Indoor Pollution e piante mangia-smog
L’emergenza sanitaria del Covid-19 ha paralizzato il mondo intero, bloccando quasi ogni attività antropica e promuovendo il distanziamento sociale con un lockdown senza precedenti. Poco dopo questo STOP la Terra ha tirato un sospiro di sollievo e la Natura ha recuperato un po’ del terreno perso nell’utopica corsa a rinnovare le risorse distrutte dall’uomo: aria, acqua, terra, flora, fauna… La diminuzione degli inquinanti atmosferici, ad esempio, ha portano un evidente miglioramento nella qualità dell’aria a livello globale, persino nelle grandi città. Ma noi non eravamo lì fuori a respirare a pieni polmoni, bensì dentro casa a disinfettare scrupolosamente ogni indumento, oggetto o entità proveniente dall’esterno, ovvero estraneo all’apparente sicurezza del nostro rifugio.
Perché apparente? Perché l’aria che respiriamo all’interno delle nostre case è spesso molto più inquinata di quella esterna, ancor più in questo periodo di permanenza prolungata e di abuso di prodotti tossici quali alcool e candeggina.
Il cosiddetto inquinamento indoor, o indoor pollution, è un’alterazione della normale composizione dell’aria atmosferica interna, che ne riduce la salubrità al punto da renderla un pericolo diretto o indiretto per la salute dell’uomo. Per aria interna si intende quella presente in ogni ambiente chiuso (non industriale): abitazioni, uffici, strutture pubbliche, ambienti destinati ad attività ricreative e sociali, mezzi di trasporto pubblici o privati. L’ovvio limite di in un ambiente confinato è la concentrazione di inquinanti dovuta all’insufficiente diluizione, condizione ulteriormente aggravata in caso di scarso ricambio d’aria. Considerando l’elevata percentuale di tempo giornaliero che trascorriamo al chiuso (85-97%), la nostra esposizione all’aria insalubre diventa non più trascurabile e, fin troppo spesso, purtroppo, porta all’insorgenza di malattie più o meno gravi.
L’inquinamento indoor, secondo il Global Health Risks della WHO, è responsabile del 2,7% delle malattie presenti in tutto il mondo. Un numero tutt’altro che basso e, soprattutto, molto preoccupante poiché i soggetti più colpiti sono i bambini. Le malattie croniche correlate alla qualità dell’aria indoor – IAQ – sono molte e la loro incidenza sta aumentando in tutta Europa, con impatti socio-economici decisamente rilevanti.
Nel 2001, in Italia, la Commissione indoor ha effettuato una Valutazione quantitativa dell’impatto che questo tipo di inquinamento ha sulla salute umana. I costi annui diretti sono stati stimati in un range di 152 -234 milioni di euro, a cui andrebbero aggiunti quelli indiretti, per un totale da capogiro. Oggi ci aspettiamo valori ancora superiori, poiché negli ultimi decenni si è assistito ad un progressivo peggioramento dell’IAQ, dovuto all’incremento delle fonti inquinanti.
Come è possibile che sia un argomento così poco conosciuto? La verità è che solo negli ultimissimi anni si è cominciato a dare peso alle evidenze scientifiche che legano l’inquinamento indoor alle tante disfunzioni da esso causate: malattie respiratorie croniche, malattie cardiovascolari, asma ed allergie, tumori, alterazioni del sistema nervoso centrale e periferico. Questo perché, probabilmente, ci si è sempre concentrati sulla qualità dell’aria atmosferica esterna, ormai universalmente riconosciuta come “La Causa” di numerose patologie.
Con ciò non voglio assolutamente far intendere che l’inquinamento atmosferico urbano non sia la causa di milioni di morti premature, bensì che è necessario introdurre la sottocategoria dell’indoor, per meglio comprenderne le dinamiche e, quindi, le potenziali soluzioni. Ciò che respiriamo negli ambienti confinati, infatti, non è altro che aria proveniente dall’esterno, arricchita da ulteriori sorgenti inquinanti di origine indoor. Sono sicura che ognuno di voi è in grado di percepire il cattivo odore presente nelle stanze chiuse da troppo tempo o nei luoghi affollati e poco areati; quella che tutti noi chiamiamo “aria viziata” è appunto un segnale di indoor pollution e, purtroppo, non è composta solo dalla CO2 del nostro respiro. Ma quali sono, allora, questi inquinanti?
Pe comodità, sono state create tre categorie di provenienza: fonti chimiche, fonti biologiche, fonti fisiche. Gli inquinanti chimici comprendono sia sostanze naturali che artificiali, in fase solida, liquida o gassosa che sia. Tra i maggiori contaminanti troviamo: fumo di tabacco ambientale, monossido di carbonio, biossido di azoto, biossido di zolfo, composti organici volatili (VOC), benzene, idrocarburi aromatici policiclici, ozono, particolato (PM10, PM2.5), pesticidi, amianto, formaldeide.
Quest’ultima può essere presente in concentrazioni superiori di 10-20 volte rispetto all’esterno. Le sorgenti di origine dei composti chimici inquinanti sono le più disparate e comprendono il fumo del tabacco, tutti i processi di combustione, i prodotti per la pulizia e la manutenzione della casa, gli antiparassitari, colle, vernici, solventi, stampanti e fotocopiatrici; vanno poi considerati anche i materiali da costruzione (isolamenti contenenti amianto) e l’arredamento (mobili fabbricati con legno truciolato, con compensato, oppure trattati con antiparassitari, ma anche moquette e rivestimenti).
Gli inquinanti biologici possono rappresentare un rischio infettivo, tossico e/o allergico, a seconda dell’origine: funghi e muffe, batteri, virus, parassiti, protozoi, acari, polline, pelo animale. Ottimi ricettacoli per questi microrganismi e particelle varie sono gli stessi occupanti (uomo, animali, piante), la polvere, così come le strutture e i servizi degli edifici, quali ad esempio umidificatori e condizionatori dell’aria. In questo caso la pulizia e l’igiene degli ambienti può essere determinante nella riduzione dei contaminanti biologici, ma solo se fatta con prodotti idonei ad un utilizzo indoor, ovvero che non sprigionino ulteriori inquinanti di origine chimica.
Gli inquinanti fisici sono forse i più diffusi e comprendono i campi elettromagnetici (CEM) generati dagli elettrodomestici, il gas nobile Radon rilasciato dal suolo e presente in tutti gli edifici, e il rumore responsabile dei danni da inquinamento acustico.
Oggi, la qualità dell’aria negli edifici pubblici e privati non è regolata da veri e propri riferimenti normativi, bensì è indirettamente toccata da norme in ambito di edilizia, efficienza ambientale, salute pubblica, sicurezza sul lavoro o di inquinamento atmosferico ed acustico. In Italia esiste il Gruppo di Studio Nazionale sull’inquinamento indoor dell’Istituto Superiore della Sanità, che fornisce indicazioni ai cittadini su come ridurre l’esposizione a tali agenti inquinanti. Ovviamente il modo migliore di affrontare questo problema è, per quanto possibile, di prevenire! Come? Areando i locali per almeno un’ora al giorno, pulendo i filtri dei sistemi di areazione, facendo controllare eventuali perdite degli impianti a gas e le canne fumarie, utilizzando prodotti igienici naturali o comunque ben dosati e mai miscelati tra loro, evitare accumuli di polvere o alti tassi di umidità, scegliere arredi non trattati, limitare l’uso di colle e solventi.
Per gli inquinanti che rimangono è necessaria un’azione di purificazione, e la migliore in assoluto è quella operata dalle Piante Mangia-Smog. Tra i primi a studiarle ed utilizzarle allo scopo, sono stati gli scienziati della NASA, ma non per i loro uffici, bensì per portarle nelle stazioni spaziali in orbita! Vediamole insieme.
L’attività detossificante delle piante agisce sia in modo attivo che passivo, e coinvolge l’intero sistema, dalle radici alle foglie, passando per i fusti e persino per il terreno. A seconda delle specie vegetali e degli inquinanti, si può avere un sequestro delle sostanze tossiche, tramite assorbimento da parte delle superfici, oppure la loro eliminazione, tramite assorbimento e metabolizzazione in sostanze innocue.
Tra le piante che non possono mancare c’è il Tronchetto della felicità che, come altre Dracene, assorbe in un solo giorno il 50% di formaldeidee benzolo presenti; le palme Areca e Camedorea rimuovono toulenee xilene; lo Spatifillo assorbe acetone, formaldeidee benzene; l’Anturio elimina persino l’ammoniaca; Edera, Gerbera,Margherite, Orchidee, Sansevieria e Potos non sono da meno per assorbimento di notevoli quantità di composti organici volatili.
Infine, sono da citare Filodendro, Felci, Dieffenbachia ed il famoso Ficus benjamin per combattere persino le allergie da polline.
La lista di piante mangia smog è ben più lunga, soprattutto alla luce dei nuovi studi che interessano questo settore, e questa varietà ci permette di scegliere quelle che preferiamo in funzione di utilità, bellezza soggettiva, colori, dimensioni… ma non dimentichiamoci che le piante sono esseri viventi con precise necessità ed esigenze che variano a seconda delle specie. Studiate bene una posizione con la giusta esposizione luminosa, il quantitativo di acqua e nutrienti da fornire e le condizioni di ventilazione o di umidità da rispettare. Ma Niente Paura, perché esistono innumerevoli siti su cui documentarsi, tra cui il mio preferito: www.elicriso.it.
Ammetto che il mio ideale di casa è una vera e propria serra, ma, in realtà, basta una pianta ogni 9 mq di appartamento per detossificare l’aria che respiriamo.
Per approfondire:
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