si parla di protezione dell’ambiente. Quindi, senza indugi, scopriamo qualcosa in più sui vincitori del 2020 e sull’importanza dei loro contributi.

L’economista ambientale Pavan Sukhdev è diventato il guru della green economy nel 2008, con il ben noto programma dal titolo “The Economics of Ecosystems and Biodiversity” (TEEB), da lui concepito e condotto, per la valutazione degli ecosistemi e della biodiversità. Con le sue pubblicazioni Sukhdev ha dimostrato che inquinare e distruggere le risorse naturali non porta profitto, bensì perdite economiche quantificabili e rilevanti. Da allora l’economista ha continuato a guidare diversi progetti volti ad inserire l’economia verde in un modello economico più ampio, che guardi al futuro, fino ad essere scelto dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) per dirigere la Green Economy Initiative e dal WWF per esserne il presidente. Sukhdev ha poi concepito il programma Corporation 2020 per trasformare il mondo delle imprese, proponendo modelli più sostenibili, e scrivendoci un libro molto interessante. Insomma, il riconoscimento del Tyler Prize è solo l’ultimo di tanti premi ricevuti, ma è sicuramente uno dei più importanti.

La dottoressa Gretchen C. Daily è invece una biologa della conservazione, professore ordinario presso il Dipartimento di biologia dell’Università di Stanford e direttore del Center for Conservation Biology di Stanford. Una delle donne più influenti nel campo della tutela ambientale, la Daily ha pubblicato diversi libri molto interessanti, tra cui “Nature’s Services: Societal Dependence on Natural Ecosystems“, introducendo il concetto dei Servizi ecosistemici. Il suo lavoro ha contribuito a impostare un nuovo campo di studi per l’economia ecologica e ambientale: “Possiamo pensare agli ecosistemi al pari di una sorta di capitale fisso: così come esistono asset come il capitale umano o finanziario, esiste anche un ‘capitale naturale’”, spiega Daily, “E la nostra sopravvivenza dipende interamente da questo capitale naturale, formato dalla disponibilità di suolo, di acqua e biodiversità.” Nel 2005 la scienziata, insieme ai partner di The Nature Conservancy, dell’Università del Minnesota e del World Wildlife Fund, ha istituito il Natural Capital Project. Il loro obiettivo era quello di invogliare le persone ad investire nel capitale naturale, per questo hanno sviluppato i modelli software gratuiti di InVEST, utili a quantificare e mappare i relativi guadagni. Ovviamente anche la Daily ha già vinto un gran numero di premi, oltre al Tyler, ma sono sicura che ce ne saranno degli altri visto l’enorme potenziale applicativo dei suoi studi.

Non so voi, ma io dopo queste letture mi sono sentita profondamente ispirata, e sulla scia della mia inguaribile curiosità, ho voluto approfondire le mie conoscenze sull’approccio economico alla biologia della conservazione.

Partiamo da un concetto fondamentale sul quale si fonda l’economia globale, la transazione volontaria; questa avviene tra due parti che ne beneficiano e ne sostengono anche i costi. Avviene molto spesso, però, che il mercato fallisca a causa delle cosiddette esternalità, ovvero dei costi nascosti che gravano su persone diverse, appunto esterne alla transazione. In questi casi le risorse sono male allocate, poiché generano enormi guadagni per pochi individui a scapito dell’intera società che si impoverisce. Non sempre è facile notare le esternalità, e tantomeno impedirle, una volta che il mercato è avviato. Vi ricorda qualcosa?

Il più importante e attuale fallimento del mercato è il danno ambientale causato dalle attività umane che impattano sull’ambiente, ovvero sulle risorse di proprietà comune e libero accesso come acqua, suolo e aria (open-access resources). Per evitare che ci siano esternalità, bisogna considerare tutti i costi e i benefici derivanti dalle azioni umane con un risvolto economico, trasmettendo e conteggiando il valore di ogni bene comune. Così si sono sviluppate le due sotto-discipline dell’economia che oggi ci dovrebbero interessare: l’economia ecologica e l’economia ambientale. Per la prima volta l’economia (questa economia…) integra il valore della biodiversità e delle risorse naturali nelle analisi costi-benefici preliminari! Queste, per esempio, sono particolarmente utili, oltre che obbligatorie, per le Valutazioni di Impatto Ambientale e l’autorizzazione di opere e progetti. Potremmo quindi dire di aver capito la loro importanza… invece non è così poiché, paradossalmente, l’impatto ambientale non rientra tra le analisi costi-benefici del mercato mondiale (ma nemmeno nazionale). Le attività insostenibili possono portare, nel breve termine, ad una produttività apparente, ma, sul lungo termine, risultano essenzialmente distruttive per il benessere economico del paese che le ha portate avanti. Ironicamente, queste attività di sovrasfruttamento delle risorse naturali rientrano nel calcolo positivo del PIL di un paese, così come i costi derivanti dal degrado ambientale rientrano nel PIL negativo. Si tratta di un grave errore, dettato dall’assenza di lungimiranza, che gli fa vedere il consumo di una risorsa come un beneficio piuttosto che come un costo.

Più volte si è tentato di includere la perdita di risorse naturali nel calcolo del Prodotto Interno Lordo o in altri indici di produttività nazionale, ma non si è mai ottenuto nulla. Eppure esistono diversi indici per quantificare il valore dei beni naturali, non ultimo quello della Dr.ssa Daily. Tra gli approcci più comuni e funzionali per assegnare dei valori alla biodiversità e alle risorse naturali, si usa il sistema che suddivide i valori economici in valori d’uso e valori di non-uso. Per non fare confusione, ve li descriverò in modo piuttosto schematico.

  • Valore d’uso diretto
    1. Legato al consumo: si tratta delle risorse consumate localmente da popolazioni rurali (legna da ardere, pesce, frutta, verdura, carne da selvaggina, piante medicinali ecc); questo viene calcolato con il metodo del costo di rimpiazzo, ovvero assegnando ad ogni prodotto un valore in base a quanto le persone dovrebbero pagare per comprare un’equivalente quantità dal mercato nazionale.
    2. Legato alla produzione: si tratta di risorse vendute sul mercato nazionale e internazionale a seguito di lavorazione; il suo valore viene calcolato sottraendo i costi sostenuti al prezzo del prodotto venduto al dettaglio.
  • Valore d’uso indiretto: viene assegnato ad aspetti naturali che forniscono benefici all’umanità senza che alcuna risorsa debba essere raccolta o distrutta. Il valore d’uso senza consumo dei servizi ecosistemici non rientra nelle statistiche del PIL, nonostante la società ne sia totalmente dipendente. Tra questi vi sono l’approvvigionamento (cibo, acqua, fibre, combustibile), la regolazione (controllo climatico, controllo delle piene, regolazione del suolo e persino delle malattie), culturale (scientifico, educativo, estetico, spirituale, ricreativo) e di supporto (produttività primaria, formazione del suolo, purificazione).
  • Valore di non-uso o di esistenza: è legato al piacere e alla consapevolezza che quella specie o ecosistema esiste e si calcola misurando quanto le persone sono disposte a pagare per la sua conservazione e tutela. Detta cosi sembra surreale, ma pensate che una buona fetta del terzo settore, il turismo, è ampiamente foraggiata con questo valore; non sottovalutate l’entità delle donazioni economiche alle ong per la protezione dell’ambiente che, solo negli Stati Uniti ammontano a miliardi di dollari all’anno.

Pensate ad un sistema economico globale che tenga conto delle risorse naturali, quali paesi sarebbero i leader mondiali? Cosa avrebbe fatto Bolsonaro in Brasile? E Trump negli USA?

Alla fine dei conti… è sempre una questione di soldi.

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