Fenomeni Naturali Straordinari III

Ultima tappa nel mondo dei fenomeni naturali straordinari

Abbiamo letto di fenomeni naturali straordinari a tuttotondo, dall’atmosfera alla litosfera, passando per l’idrosfera e le loro interazioni; cosa manca? L’ultima tappa del nostro fenomenale viaggio ci porterà a conoscere alcune delle più belle e incredibili manifestazioni di origine organica. Vedrete come diversi esempi risulteranno particolarmente affascinanti poiché il collegamento con il mondo biologico non è di immediata percezione.

Bolle di metano ghiacciate / © Anton Petrus

Riprendiamo quindi da dove ci eravamo lasciati, ovvero dalle bolle di metano ghiacciate. Si tratta di vere e proprie bolle di gas intrappolate sotto il permafrost o nelle profondità di acque congelate, salate o dolci che siano. Il metano ha origine dalla decomposizione batterica della materia organica presente sui fondali marini, lacustri e sotto strati e strati di terreno ghiacciato, ovvero in ambienti essenzialmente privi di ossigeno. Questo processo non è altro che la normale trasformazione del carbonio in condizioni di anossia, ed è molto importante poiché rimette in circolo gli elementi che compongono organismi morti e accumulati nel tempo in luoghi dimenticati. Malgrado la descrizione poco poetica, l’effetto visivo è decisamente bello, soprattutto quando queste bombette di ghiaccio sono abbastanza vicine alla superficie da trovarsi quasi incolonnate. Attualmente sono oggetto di studi approfonditi, ma non per il loro fascino oggettivo, bensì per il pericolo che rappresentano in un mondo che si sta surriscaldando; la loro liberazione, infatti, comporterebbe il rilascio in atmosfera di miliardi di tonnellate di un gas dal potere climalterante che supera di gran lunga quello della CO2. Chi dice che un’opera d’arte naturale non possa essere al contempo bellissima e terrificante?

Rimanendo in tema di gas, vi è mai capitato di vedere i fuochi fatui? Quelle fiammelle azzurrine che bruciano al livello del terreno in prossimità di paludi o stagni? Nelle notti calde d’estate si può assistere a questi fenomeni rari ed incredibilmente ipnotizzanti. Ancora una volta si tratta della decomposizione cadaverica in ambiente anossico, ma i gas prodotti, essendo composti anche da idrogeno e fosforo (fosfina e difosfina), si infiammano spontaneamente a contatto con l’ossigeno, dando luogo a fugaci effetti spettrali di chemiluminescenza.

Il fenomeno naturale della bioluminescenza

A questo punto ci riallacciamo ad un altro fenomeno luminoso incredibilmente bello e, promesso, meno lugubre. Sto parlando della bioluminescenza, ovvero l’emissione naturale di luce da alghe, piante, animali, funghi, batteri.

Plancton bioluminescente in Tasmania, Australia / © @james

Questa luce è il prodotto di reazioni chimiche intracellulari di tutti gli organismi dotati di luciferina, un pigmento, e di luciferasi, un enzima; in alcuni casi l’evoluzione ha portato allo sviluppo di apposite ghiandole o organi specializzati, i fotofori. Molti di voi conoscono la bioluminescenza grazie alle lucciole o al plancton, ma è di fatto un adattamento che hanno sviluppato numerosi altri organismi, anche molto diversi, e per i più disparati scopi. Meduse, Calamari e Polpi, ad esempio, si illuminano per spaventare o distrarre i predatori, oppure per camuffarsi, evitando di proiettare la propria ombra sul fondale nelle notti di luna (controilluminazione);

Lucciola / © Biosphoto – Stephane Vitzthum

le lucciole si accendono, perdonate il termine, per attirare i compagni; la rana pescatrice, un pesce abissale, attira le sue prede con un’esca luminosa, un bulbo di carne pieno di fotofori, così come fa il dragonfish d’acqua dolce; le Salpe, organismi marini simili alle meduse, invece si illuminano per comunicare tra loro. Se dovessi scegliere il più bel fenomeno di bioluminescenza sarei in seria difficoltà, ma, visto che sono già tante le immagini e i racconti sull’oceano che si illumina nel buio ad opera dei dinoflagellati, scelgo di parlarvi dei glow worm, ovvero i cosiddetti vermi luminosi delle caverne. In realtà non si tratta di vermi, bensì dell’insetto Arachnocampa luminosamantiene, il cui stadio larvale è in grado di emettere luce per attirare le prede nel loro nido di filamenti setosi e appiccicosi. Questi piccoli ditteri brillano a migliaia all’interno di vecchie grotte calcaree della Nuova Zelanda, creando l’illusione di trovarsi sotto un incredibile cielo stellato, a patto di restare in religioso silenzio.

Altrettanto degne di nota sono le 70 diverse specie di funghi in grado di emettere una luce verde brillante non appena cala il buio. Una scena che sicuramente non ha nulla da invidiare al pianeta Pandora del film Avatar. Il vantaggio evolutivo del fungo bioluminescente è legato alla diffusione delle spore ad opera degli insetti attratti dalla luce; come il polline sugli impollinatori, anche le spore dei funghi vengono trasportate in giro da piccoli viaggiatori notturni.

Capelli di ghiaccio / © Michel Di Bari

Ora, cambiamo tipo di fenomeno naturale, ma restiamo ancora in tema fungino; vi presento quindi i capelli di ghiaccio che spuntano dai tronchi di alcuni alberi. Cosa c’entra? Adesso vedrete. Si tratta di un fenomeno descritto per la prima volta su Nature nel 1884 e studiato da numerosi scienziati, tra cui Wegener, padre della deriva dei continenti. La loro natura era stata già intuita all’inizio del ‘900, ma solo con il 2000 si è riusciti a spiegare questo fenomeno tanto peculiare… I capelli di ghiaccio, chiamati spesso Haareis, dal tedesco, sono strutture che si formano sul legno di alberi intaccati da un particolare fungo, l’Exidiopsis effusa, unica specie presente in tutti i campioni analizzati. I singoli aghi di ghiaccio crescono lentamente fino a 10 cm di lunghezza, congelando, strato su strato, l’acqua presente in prossimità del micelio (l’apparato vegetativo del fungo); questo processo, la criosuzione, si autoalimenta ed avviene grazie alla suzione capillare dell’acqua contenuta nel legno. Fenomeni analoghi avvengono anche sul terreno, con le colonne di ghiaccio, e sugli stomi delle piante, con i fiori di ghiaccio.

Il sorprendente arcobaleno di colori della Natura

Dagli alberi canuti passiamo agli alberi più colorati del mondo: gli eucalipto arcobaleno (Eucalyptus Deglupta). Come tutte le specie del genere Eucalyptus, anche l’albero arcobaleno presenta un accrescimento continuo della nuova corteccia, che va a sostituire quella vecchia e secca. Questo processo avviene in più punti contemporaneamente, come una sorta di peeling a scaglie e strisce.

Eucalipto arcobaleno / © Anna Kim Photography / Pinterest

La particolarità unica di quest’albero sta nella vivacità e nella saturazione dei colori che emergono dai nuovi strati; la combinazione di aria e luce fa ossidare i composti presenti nella corteccia e li ossida dando colorazioni che vanno dal verde al rosso, dall’arancione al blu e persino sul viola e il rosa. Considerando i diversi tempi e le diverse zone di esfoliazione, ogni albero può essere considerato come un’opera d’arte unica al mondo. Per ammirare questo trionfo di colori bisogna andare alle Hawaii, o in Costa Rica, India, Papua Nuova Guinea, Filippine. Qualche vivaio ha l’ardire di vendere anche questo magnifico albero, chiaramente inadatto ai nostri climi, ma anche ai nostri giardini, poiché arriva tranquillamente ai 70-75 metri di altezza.

Caño Cristales / © Pedro Szekely

In questo viaggio di arcobaleni ne abbiamo visti davvero tanti, veri o simulati, quindi chiudiamo in bellezza con un fiume della Colombia che ne presenta l’intera gamma di colori: il Caño Cristales. È considerato il fiume più bello del mondo e, vedendo qualche foto, non è facile negarlo… sembra un arcobaleno liquido. Tra luglio e novembre, infatti, a metà tra la stagione umida e quella secca, il fiume si trasforma in un caleidoscopio di colori per la presenza di un gran numero di alghe endemiche, tra cui la Macarenia clavígera. La mancanza di nutrienti, poi, rende l’acqua particolarmente cristallina, con un effetto cromatico ancora più accentuato.

Lago di Hillier, Australia / © vernicirioverde.it

Meno variopinto, invece, è il Lago rosa di Hillier, su un’isola a sud dell’Australia occidentale. Il suo colore intenso e deciso lo fa sembrare finto in qualsiasi foto, ma la Natura non ha limiti e non usa trucchi. Alcune micro alghe ricche di carotenoidi (pigmenti organici) sono responsabili della pigmentazione di Lake Hillier e, più in particolare, si tratta della Dunaliella salina, in grado di sopravvivere in acque ad alta concentrazione di sale. Diversi laghi sparsi nel mondo presentano questa stessa colorazione rosa e tutti hanno in comune la presenza di alghe alofile (amanti di ambienti ricchi di sale); tra questi ci sono anche le Saline di Cervia, molto amate dai fotografi italiani.

Ballooning spiders / © Scampix

Terminiamo il nostro viaggio con un fenomeno naturale straordinario che si può osservare in Italia, come in quasi tutto il resto del mondo: i campi d’argento. Si tratta di ettari ed ettari di campi erbosi, spesso risaie, ricoperte da lunghi fili di seta prodotti dai ragni. Se state pensando a comuni ragnatele siete poco fantasiosi, ma ammetto un alto livello di difficoltà. Questi ampi spazi aperti rappresentano delle perfette piste di atterraggio per i ragni volanti… ebbene sì, anche senza ali questi incredibili animali si sono ingegnati nel volo per potersi spostare velocemente su distanze anche molto lunghe. Come? Usando i fili di seta, carichi elettricamente, come mongolfiere che sfruttano i campi elettromagnetici della Terra al posto del vento. Anche in assenza della minima brezza, infatti, si possono osservare aracnidi aviotrasportati anche a 4 km di altezza dal suolo. L’effetto ballooning è conosciuto già dai tempi di Darwin che ne parlò nei suoi appunti di viaggio sul Beagle, ma, tutt’oggi, siamo ben lontani dal comprendere appieno il fenomeno. Tra le ultime ipotesi vi è la possibile influenza delle condizioni meteorologiche spaziali sui modelli migratori di questi ragni ballooning.

 
 

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